Tocchi registici e impatto estetico

Un film che ha superato brillantemente la prova degli anni, Alien è un simbolo del cinema del XX secolo. Un'opera che è prima di tutto un horror ma con una forte componente fantascientifica. Il suo effetto sullo spettatore è ancora potente grazie alla sua intensa simbologia.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Alien è un film horror con un'ambientazione fantascientifica, e sarebbe un errore definirlo un'opera Sci-Fi. Sono proprio gli elementi fantascientifici, tuttavia, che donano a questo film quel tocco speciale che lo ha reso memorabile.

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A cominciare dalla sequenza iniziale: Scott ha scelto di montare in rapida sequenza immagini pressoché statiche che inquadrano oggetti, alcune parti dell'astronave. Lo spettatore vede e sente che i computer stanno facendo qualcosa, ma non sa cosa. Qualcosa accade, ma non ci sono essere umani nei paraggi. Le macchine agiscono senza gli uomini, e questo semplice fatto è il primo che mette lo spettatore a disagio. Solo un po', in vista di ciò che verrà. È l'effetto che hanno tutti i lunghi minuti iniziali, inframezzati da pochissime battute.

Ash: Stavo obbedendo a un ordine, mi sembra.

Ripley: Ash, quando Dallas e Kane non sono sulla nave sono io l'ufficiale anziano.

Ash: Ah, sì, lo dimenticavo...

Ripley: Hai anche dimenticato la legge sulla quarantena imposta dal reparto scientifico?

Ash: No, non l'avevo dimenticata!

Ripley: Capisco, l'hai solo infranta.

Ash: Che cosa avresti fatto di Kane? La sua unica possibilità di salvezza era portarlo qui.

Ripley: Sfortunatamente, però, non rispettando la quarantena tu rischi la vita di tutti!

Ash: Forse avrei dovuto lasciarlo fuori. Forse ho... Messo in pericolo tutti noi, ma era un rischio che ero disposto a correre.

Ripley: È un gran brutto rischio, per un ufficiale scientifico. Non è... Esattamente da manuale, non credi?

Ash: Io considero le mie responsabilità seriamente quanto te, lo sai. Tu fai il tuo lavoro, lasciami fare il mio.

Arriviamo poi alla discesa sul pianeta LV-426, ed è qui che abbiamo un primo contatto con la delirante arte di Hans Ruedi Giger, artista svizzero che aveva già collaborato con Alejandro Jodorowsky per un adattamento di Dune - film che avrebbe poi diretto David Lynch. Giger recuperò parte del suo lavoro per Alien, e riuscì a creare strutture e ambienti che colpiscono lo sguardo. Ambienti opprimenti, colori oscuri, linee che più che avvolgere assediano, simboli che risvegliano archetipi atavici e un senso di pericolo.

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Con Alien Giger ha portato tutta l'intensità dei suoi dipinti e delle sue sculture sul grande schermo, scioccando il pubblico cinematografico così come lasciava a bocca aperta coloro che visitavano e visitano le sue mostre. Se siete interessati, potete visitare il suo museo personale a Gruyeres, vicino a Losanna (Svizzera).

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Se con le scenografie Giger riadattò i suoi lavori precedenti, con il mostro l'artista creò un'opera del tutto nuova. Nessuno sapeva, nel 1979, che stava nascendo un simbolo della cultura pop del XX secolo.  Lo Xenomorfo è naturalmente un mostro terrorizzante, un animale il cui unico istinto è uccidere gli esseri umani, ed è perfettamente e inevitabilmente letale nel farlo. Ma non solo. Il Mostro senza occhi incarna paure profonde, il cui solo pensiero è sufficiente a raggelare il cuore, timori atavici che mettono a disagio non appena affiorano. Ci torneremo più avanti.

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Una nota di merito va anche all'italiano Carlo Rambaldi, un mostro sacro a sua volta che per questo film realizzò la visione di Giger con una precisione e un realismo ineccepibili. A fondere l'estetica "umana" della Nostromo e quella aliena creata da Giger c'è il sapiente tocco di Ridley Scott. Di certo non è un regista di cui si possa dire che non abbia sbagliato un colpo, ma con Alien questo inglese classe 1937 ha sicuramente svolto un lavoro eccellente.

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Con Alien, in particolare, Scott ha mostrato la sua abilità nel progettare l'azione in scenari tremendamente complessi quali gli interni della Nostromo, grazie a un meticoloso lavoro preparatorio sui bozzetti.  Il regista lavora con perizia, poi, nel nascondere allo spettatore più che nel mostrare. L'alieno è sì spaventoso, ma in effetti lo si vede pochissimo.

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E quando lo vediamo è sotto una tempesta di luci lampeggianti, quasi stroboscopiche. La luce che illumina gli umani invece è gelida, di un bianco accecante, evidenzia i volti stressanti e stanchi dell'equipaggio così come gli interni della Nostromo, un veicolo che è usurato quanto i suoi occupanti.

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L'altro grande valore apportato da Scott a questo film è senz'altro il ritmo. Alien si prende tempo, non corre, lascia spazio a lunghi silenzi, ad attese snervanti. Scott costruisce il film un pezzo alla volta, con calma, con una lentezza che invece di calmare fa crescere la paura. Forse voleva ispirarsi a Hitchcock, ma in ogni caso il risultato è ben riuscito. Il regista stesso era e rimane particolarmente soddisfatto da questo film, tanto che quando gli proposero di realizzare una versione Director's Cut si limitò a modifiche microscopiche. Successivamente confessò che lo fece solo per accontentare i fan, ma che la prima versione di Alien restava la sua preferita. La cifra registica di Alien, probabilmente, fu di ispirazione almeno in parte per La Cosa di John Carpenter.