La capacità del cervello di associare stimoli ambientali a esperienze gratificanti rappresenta uno dei meccanismi fondamentali dell'apprendimento, ma quando questo sistema viene alterato può dare origine a disturbi gravi come le dipendenze, la depressione e la schizofrenia. Un gruppo di ricercatori del Georgetown University Medical Center ha ora identificato il ruolo chiave di una specifica proteina, la KCC2, nel modulare questo delicato equilibrio: quando i suoi livelli variano, l'intero sistema di apprendimento basato sulla ricompensa può rafforzarsi o indebolirsi, determinando se il cervello risponderà a segnali che promuovono comportamenti positivi o se invece consoliderà abitudini dannose, come quelle legate alla dipendenza da nicotina.
Lo studio, finanziato dai National Institutes of Health e pubblicato il 9 dicembre su Nature Communications, si inserisce in un filone di ricerca che cerca di comprendere come le sostanze d'abuso possano letteralmente "dirottare" i normali processi di apprendimento cerebrale. Alexey Ostroumov, professore assistente nel Dipartimento di Farmacologia e Fisiologia presso la Georgetown University School of Medicine e autore senior della ricerca, spiega che l'abuso di droghe può causare modifiche nella proteina KCC2, cruciale per l'apprendimento normale, interferendo con i meccanismi che permettono al cervello di collegare certi stimoli con esperienze positive o gratificanti.
Il team ha dimostrato attraverso esperimenti su tessuto cerebrale di roditori che quando i livelli di KCC2 diminuiscono, i neuroni dopaminergici aumentano la loro frequenza di scarica, favorendo la formazione di nuove associazioni legate alla ricompensa. Questi neuroni producono e rilasciano dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per la motivazione, l'elaborazione delle ricompense e il controllo motorio. La metodologia ha integrato elettrofisiologia, farmacologia, fotometria a fibra ottica, analisi comportamentali, modellazione computazionale e analisi molecolari, come sottolinea Joyce Woo, dottoranda nel laboratorio di Ostroumov e prima autrice dello studio.
Per verificare gli effetti comportamentali di queste alterazioni proteiche, i ricercatori hanno monitorato ratti durante test pavloviani classici di apprendimento associativo: un breve suono avverte gli animali che sta per arrivare un cubetto di zucchero. La scelta dei ratti invece dei topi non è casuale: questi roditori mostrano prestazioni più consistenti in compiti comportamentali complessi e prolungati, fornendo dati più stabili e informativi negli esperimenti sull'apprendimento legato alla ricompensa.
Una scoperta particolarmente rilevante riguarda il fatto che i neuroni non si limitano ad aumentare o diminuire la loro attività, ma possono coordinare i loro pattern di scarica. Quando questa coordinazione si verifica, i neuroni trasmettono informazioni in modo molto più efficace. I ricercatori hanno osservato che brevi raffiche di attività dopaminergica amplificano in modo sorprendente l'apprendimento, servendo da segnali potenti che permettono al cervello di attribuire significato alle esperienze.
Questi risultati gettano nuova luce su fenomeni quotidiani ma problematici: un fumatore che associa abitualmente il caffè del mattino alla sigaretta scopre che, anche dopo aver smesso, il semplice bere caffè scatena un forte desiderio di fumare. Ostroumov sottolinea che prevenire anche associazioni indotte da droghe relativamente benigne con situazioni o luoghi specifici, o ripristinare meccanismi di apprendimento sani, può contribuire allo sviluppo di terapie migliori per la dipendenza e disturbi correlati.
Lo studio ha inoltre esaminato come farmaci che agiscono su specifici recettori cellulari, incluse le benzodiazepine come il diazepam, possano alterare i processi di apprendimento. Ricerche precedenti avevano dimostrato che variazioni nella produzione di KCC2 modificano il modo in cui il diazepam produce i suoi effetti calmanti nel cervello. La nuova ricerca aggiunge un ulteriore livello di comprensione mostrando che il diazepam può supportare l'attività coordinata dei neuroni negli esperimenti condotti dal team.
Le implicazioni di questa scoperta si estendono ben oltre la ricerca sull'apprendimento di base. I risultati rivelano nuovi meccanismi attraverso cui il cervello regola la comunicazione tra neuroni, una comunicazione che può risultare compromessa in diversi disturbi cerebrali. La speranza dei ricercatori è che, prevenendo queste alterazioni o ripristinando la normale comunicazione quando risulta compromessa, si possano sviluppare terapie più efficaci per un'ampia gamma di patologie neurologiche e psichiatriche.