Otto domande sull’obbligo di Green pass a lavoro

Oggi i nostri consulenti legali ci spiegano tutto ciò che c'è da sapere sull'obbligo del Green Pass al lavoro, rispondendo a otto domande chiave.

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a cura di Redazione Diritto dell’Informatica

L’obbligo di green pass per lavorare è già realtà per molti lavoratori impiegati in ambito sanitario e scolastico. La misura, introdotta dal governo per rilanciare la campagna vaccinale, ha comportato un significativo sforzo organizzativo
, a partire dallo sviluppo dell’app VerificaC19
per controllare i certificati. E il sistema sembra per ora funzionare, anche se non sono mancati casi problematici. È di qualche giorno fa, ad esempio, la storia dell’insegnante di sostegno di Riccione che ha dovuto lasciare la scuola nel bel mezzo della mattina, perché le era scaduto il certificato verde, lasciando in questo modo da sola l’alunna assistita. Ancora, in molti sono rimasti impressionati dalle rimostranze di alcune manifestazioni no-vax e no-green-pass, talvolta sfociate nella violenza.  Tutto questo, però, non ha impedito al governo di andare avanti con l’estensione dell’obbligo di green pass a tutti i lavoratori, sia del settore pubblico che privato, avvenuta con decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021. A partire dal 15 ottobre e fino al 31 dicembre 2021, dunque per lavorare sarà necessario esibire il green pass. Rimangono, però, alcuni dubbi sul funzionamento della nuova misura. Ad esempio, quali sanzioni sono previste in caso di mancata esibizione del green pass? Che effetti avrà su chi lavora da casa? Ancora, si è tanto parlato di dipendenti, ma cosa succede se ad opporsi a green pass e vaccinazioni è il datore di lavoro? Infine, l’obbligo di green pass rispetta le norme in materia di privacy? Proviamo a rispondere assieme a queste domande.

Green pass: proprio per tutti?

Gli unici esentati dal nuovo decreto sono i soggetti esclusi dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica, rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.

Per tutti gli altri, si prevede che dal 15 ottobre 2021 e fino alla fine dello stato di emergenza, il 31 dicembre 2021, sia obbligatorio per chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore privato di possedere e di esibire il green pass per accedere ai locali dove si svolge l’attività.

Addirittura, l’obbligo è esteso a tutti coloro “che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1 [n.d.r. i luoghi di lavoro], anche sulla base di contratti esterni”. Dunque, pare potersi desumere che la nuova misura del governo interessi chiunque si trovi in un ambiente di lavoro, anche qualora si tratti di un fornitore esterno o di un consulente e a prescindere dalla natura del rapporto. Sembrano essere ricompresi stagisti o ai volontari, i cui rapporti, da un punto di vista giuridico, non sono propriamente di lavoro.

Una norma pressoché identica, inoltre, estende l’obbligo di green pass anche al settore pubblico. 

Chi si occupa dei controlli?

I datori di lavoro dei luoghi ove si svolge l’attività hanno l’onere di controllare il possesso del green pass. Tale dovere sussiste sia rispetto ai propri dipendenti che con riguardo ad eventuali diversi soggetti che, ad altro titolo, frequentano tali locali. Nel caso di soggetti esterni, però, la verifica dovrà essere svolta anche dai rispettivi datori di lavoro.

Come si svolgono i controlli?

Le modalità non sono ancora definite. Ciascun datore di lavoro dovrà individuarle entro il 15 ottobre: potranno essere anche a campione e, ove possibile, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro e individuando con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni.

Si dispone, poi, che un DPCM dovrà definire le modalità di effettuazione delle verifiche delle certificazioni verdi. Anche in questo caso, per la pubblica amministrazione sono previste norme speculari. 

E la privacy in tema Green pass?

Uno dei nodi più spinosi della nuova normativa – e della macchina organizzativa sottostante - riguarda la tutela della privacy. Trattandosi della gestione di un’emergenza sanitaria, infatti, si ha inevitabilmente a che fare con dati relativi alla salute, che ricevono una protezione rafforzata dalle leggi attuali. Questo spiega, peraltro, lo sforzo congiunto di Ministero della Salute e Garante della Privacy di questi mesi per la messa a punto dell’App VerificaC19. Come affermato dal Garante della privacy, tale app sarebbe “l’unico strumento in grado di garantire l’attualità della validità della certificazione verde, in conformità ai principi protezione dei dati personali” [Doc-Web 9668146] dal momento che garantisce che i verificatori possano conoscere solo le generalità dell’interessato, senza visualizzare le altre informazioni presenti nella certificazione (guarigione, vaccinazione o esito negativo del tampone). Insomma, pare che sussistano tutti gli strumenti per una gestione a norma di legge dei dati personali. Starà poi ai soggetti preposti utilizzarli nel modo corretto.

Quali sanzioni ci sono per i dipendenti sprovvisti?

Chi non è in possesso o non esibisce il green pass al momento dell’accesso presso i luoghi di lavoro viene considerato assente ingiustificato. Non vi sarà, però, alcuna conseguenza disciplinare e sarà possibile conservare il rapporto di lavoro. Non, invece, la retribuzione, ne’ altro tipo di compenso o emolumento comunque denominato. Tali effetti si protrarranno fino al termine dello stato di emergenza, il 31 dicembre 2021.

Nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti, poi, è previsto che dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro potrà sospendere il lavoratore per un massimo di 10 giorni, rinnovabili una sola volta e comunque entro il termine del 31 dicembre, durante i quali potrà stipulare un contratto di lavoro per sostituire il lavoratore sospeso.

Viene inoltre predeterminata la sanzione per i lavoratori che, in violazione dell’obbligo di green pass, si introdurranno comunque nei luoghi di lavoro: ferme restando eventuali sanzioni disciplinare previste dalle normative di settore, è disposta la comminazione di una sanzione amministrativa che oscilla tra i 600 e i 1500 euro.

Se ad essere senza Green pass è il mio capo?

La legge si limita a disporre che nel caso di omesso controllo del green pass e di omessa predisposizione delle misure a tal fine necessarie è prevista per il datore una sanzione amministrativa da 400 a 1000 euro. Non è chiaro, invece, cosa succeda se è il datore stesso ad essere privo di green pass, anche se, in via interpretativa, si potrebbe ritenere che anch’egli sia compreso nella definizione di “chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato”. In questo caso, verrebbe applicata la stessa sanzione amministrativa prevista per i dipendenti.

Chi è privo di Green pass avrà diritto allo smartworking?

Pare di no. Il decreto-legge 127/2021, infatti, non si pronuncia sul punto e, stando all’attuale quadro normativo, sussiste il diritto allo smartworking solo per talune categorie di soggetti particolarmente fragili e individuati dalla legge (D.L. 17 marzo 2020, n. 18). Come è stato riportato da diverse testate giornalistiche, inoltre, fonti governative avrebbero precisato che «l’assenza del certificato non può dare in automatico diritto al lavoro da remoto».

Come attuare l’obbligo di Green pass?

L’introduzione dell’obbligo di green pass per tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, comporterà una trasformazione radicale nella gestione della pandemia. Alcune categorie hanno fatto da apripista, ma non si può escludere che possano insorgere nuove questioni. Se hai bisogno di assistenza per la tua azienda per attuare l’obbligo di green pass o di un consulto, rivolgiti al nostro studio partner FCLEX con esperienza pluriennale su privacy e nuove tecnologie collegate al mondo del lavoro.