Un team di ricercatori dell'Università Tecnica della Danimarca ha raggiunto quello che molti considerano il Santo Graal della fisica quantistica: dimostrare concretamente che un sistema quantistico può superare le prestazioni di qualsiasi approccio classico in un compito reale. L'esperimento, condotto nei laboratori sotterranei del DTU Physics in collaborazione con università di Stati Uniti, Canada e Corea del Sud, ha utilizzato fasci di luce entangled per caratterizzare il comportamento di sistemi quantistici complessi in tempi incredibilmente ridotti. Pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, lo studio rappresenta un punto di svolta nella corsa verso applicazioni pratiche delle tecnologie quantistiche.
Il problema dell'esplosione esponenziale delle misurazioni
Nel mondo della ricerca scientifica e ingegneristica, uno dei problemi più ostinati riguarda la caratterizzazione di sistemi fisici complessi, come dispositivi quantistici o sensori avanzati. Per comprendere il "profilo del rumore" di questi sistemi, i ricercatori devono effettuare misurazioni ripetute, ma il numero di esperimenti necessari cresce esponenzialmente con la complessità del sistema. Questa scalabilità devastante rende rapidamente impraticabile o addirittura impossibile l'analisi di dispositivi sofisticati. Il rumore quantistico intrinseco nelle misurazioni complica ulteriormente la situazione, creando un labirinto di incertezze che i metodi classici faticano a navigare.
L'entanglement quantistico emerge come la chiave per risolvere questo enigma. Questo fenomeno, che Einstein chiamava "azione spettrale a distanza", lega due particelle o fasci luminosi in modo così profondo che misurare uno di essi fornisce immediatamente informazioni sull'altro, indipendentemente dalla distanza che li separa.
Dalla teoria alla pratica: 20 milioni di anni ridotti a 15 minuti
L'esperimento danese ha dimostrato risultati che sfidano l'immaginazione. "Abbiamo imparato il comportamento del nostro sistema in 15 minuti, mentre un approccio classico comparabile avrebbe richiesto circa 20 milioni di anni", spiega Ulrik Lund Andersen, professore al DTU Physics e coordinatore dello studio. Il setup sperimentale, sorprendentemente, utilizza componenti ottici standard operanti alle lunghezze d'onda delle telecomunicazioni, dimostrando che il vantaggio quantistico non dipende da dispositivi di misurazione perfetti ma dalla metodologia di misurazione stessa.
Il cuore dell'esperimento risiede in un oscillatore parametrico ottico che manipola le fluttuazioni quantistiche della luce all'interno di una cavità ottica. Due fasci luminosi vengono preparati in uno stato entangled: uno viene utilizzato per sondare il sistema, l'altro serve come riferimento. Una misurazione congiunta li confronta simultaneamente, cancellando gran parte del "rumore di fondo" e estraendo più informazioni per ogni tentativo rispetto all'osservazione del solo fascio sonda.
Un traguardo che ridefinisce le aspettative
Jonas Schou Neergaard-Nielsen, professore associato al DTU Physics e coautore dello studio, sottolinea l'importanza simbolica di questa scoperta nel panorama attuale delle tecnologie quantistiche. "Anche se molte persone parlano di tecnologia quantistica e di come superi i computer classici, la realtà è che oggi non lo fanno ancora", ammette il ricercatore. "Quello che ci soddisfa principalmente è che abbiamo finalmente trovato un sistema quantomeccanico che fa qualcosa che nessun sistema classico potrà mai fare".
La ricerca, intitolata "Quantum learning advantage on a scalable photonic platform", è stata guidata dal centro bigQ del DTU sotto la direzione di Andersen. Gli autori principali, il postdoc Zhenghao Liu e il dottorando Romain Brunel, hanno lavorato insieme a colleghi dell'Università di Chicago, del Perimeter Institute, dell'Università di Waterloo, del Caltech, del MIT e del KAIST. Il lavoro si basa su fondamenta teoriche solide, costruite a partire dal paper del 2024 "Entanglement-Enabled Advantage for Learning a Bosonic Random Displacement Channel".
Prospettive per applicazioni future
Nonostante i ricercatori non abbiano ancora preso di mira un sistema concreto del mondo reale, le implicazioni sono vastissime. L'approccio potrebbe rivoluzionare campi come il sensing quantistico e il machine learning, dove la caratterizzazione rapida ed efficiente di sistemi complessi rappresenta una sfida costante. Il fatto che l'esperimento funzioni anche con le perdite ordinarie del setup dimostra la robustezza del metodo e la sua potenziale applicabilità in condizioni reali, aprendo la strada a una nuova generazione di tecnologie quantistiche pratiche e commercialmente viabili.