AMD perseguitata dal passato, le CPU Bulldozer potrebbero costarle caro

Potrebbe costare caro ad AMD chiudere una causa legale legata all'uso del termine core sulle vecchie CPU AMD FX basate su architettura Bulldozer.

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a cura di Manolo De Agostini

Quando si dice che "il passato ti perseguita"
oppure "a volte ritornano". Stiamo parlando di una causa del 2015 intentata dal consumatore Tony Dickey contro AMD per marketing ingannevole, frode, falsa dichiarazione e arricchimento indebito.

Al centro della querelle ci sono niente meno che i vecchi processori basati su architettura Bulldozer (AMD FX), che AMD pubblicizzò sul proprio sito come "il primo processore a 8 core nativi desktop", inducendo Dickey e molti altri ad acquistarli. Secondo il querelante tale affermazione però è falsa, in quanto i core funzionanti non sarebbero otto ma quattro.

Da cosa origina questa "differenza di vedute"? L'architettura Bulldozer (e quelle successive prima di Zen) è "a moduli", ossia all'interno di un modulo (in una CPU come l'allora FX-8350 ce ne sono quattro) non ci sono esattamente due core completi, bensì due unità integer, mentre quella floating point è condivisa. Insomma, il numero otto fa riferimento ai core integer presenti nel processore.

Secondo Tony Dickey non si tratta di core completamente indipendenti e i processori non possono eseguire otto istruzioni simultaneamente e in modo indipendente come affermato dall'azienda, con un conseguente calo delle prestazioni. Dickey ritiene che AMD abbia fuorviato i consumatori (privi della necessaria esperienza tecnica per comprendere le differenze), facendo passare i suoi processori per quello che non erano.

A distanza di tre anni, il giudice distrettuale Haywoo Gilliam ha rigettato l'affermazione di AMD secondo cui non c'era una descrizione solida del termine core, quindi non poteva essere usato nel modo sbagliato. AMD ha inoltre affermato che "una significativa maggioranza" di persone aveva compreso l'uso del termine core in modo consistente a quello fatto per i propri chip. Il giudice ha ritenuto le argomentazioni di AMD "non persuasive".

Di conseguenza è arrivato il via libera per una class action, con il procedimento che dovrebbe proseguire nel corso di quest'anno, con tappe che saranno fissate il 5 febbraio. Ad AMD restano quindi due strade: trovare un accordo con i querelanti (che vogliono il pagamento della differenza di prezzo tra una CPU a 8 e 4 core), e questo potrebbe richiederle un certo esborso (ma forse non troppo alto), oppure proseguire con la causa legale e arrivare a un verdetto che, nel caso in cui venisse sconfitta, potrebbe costarle molto di più dato il numero di acquirenti dei chip FX.

Staremo a vedere cosa succederà, ma per il momento AMD ha affermato a The Register che si difenderà "vigorosamente" dalle accuse. Tra l'altro la causa è interessante perché è in ballo il significato del termine "core", il che potrebbe portare a un piccolo terremoto nell'industria hi-tech qualora fosse riconosciuta una spiegazione non in linea con le architetture sul mercato.