Legge anti-pirateria italiana: una SOPA di Fava

L'Onorevole Giovanni Fava della Lega Nord ha firmato un emendamento alla legge comunitaria 2011 che condivide lo spirito della legge SOPA. Si parla di responsabilizzare i service provider sui contenuti in hosting che violano le normative sul diritto d'autore.

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a cura di Dario D'Elia

L'Italia sembra voler adottare una versione peggiore della Legge SOPA (Stop Online Piracy Act) statunitense. Ieri, in grande silenzio, l'Onorevole Giovanni Fava della Lega Nord ha presentato un emendamento alla legge comunitaria 2011 che nei contenuti sembra imitare il disegno di legge statunitense e spingersi oltre il disegno di legge proposto dal PDL a settembre.   

L'approvazione della Commissione per le politiche comunitarie ha davvero un che di sconcertante, ma come al solito bisogna entrare nei dettagli per comprendere quel che sta succedendo. In pratica, come riporta anche l'avvocato IT Guido Scorza, la norma stabilisce che "chiunque possa chiedere a un fornitore di servizi di hosting di rimuovere qualsivoglia contenuto pubblicato online da un utente sulla base del semplice sospetto - non accertato da alcuna Autorità giudiziaria né amministrativa - che si tratti di un contenuto che viola i propri diritti d'autore e che, qualora il provider non ottemperi alla richiesta, possa essere ritenuto responsabile".

Giovanni Fava

Il giochino è semplice. Domani chiunque può alzarsi con la Luna storta e richiedere la rimozione di un contenuto che a suo parere viola le normative sul copyright. Il provider può assecondare la richiesta oppure assumersi la responsabilità dell'eventuale illegittimità del file. Cosa farà il provider secondo voi?

"È un approccio peggiore di quello tratteggiato dal SOPA dove, almeno, l'ordine di rimozione di un contenuto è emesso da un'Autorità Giudiziaria", scrive Scorza sul suo blog. Però purtroppo non è tutto poiché Fava ne ha pensata anche un'altra.

Meglio la passatina di fave con gamberi che la sopa (zuppa)

Si legge sull'emendamento che i fornitori di servizi online "che mettano a disposizione del destinatario [...] strumenti o servizi ulteriori, in particolare di carattere organizzativo o promozionale, ovvero adotta modalità di presentazione delle informazioni non necessarie ai fini dell'espletamento dei servizi oggetto del presente decreto, che sono idonei ad agevolare o a promuovere la messa in commercio di prodotti o di servizi a opera del destinatario del servizio" siano essi stessi corresponsabili delle violazioni commesse dai clienti.

Insomma, anche la pubblicità di servizi che domani potrebbero essere utilizzati illegalmente rischia di essere bollata come pericolosa. "Una filosofia radicalmente diversa da quella sin qui applicata per giornali, radio, televisione e che rischia di paralizzare il commercio elettronico italiano già in crisi", sottolinea l'avvocato. "Siamo di fronte a un'iniziativa legislativa anacronistica, liberticida e che minaccia di affossare definitivamente lo sviluppo di Internet in Italia".