Da Bank of England una doccia fredda, quasi gelata, sugli entusiasmi di quelli che ancora vedono nell'AI il motore di una crescita inarrestabile. L'autorevole istituto finanziario, infatti, aggiunge la sua voce a quelle che ci mettono in guardia: l'IA è una bolla e qualcuno potrebbe farsi male, finanziarimente.
Le valutazioni stellari delle aziende tech specializzate in AI, unite alle pressioni politiche sull'indipendenza della Federal Reserve americana, stanno creando un cocktail esplosivo che preoccupa i regolatori finanziari britannici. Anche per loro il ricordo va alla bolla delle dot-com dei primi anni 2000, quando l'entusiasmo per le nuove tecnologie aveva gonfiato artificialmente i prezzi azionari prima del crollo.
A tal proposito, è opportuno ricordare che i danni ci furono, ma ci furono anche aziende che ne uscirono intatte e che oggi sono tra i colossi più grandi al mondo - vedi per esempio Amazon e Google. Altre sopravvisero e prosperano per qualche anno, trovando poi altri problemi negli anni successivi, come è successo a Yahoo - che comunque è ancora aperta.
I numeri racconta una storia abbastanza facile da interpretare: OpenAI ha visto la sua valutazione schizzare da 157 miliardi di dollari dello scorso ottobre agli attuali 500 miliardi, mentre Anthropic è passata dai 60 miliardi di marzo ai 170 miliardi del mese scorso. Un'escalation vertiginosa che ha fatto suonare i campanelli d'allarme presso il Financial Policy Committee della Bank of England.
Il comitato ha messo nero su bianco mercoledì che "il rischio di una brusca correzione del mercato è aumentato", sottolineando come le valutazioni azionarie appaiano "stiracchiate" soprattutto per le aziende tecnologiche focalizzate sull'intelligenza artificiale. La preoccupazione principale riguarda il fatto che gli investitori non abbiano tenuto conto dei rischi potenziali, lasciando i mercati azionari particolarmente esposti a un cambio di sentiment.
Non è l'unica voce che parla di bolla, e a gettare acqua sul fuoco dell'entusiasmo per l'AI è arrivata anche una ricerca del Massachusetts Institute of Technology che ha rivelato come il 95% delle organizzazioni stia ottenendo zero ritorni dai propri investimenti nell'intelligenza artificiale generativa. Un dato che fa riflettere sulla sostanza dietro tanto clamore mediatico e finanziario.
La Banca d'Inghilterra paventa scenari in cui "colli di bottiglia materiali nel progresso dell'AI" legati all'approvvigionamento energetico, ai dati o alle catene di fornitura delle materie prime potrebbero danneggiare le valutazioni. Anche eventuali breakthrough concettuali che modifichino i requisiti infrastrutturali previsti per lo sviluppo dell'AI potrebbero colpire duramente le aziende le cui aspettative di ricavo si basano su alti livelli di investimenti infrastrutturali.
L'ombra di Trump sulla Fed
Ma i rischi non si fermano al settore tecnologico. Il comitato ha lanciato l'allarme anche sulle continue minacce dell'amministrazione Trump contro l'indipendenza della Federal Reserve americana. "Un cambiamento improvviso o significativo nelle percezioni riguardo alla credibilità della Federal Reserve potrebbe risultare in una brusca rivalutazione degli asset in dollari USA", hanno avvertito i regolatori britannici.
Le tensioni commerciali innescate dalle politiche trumpiane rappresentano un ulteriore fattore di instabilità, i cui impatti "non sono ancora stati completamente realizzati". Per il Regno Unito il rischio di contagio da shock globali di questa portata è considerato "materiale".
Lo scenario dipinto dalla Bank of England è quello di una potenziale tempesta perfetta in cui una correzione improvvisa dei mercati potrebbe tradursi in un prosciugamento del credito per famiglie e imprese. La preoccupazione è che gli investitori, finora troppo ottimisti, si trovino impreparati di fronte a una brusca rivalutazione delle aspettative sui guadagni futuri delle aziende AI.
Il warning britannico arriva in un momento delicato per i mercati globali, dove l'intelligenza artificiale è vista come il nuovo eldorado tecnologico ma dove i fondamentali economici potrebbero non giustificare le valutazioni stratosferiche raggiunte da molte società del settore.