The Witcher: Nightmare of the Wolf, gli strighi prima di Geralt

The Witcher: Nightmare of the Wolf ci mostra il mondo degli strighi da una nuova prospettiva

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a cura di Manuel Enrico

Ci saranno sempre mostri. Non potrebbe esserci frase più emblematica dello spirito di The Witcher: Nightmare of the Wolf, il film di animazione facente parte dell’universo di The Witcher che Netflix distribuisce a partire dal 16 agosto. Mentre tutti attendono con ansia di vedere nuovamente in azione Henry Cavill nel ruolo dello strigo per eccellenza, Geralt di Rivia, i cacciatori di mostri creati da Andrzej Sapkoswki tornano su Netflix con un film d’animazione, ambientato anni prima delle imprese di Geralt, scelta che consente a Beau DeMayo, già sceneggiatore della serie Netflix con protagonista Cavill, di esplorare ulteriormente il mondo dei witcher.

Una possibilità che diventa incarnazione di uno dei concetti basilari dell’opera di Sapkowski, ovvero la percezione del ruolo dei witcher. In un mondo in cui i mostri sono una minaccia che gli uomini normali non possono sconfiggere, si rendono necessarie persone che, dotate di poteri e addestramenti specifici, siano il baluardo dell’umanità contro questi esseri mostruosi. Da un punto di vista concettuale questo assioma potrebbe presentare un ruolo eroico per questi cacciatori di mostri, ma Sapkowski ha deciso di rendere i suoi witcher dei pariah, dei reietti che sono visti dalla società come un male necessario, ma di cui bisogna comunque diffidare e, possibilmente, limitare il potere.

The Witcher: Nightmare of the Wolf, il destino degli strighi

The Witcher: Nightmare of the Wolf si basa essenzialmente su questo contrasto concettuale. Nella serie live action si era dato respiro a questa caratteristica dell’opera di Sapkowski, intrecciandola maggiormente alla trama delle imprese di Geralt senza renderla mai veramente centrale all’interno delle dinamiche narrative. DeMayo, approfittando della libertà narrativa offerta da questa dimensione transmediale di The Witcher: The Nightmare of the Wolf , ha voluto dare maggior risalto a questa ferita nell’animo dei witcher. E non poteva esserci modo migliore di mettere questi cacciatori di mostri prezzolati a confronto con la loro stessa natura, raccontando ascesa e presa di coscienza di uno di loro, Vesemir.

Nome noto ai fan di The Witcher, Vesemir è al centro della trama di The Witcher: Nightmare of the Wolf. Dopo averlo conosciuto come il severo maestro di Geralt, ora abbiamo modo di apprendere il suo passato dal momento in cui da giovane di povera famiglia sceglie di intraprendere la carriera di witcher. Una decisione derivata dalla voglia di emergere da una condizione stenti, dopo aver visto come un cacciatore di mostri, Deglan, intervenuto in soccorso di una nobildonna del suo paese abbia accumulato una discreta fortuna. Spinto dalla visione semplice di un adolescente, Vesemir chiede quindi allo strigo di prenderlo come allievo, venendo portato nella roccaforte dei witcher, Kaer Morhen, dove viene addestrato per diventare uno strigo.

Un severo addestramento che rende Vesemir uno dei witcher più celebri, rinomato ma anche additato da alcuni come il simbolo della pericolosità degli strighi. Il suo approccio irriverente e apparentemente privo di una morale, infatti, viene considerato una riprova di come i witcher non siano alto che dei millantatori, portando alcuni a credere che i mostri che si vantano di cacciare, specialmente quando si tratta di creature come fantasmi, siano inganni perpetrati ai danni della povera gente, propensa a credere a simili menzogne. Di questo avviso è la maga Tetra, che non esita a farsi promotrice di una crociata contro i witcher, sostenuta dal popolo che vede in lei l’occasione per esprimere finalmente tutto il proprio disappunto verso i cacciatori di mostri.

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Tetra sembra avere trovato il modo di eliminare i witcher, che considera delle aberrazioni ingannatrici, quando l’intervento di Lady Zerbst la porta a dover accettare un incarico assieme a Vesemir: affrontare una minaccia misteriosa che sta terrorizzando la popolazione. Una missione in cui lo strigo e la maga dovranno mettere da parte i reciproci pregiudizi, arrivando a scoprire una verità che metterà Vesemir di fronte a una difficile scelta.

Il mondo di The Witcher da un'altra prospettiva

The Witcher: Nightmare of the Wolf, proprio per l’ottimo lavoro di DeMayo in fase di world building, si presenta come un capitolo avvincente del mito dei witcher. Non è solamente la resa emotiva di Vesemir, che ricalca il canovaccio dell’eroe disilluso ma al contempo animato da una sensibilità taciuta, ma è soprattutto come viene presentato il sottile ma serpeggiante odio verso i witcher a rendere questo film animato interessante. Sapkowski ha introdotto questo elemento come centrale nel suo corpus letterario, una radice emotiva che viene parzialmente valorizzato nei videogiochi cha hanno dato la celebrità a The Witcher, ma che tende a perdersi all’interno della prima stagione dell’omonima serie Netflix. Con The Witcher: Nightmare of the Wolf, invece, abbiamo modo di trovare una visione più marcata di questo odio latente, vedendone anche nel comportamento dei witcher e nel mistero che aleggia attorno ai loro rituali e tradizioni una delle radici di questa acredine.

DeMayo, muovendosi su questo elemento fondante del mito di The Witcher, riesce a sviluppare una storia che pone dei dilemmi morali e intimi per Vesemir, che diventa il nostro punto di vista per comprendere questo modo cinico e violento. Già nell’originale letterario l’umanità, specialmente i potenti, non viene ritratta in modo particolarmente positivo, ma con The Witcher: Nightmare of the Wolf in più occasioni viene tratteggiato un contesto sociale fatto di sospetto e odio, in cui i witcher sono, al pari di altre razze come elfi e nani, trattati come reietti. Solo la loro utilità come cacciatori di mostri impedisce al volgo di scontrarsi apertamente con questi letali mutanti, che hanno rinunciato alla propria umanità in cambio di doni alchemici che li aiutino a sconfiggere creature mostruose. Ma cosa accadrebbe, se questa loro utilità svanisse?

Su questo interrogativo ruota il fulcro emotivo di The Witcher: Nightmare of the Wolf. Che si tratti di un incubo riferito al destino stesso dell’ordine degli strighi o alla sfera più intima di Vesemir, in cui rimpianti e rimorsi si intrecciano, il forte impatto emotivo dovuto animato dalla costruzione di una tensione sociale palpabile è il tratto meglio gestito di questo film d’animazione. Realizzato da Studio Mir, con la regia di Kwang Il Han, The Witcher: Nightmare of the Wolf si colloca all’interno dell’offerta Netflix che ci ha recentemente proposto Castlevania, ma laddove la serie ispirata al videogioco Capcom ha mostrato notevoli limiti tecnici, The Witcher: Nightmare of the Wolf sfoggia una maggior cura nella definizione di personaggi e ambientazioni, con animazioni, specie negli scontri, convincenti e che perdono di qualità solo in poche occasioni, senza mai andare sotto un livello qualitativo comunque più che sufficiente.

In attesa dell’uscita della seconda stagione di The Witcher, questo film animato rappresenta un buon modo di ingannare l’attesa, consentendoci di godere di una visione più spettacolare dei poteri dei witcher e di una costruzione sociale che consolida quanto finora apprezzato dell’incredibile mondo di Sapkowski.