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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

È universalmente riconosciuto che il co-protagonista dei titoli action-adventure sia l'ambientazione, lo sfondo delle nostre avventure; fonte di pericolo e scoperta, misteri e leggende. Non è facile, quindi, scegliere un luogo che possa immedesimare il giocatore, intrattenere e regalare una coerenza culturale e narrativa di un certo livello. Gli sviluppatori di Tomb Raider sono partiti dall'isola apparentemente neutrale di Yamatai, giungendo nella gelida e sconfinata Syberia e concludendo con il caldo Perù. A livello puramente storico, l'ultima scelta risulta quella più intrigante, soprattutto grazie al folclore che la stessa regione è riuscita a conservare durante il tempo.

Per questo motivo, dopo avervi raccontato il gioco nella nostra recensione, abbiamo deciso di parlarvi  di ciò che gli sviluppatori hanno voluto rappresentare con questa ultima iterazione di Tomb Raider, analizzando i miti sulla creazione e le leggende popolari delle civilità che hanno fatto da sfondo al titolo Square-Enix.

Maya e Inca, storie di civiltà perdute

Le popolazioni mesoamericane sono ancora un mistero. Poco sappiamo della loro natura e ancora oggi le domande che vengono poste sono più delle risposte trovate. Ciò che i ricercatori hanno più volte voluto sottolineare è che erano, di fatto, delle civilità tecnologicamente più avanti rispetto alle popolazioni che abitavano il vecchio continente in quegli anni, sia per cultura che come mezzi.

I primi Maya nacquero nel 2000 a.c., inizialmente conosciuti come Protomaya, assorbirono cultura e tradizione degli Olmechi, una piccola porzione di abitanti situata lungo la costa del golfo del Messico. Nel 400 a.c. gli Olmechi cominciarono a diradarsi e i Maya iniziarono, così, a dare "vita" ai primi centri cerimoniali, alle prime sculture e steli che oggi, in parte, conosciamo. Dopo il 909 d.c, momento di massimo splendore della civilità Maya, non si seppe più nulla, né di come affrontarono quegli anni né di come scomparvero e questo non fa altro che alimentare ancora di più tutta l'importanza e il fascino di una popolazione che nell'immaginario collettivo viene spesso correlata alle profezie.

MAYA

In Shadow of the Tomb Raider la civilità Maya ha un'importanza di sfondo, essendo vissuti prevalentemente in Messico, la loro presenza in Perù è dettata unicamente da una coerenza narrativa del gioco, questo principalmente perché seguiremo le tracce di due oggetti legati alla cultura Maya. Questo, tuttavia, non toglie il fatto che le poche rappresentazioni della misteriosa popolazione siano riprodotte in maniera alquanto simile, riuscendo ad esporre in maniera convincente usi e costumi di quell'epoca.

Gli Inca, al contrario, hanno un'importanza più significativa al'interno del gioco di Eidos, sia per la presenza della leggendaria città di Paititi -di cui poi parleremo-  sia per essere una civilità nata e cresciuta nella stessa Perù e quindi fondamentale per quanto concerne le vicende del gioco. La storia mitologica sulla nascita degli Inca è fondamentale anche in vista del tema dell'eclissi che viene affrontata in Shadow of the Tomb Raider. 

incA

Secondo i racconti Inca, la terra era immersa nell'oscurità. Da un lago chiamato Collasuyu -chiamato ora Titicaca-, emerse un dio: Con Tiqui Viracocha, e con lui anche diversi esseri umani. Decise di creare Inti -Il sole-, la luna e le stelle per poter illuminare tutto il mondo. Continuò a modellare esseri umani, creò uomini e donne, anche già incinte e li mandò in giro per il globo. Infine, riempì la nuda terra di piante in grado di produrre cibo.

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Col passare del tempo, gli umani si dimenticarono di Con Tiqui e si ribellarono, il dio però non accettò tutto questo e con rabbia interruppe la pioggia, costringendo le persone a lavorare più faticosamente, cercando di recuperare acqua in maniera scrupolosa dai posti più impensabili. In soccorso venne Pachacamac, uno dei due fili di Inti, che scacciò Con Tiqui e trasformò gli umani rimasti in scimmie, iniziando ufficialmente la dinastia originale del genere umano.

