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Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra, la guerra per il dio Malik [Recensione]

Nel secondo volume di Li troviamo solo quando sono morti, intitolato La Ladra, Al Ewing rende Malik un dio.

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a cura di Manuel Enrico

Se si pensa alla presenza divina nel mondo dei comics, il primo nome a cui si pensa è quello di Jack Kirby, nume tutelare della nona arte con i suoi Eterni ha, in un certo senso, dato una prima visione della divinità all’interno di una dimensione che la portasse su un piano narrativo moderno e più terreno. Il rapporto col divino, d’altronde, è argomento delicato e intimo, che ha trovato in tempi recenti nel duo composto da Al Ewing e Simone di Meo una vena artistica perfetta nel delineare un concept narrativo in cui la divinità viene presentata ai lettori in tutte le sue caratteritiche: Li troviamo solo quando sono morti (We only find them they're dead). Il comics firmato da Ewing e di Meo, pubblicato da Boom! Studios e portato sul mercato nostrano da Edizioni Bd, non si limita a vedere nella percezione del divino un elemento secondario, ma si addentra nella visione di come la razionalità umana possa essere profondamente influenzata, toccando anche lati meno nobili dell’animo umano, che diventano ancora più evidenti con il secondo volume di Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra.

Da una penna come quella di Ewing, non poteva che arrivare un concept narrativo come quello di Li troviamo solo quando sono morti. Dopo essersi dimostrato un acuto e appassionato narratore di fumetto supereroico (L’Immortale Hulk) ed esserci cimentato con la fantascienza sia in ambito fumettistico (Giudice Dredd, I Guardiani della Galassia) che letterario (come L’Uomo Immaginario), Ewing mostra di avere colto quali sono i grandi interrogativi della condizione umana, traslandoli in una narrazione sci-fi che contrappone in modo ottimo la tecnologia e il freddo ragionamento alla più irrazionale e sentita fede.

Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra, Ewing rende Malik un dio

Il fulcro di Li troviamo solo quando sono morti si basa proprio su questa dicotomia, che nel primo volume era solamente accennata. Trattandosi di un capitolo introduttivo, il volo dell’astronave del capitano Georgers Malik era il nostro punto di ingresso nella serie, con cui ci venivano fornite le fondamenta di questo universo futuro. Non è certo facile conciliare una componente filosofica e metafisica come la divinità con il racconto fantascientifico. Spessa si tende a vedere scienza e fede come due antitesi, due elementi inconciliabili, ma Ewing sceglie di creare un nodo narrativo che trova in queste due suggestioni un intreccio appassionante. Pur evitando di coinvolgere culti attuali per non incappare in spiacevoli incomprensioni, è innegabile che il rapporto col divino, inteso come legame metafisico tra mondo fisico e spirituale, è centrale in Li troviamo solo quando sono morti.

Nel primo volume, Il Cercatore, viene mostrato come nell’anno 2367 è diventato uso comune depredare e sezionare i giganteschi cadaveri di esseri che appaiono nello spazio, che per le loro fattezze umane sono stati identificati da parte dell’umanità come dei. Questa sorte di rituale di saccheggio viene regolarizzato e rigidamente controllato, essendo la base di una società che fonda la propria economia e la propria identità sullo sfruttamento delle risorse cannibalizzate da queste titaniche salme, che per un’umanità al limite del collasso per la mancanza di risorse rappresentano una miracolosa salvezza.

Ne Il cercatore, tramite il capitano Malik e la sua ossessione di trovare un dio ancora in vita, Ewing realizza un’attenta opera di world building che si concretizza non solo nella percezione di questo universo futuro da parte dei protagonisti, ma soprattutto tramite la graduale definizione dell’umanità futura e delle sue meccaniche, gestita con spontaneità tramite un incastro di racconto emotivo e flashback impeccabile.  Suggestiva, all’interno di un primo arco narrativo particolarmente dinamico, è la metafora imbastita da Ewing, in cui un’umanità morente, inacidita e disperata, risorge a nuova vita depredando cadaveri di esseri alieni ignoti, visti come divinità. Non avendone mai trovati di vivi, come possono immaginare questi uomini del futuro che si trovino al cospetto di déi? Le loro dimensioni, la loro statuaria bellezza e la fascinazione che esercitano sull’umanità sono sufficienti a motivare la loro aura divina, che però non impedisce di cannibalizzarne i corpi senza vita per sopravvivere.

Il Cercatore terminava con la folle impresa di Malik di compiere l’impossibile, ossia viaggiare verso la presunta dimora degli dei, un volo che lo porta prima al cospetto delle misteriose entità e che termina con il suo ritorno, nove anni dopo, come uno degli dei morti. E da questo miracoloso ritorno prende vita Li Troviamo Solo quando sono morti: La Ladra.

