Non solo Apple: Google, Amazon e altri nel mirino del Fisco

Dopo Apple anche Google sarebbe pronta a sanare la sua posizione davanti al Fisco Italiano. L'erario dovrebbe incassare 150 milioni di euro. Nel mirino anche Amazon e Western Digital.

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a cura di Manolo De Agostini

Dopo i 318 milioni di euro incassati da Apple in seguito alla contestazione di omesso pagamento di circa 880 milioni di euro di IRES tra il 2008 e il 2013, il Fisco Italiano e più in particolare il dipartimento sui reati finanziari di Milano punta a inchiodare gli altri colossi del web e non solo, che sfruttano pieghe delle normative europee e statali per pagare meno tasse e incamerare più utili, con sedi fittizie all'estero e altri stratagemmi.

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Con Google la partita dovrebbe chiudersi entro gennaio con un assegno da 150 milioni di euro, ma secondo quanto riportato da "La Repubblica", "le parti sarebbero ancora distanti sulla somma finale da versare, comunque molto diverse da quanto sborsato due giorni fa dalla società fondata da Steve Jobs. Anche in questo caso, i pm milanesi contestano alla filiale italiana del motore di ricerca californiano, di essersi appoggiati su una società estera, per pagare meno tasse in Italia. L'importo globale su cui i manager sono accusati di aver evaso le imposte, in questo caso sale a un miliardo di euro totale".

Il noto quotidiano parla anche di un "report" dell'Agenzia delle Entrate recentemente arrivato in procura relativo ad Amazon, "al momento a carico di ignoti e senza ipotesi di reato" e uno che coinvolge Western Digital, noto produttore di hard disk. Insomma, non solo l'intesa tra Apple e l'Italia ha creato un precedente che potrebbe estendersi ad altri paesi europei, ma potrebbe scatenarsi uno "tsunami fiscale" pronto a coinvolgere tutte le aziende hi-tech.

Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera e uno dei principali sostenitori della regolarizzazione fiscale dei big del settore, ha dichiarato: "l'emorragia finanziaria legata all'evasione e all'elusione fiscale delle multinazionali del web ha raggiunto livelli altissimi e le OTT, seppur risultando ancora casi isolati, hanno iniziato a capire che le tasse si devono pagare; e lo si deve fare nei Paesi in cui fanno profitti". 

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