La mitologica città di Paititi

In Shadow of the Tomb Raider è presente la leggendaria Paititi. Un'antica città perduta Inca che ancora oggi, nel mondo reale, è ricercata in lungo e in largo da cercatori di tesori e archeologi. La storia del videogioco si lega in maniera particolare alla vicenda affrontata, visto che prende come riferimenti tante informazioni scoperte negli ultimi venti anni. Nel 2001 un archeologo italiano di nome Marco Polia ha scoperto negli archivi del Vaticano una letta risalente alla meta del XVI secolo, in cui un gesuita spagnolo: Andres Lopez -citato più volte nel gioco-, raccontava di un viaggio a piedi degli indigeni Inca diretti verso la stessa Paititi, una città che secondo le leggende, conterrebbe più oro di Cuzco, capitale Inca.

Shadow of the tomb raider inca

Nonostate questo, è ancora difficile identificare Paititi come una città, potrebbe essere benissimo un tempio, una caverna, una zona; nel videogioco si è preferito rimanere nel mito, dando vita ad un enorme villaggio culturalmente attivo e ancora abitato da centinaia di abitanti, ognuno con la propria vita quotidiana e i propri impieghi. Insomma, un luogo normalissimo, forse tecnologicamente arretrato, ma vivo e dinamico. Eidos ha dimostrato di essere attenta ai particolari e all'esigenze di incontrare una leggenda che ancora, nell'immaginario collettivo, è molto chiacchierata, tanto che nel 2019 partirà una nuova spedizione nella speranza di trovare la famosa "città perduta".

Shadow of the tomb raider paititi

Come abbiamo già avuto modo di spiegare, Paititi, nell'esperienza videoludica funziona in maniera omologa ad una normale città. È presente un mercato dove poter fare acquisti al costo di un corrispettivo d'oro; hanno un loro rito funebre e persino un corpo di polizia. I cittadini tengono molto a tenere secretata la propria ubicazione, per cercare di tenere Paititi al sicuro dal mondo esterno. In realtà, anche nel gioco stesso non si riesce a percepire l'esatta posizione, se non che si trovi in mezzo ad una folta giugla circondata da altissime montagne.

Il sacrificio

Ultimo, ma non meno importante, punto che andremo a toccare è quello del sacrificio in favore degli dei. Un atto che, secondo le leggende e i pochi trascritti storici, era, -salvo casi che vedremo- un momento assolutamente riservato ad una certa gerarchia sociale: i potenti, i nobili, grazie al loro sangue "blu" erano gli unici a poter garantire un giusto tributo agli esseri divini. In sostanza, non esistevano sacrifici "obbligati" della plebe come invece in Shadow of the Tomb Raider è raccontato. Giustificato, perché comunque il titolo di Eidos cerca di incutenere timore nel giocatore e per farlo gioca -scusate il gioco di parole- tantissimo con l'atmosfera e i luoghi comuni.

Eclisse

Oltretuttto, i riti sacrificali erano diversi per ogni civiltà. Gli Inca puntavano principalmente a donare bambini, fisicamente perfetti. Li vestivano e li ricoprivano d'oro, gli veniva conferita una bevanda per diminuire dolore, resistenza e paura e poi venivano strangolati. Questo rito veniva chiamato comunemente Capococha. Per quanto possa essere considerata una pratica violenta e priva di ogni logica, bisogna sempre fare riferimento alla cultura di creazione predominante nella popolazione citata. 

Sacrifice

Anche i Maya, nelle occasioni speciali, sacrificavano bambini. Ancora non è confermato perché si facesse, ma nel 2005 fu rinvenuta nella regione Maya di Comalcalco una fossa contenente diversi bambini di età compresa da uno a due anni. Si pensa che questi siano stati eseguiti durante delle consacrazioni sull'acropoli della stessa Comalcalco


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