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Tramite uno slittamento temporale di quasi quarant’anni, Ewing ci porta in una galassia dove l’importanza degli dei è ulteriormente mutate. L’imprese di Malik è divenuta parte integrante di un culto che vede nel saccheggio dei cadaveri delle divinità un’eresia, al punto che l’immensa struttura di sfruttamento sorta attorno alla salma del dio Malik è stata convertita in un luogo di culto, protetto con una vera forza militare che impedisca di sfruttarne anche una minima porzione. Come facilmente intuibile, una simile risorsa non può che fare gola a poteri indifferenti al culto di Malik, che non esitano a ordire un piano machiavellico tramite cui derubare questo prezioso cadavere. Quella che sembra una missione di recupero si rivelerà presto un’occasione per far emergere intenti personali e tradimenti, dando vita a un capitolo della serie intriso di intrighi e tradimenti che alimentano ulteriormente un universo narrativo già ricco di fascino.

Con questo secondo capitolo, Ewing privilegia la valorizzazione delle meno nobili motivazioni per lo sfruttamento dei cadaveri divini, contrapponendolo a una visione rituale e religiosa che, pur apparendo inizialmente come un tratto di fanatismo pacifico, non tarda a mostrare un lato oscuro alimentato da sete di potere e egocentrismo. Curioso notare come sia i fedeli che i più pragmatici sfruttatori non esitino a piegare il concetto di fede alle proprie mire, seppure con sistemi e linguaggi differenti, ma comunque votati a un medesimo obiettivo: controllare e dominare. Una progressione emotiva che si fonda su una delle migliori gestioni dello slittamento temporale (o timeskip), che consente di muoversi in modo fluido lungo la cronologia della serie, costruendo con acuta esperienza una narrazione in cui le rivelazioni sono precedute, o all’occorrenza seguite, da flashback che mostrano l’origine di comportamenti dei personaggi che assumono, in tal senso, una vivacità impagabile.

Evolvere un mondo futuro

Nuovamente, Simone di Meo si dimostra il perfetto interprete della verve narrativa di Ewing. In Il Cercatore si erano apprezzate tavole incredibilmente spettacolari, forti di una ricerca del dettaglio impeccabile, che valorizzava l’ottimo lavoro in termini di design futuristico, impreziosito da una colorazione basato su tonalità vivide e avvolgenti delle tavole, capaci di enfatizzare situazioni ed emozioni dei personaggi, con giochi di luce e riflessi che enfatizzano ulteriormente il ricco contesto emotivo della serie. In Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra, di Meo alza ulteriormente l’asticella della qualità. Per via del citato timeskip, di Meo compie un pregevole lavoro di sintesi tra la necessità di mantenere una linearità con il desgin del precedente volume e l’inevitabile evoluzione tecnologica occorsi in questi anni, con un’impostazione più misurata e lineare, pulita e dalle linee semplici, che ben si adatta alla necessità di dare maggior spazio alla presenza preminente di dialoghi, considerato come l’azione sia meno marcata rispetto al precedente capitolo, consentendo al disegnatore di concentrarsi maggiormente sui dettagli architettonici dell’ambiente, specie nella prima parte del volume.

Una diversa impronta narrativa e grafica che viene premiata anche da una colorazione differente, che per i flashback sposa tonalità prevalentemente fredde spezzate da sprazzi di colori che esaltano gli elementi importanti delle tavole. La sensazione è che di Meo, pur mantenendo una coerenza di grammatica visiva, stia ancora cercando la giusta intensità cromatica per Li troviamo solo quando sono morti, che al momento mostra una piccola pecca nella gestione del contrasto, in alcune tavole, tra sfondo e didascalie.

Edizioni BD ha nuovamente il merito di avere dato a Li troviamo solo quando sono morti un’edizione che ne esalta la bellezza, rispettandone i tratti essenziali. La scelta della carta era essenziale per la caratterizzazione cromatica del lavoro di Simone di Meo, e il brossurato edito dalla casa editrice milanese è il perfetto tramite per godere al meglio dell’entusiasmante lavoro del disegnatore nostrano. Una bellezza, quella di Li troviamo solo quando sono morti, che viene omaggiata anche dalla gallery delle copertine, ma che si sarebbe potuta valorizzare ulteriormente con una serie di bozzetti ed extra che svelassero l’iter creativo del progetto, un’assenza che specialmente in questa opera che si basa su un lavoro certosino di Di Meo andrebbe colmata.

Voto Recensione di Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra