Il termine "vibe coding" è stato introdotto qualche tempo fa dal co-fondatore di OpenAI Andrej Karpathy, e porta con sé la promessa di una svolta epocale nello sviluppo software. L'idea è di chiedere al sistema AI qual è il risultato che si vuole ottenere, concentrandosi sulle idee, e lasciare che sia appunto il sistema a generare il codice?
Fantastico! Si potrebbe pensare che non servono più gli sviluppatori. In verità non è proprio così, e come regola generale il codice generato ha ancora bisogno di una revisione da parte di un esperto. Ma la qualità è in costante miglioramento, e già oggi i team di developer stanno diventando sempre meno numerosi. Le posizioni junior, in particolare, sono quelle che subiscono di più questa trasformazione.
Detto questo, l'impatto si fa sentire in tutta la vita aziendale. Da una parte si può parlare di "democratizzazione" dello sviluppo, proprio perché chiunque o quasi può partecipare al processo. E dall'altra i costi di sviluppo si riducono moltissimo.
Dalla visione al codice: quando l'AI diventa il programmatore
Il concetto alla base del vibe coding è tanto semplice quanto rivoluzionario: invece di scrivere righe di codice, gli utenti comunicano con l'intelligenza artificiale utilizzando il linguaggio naturale. Come spiega Karpathy in un post pubblicato sulla piattaforma X a febbraio, questo approccio è possibile perché i modelli linguistici di grandi dimensioni stanno diventando incredibilmente sofisticati. Un'azienda può utilizzare la modalità Code Interpreter di GPT-5 di OpenAI per istruire il sistema a creare un chatbot per il servizio clienti, ottenendo un'applicazione pronta per essere testata e perfezionata.
La velocità di sviluppo raggiunta attraverso questa metodologia è impressionante: le piccole e medie imprese possono trasformare un'idea in un prototipo funzionante nell'arco di poche ore anziché settimane. Strumenti come Google AI Studio stanno rendendo questo processo accessibile anche agli utenti privi di competenze tecniche, aprendo scenari impensabili fino a poco tempo fa.
I risultati concreti del vibe coding non tardano a manifestarsi nel mondo reale. Maor Shlomo, fondatore non tecnico di Base44, rappresenta l'esempio più eclatante di questo fenomeno: utilizzando esclusivamente questo approccio, è riuscito a creare una piattaforma di sviluppo no-code che in soli sei mesi ha attirato 250.000 utenti. Il culmine di questa storia di successo è arrivato a giugno, quando Wix ha acquisito la società per 80 milioni di dollari.
Amjad Masad, CEO della piattaforma di programmazione Replit, sottolinea come questa tecnologia stia abbattendo le barriere tradizionali. Durante un'intervista al Big Technology Podcast, ha evidenziato che professionisti delle risorse umane, medici e persino autisti Uber possono ora sviluppare applicazioni basate sulle loro idee specifiche, sfruttando la profonda conoscenza del dominio che hanno acquisito nel loro campo di lavoro.
Iniziare è facile ma occhio ai rischi
Per chi desidera cimentarsi con il vibe coding, il percorso di ingresso è sorprendentemente accessibile. Gli esperti consigliano di iniziare frequentando corsi specifici come "Code with AI", per poi iniziare con una piattaforma gratuita (come Cursor o simili). Completano il toolkit essenziale il download di NodeJS e l'iscrizione alla versione gratuita di Vercel's v0, strumenti che permettono di trasformare immediatamente le idee in realtà digitali.
Il vantaggio competitivo per le piccole imprese è evidente: possono sperimentare nuove offerte, automatizzare processi e costruire strumenti interni senza sostenere ingenti investimenti in tecnologia informatica. Questa democratizzazione dello sviluppo consente ai player più piccoli di innovare rapidamente, evitando le lungaggini burocratiche che spesso rallentano le grandi corporazioni.
Tuttavia, questa rivoluzione non è priva di insidie significative. Il vibe coding trasforma radicalmente il ruolo dell'essere umano nel processo di sviluppo: da scrittore di ogni singola riga di codice a supervisore che guida l'AI, valida i risultati e decide cosa è pronto per la produzione. Questa transizione comporta rischi sostanziali, particolarmente evidenti quando si tratta di sistemi finanziari, processi regolamentati o piattaforme rivolte ai clienti che comportano responsabilità legali o finanziarie.
Uno studio accademico intitolato "Vibe Coding as a Reconfiguration of Intent Mediation in Software Development" mette in guardia sui pericoli delle "black box codebases", evidenziando come i punti ciechi etici e di protezione dei dati, insieme alla documentazione inconsistente, minino la verificabilità e rappresentino barriere significative alla conformità in settori regolamentati come sanità e finanza. Il codice generato dall'AI può presentare bug, vulnerabilità di sicurezza e difficoltà di manutenzione, specialmente quando nessuno comprende appieno il suo funzionamento interno.
Le aziende devono quindi bilanciare attentamente rischi e benefici, assicurandosi che il vibe coding venga utilizzato nei casi d'uso appropriati per evitare di introdurre nuovi rischi operativi nel business.