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L'occupazione romana peggiorò la salute inglese

Una ricerca bioarcheologica su 646 scheletri mostra che l’occupazione romana peggiorò salute e condizioni di vita nelle città britanniche.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 11/12/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • Una ricerca bioarcheologica su 646 scheletri rivela che l'occupazione romana causò un significativo declino nelle condizioni di salute delle popolazioni britanniche, con l'81% degli adulti urbani che presentava anomalie ossee contro il 62% dell'Età del Ferro
  • I bambini nei centri urbani romani mostravano prevalenza di rachitismo e anomalie scheletriche nel 61% dei casi, suggerendo condizioni di vita sovraffollate e insalubri con scarso accesso alla luce solare
  • L'Impero Romano creò una crescente differenziazione socioeconomica in cui i benefici delle infrastrutture e della medicina non raggiunsero equamente tutti gli strati della società conquistata

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La conquista romana della Britannia, avvenuta nel 43 d.C., ha lasciato un'eredità molto più complessa di quanto la cultura popolare – immortalata nella celebre scena del film "La vita di Brian" dei Monty Python – ci abbia tramandato. Una nuova ricerca bioarcheologica condotta su centinaia di scheletri antichi rivela infatti che l'occupazione romana comportò un significativo declino nelle condizioni di salute delle popolazioni locali, un fenomeno che persistette per diverse generazioni e che colpì in modo particolare i gruppi sociali più vulnerabili. Lo studio, che analizza resti umani provenienti da 24 siti archeologici distribuiti nell'Inghilterra meridionale e centrale, offre una prospettiva inedita sugli effetti a lungo termine dell'imperialismo romano sulla salute pubblica delle popolazioni conquistate.

Rebecca Pitt, ricercatrice presso l'Università di Reading nel Regno Unito, ha esaminato complessivamente 646 scheletri risalenti a un arco temporale che va da quattro secoli prima dell'arrivo dei Romani fino al quarto secolo d.C., quando le legioni abbandonarono definitivamente la Britannia. Il campione comprendeva 372 bambini di età inferiore ai 3,5 anni e 274 donne adulte tra i 18 e i 45 anni, una scelta metodologica precisa che permette di valutare gli effetti transgenerazionali dello stress ambientale e sociale. L'analisi combinata di madri potenziali e neonati fornisce infatti un quadro più completo delle pressioni che gravavano sulle diverse generazioni durante l'occupazione romana.

La metodologia adottata ha previsto l'esame macroscopico di ossa e denti alla ricerca di anomalie quali lesioni, fratture o alterazioni indicative di patologie come tubercolosi, osteomielite e malattie dentali. Parallelamente, l'impiego di tecniche radiografiche ha consentito di analizzare la struttura interna delle ossa, rivelando modificazioni dello sviluppo osseo causate da malnutrizione o carenze di vitamine C e D. Come sottolinea Pitt, "le esposizioni ambientali durante i periodi critici dello sviluppo precoce possono avere effetti duraturi sulla salute di un individuo", proprio come la salute materna influenza quella del nascituro.

I risultati mostrano un quadro sorprendentemente chiaro: le conseguenze negative dell'occupazione romana si concentrarono principalmente nei due centri urbani più grandi inclusi nello studio, Venta Belgarum (l'odierna Winchester) e Corinium Dobunnorum (Cirencester), entrambi centri amministrativi romani. Tra la popolazione adulta urbana di epoca romana, l'81% presentava anomalie ossee, contro il 62% degli individui dell'Età del Ferro. Al contrario, le popolazioni rurali romane non mostravano differenze statisticamente significative rispetto ai gruppi dell'Età del Ferro.

Tra i bambini, solo il 26% degli individui dell'Età del Ferro presentava anomalie scheletriche, percentuale che saliva al 41% negli insediamenti rurali romani e raggiungeva il 61% nei centri urbani romani

Particolarmente rilevante è la prevalenza del rachitismo riscontrata nei bambini dei contesti urbani romani, una patologia causata da insufficiente esposizione alla luce solare e conseguente carenza di vitamina D. "Una delle cose davvero evidenti nei bambini urbani era il rachitismo, il che significa che le persone non avevano sufficiente accesso alla vitamina D derivante dalla luce solare", evidenzia Pitt. Questo dato suggerisce condizioni di vita caratterizzate da ambienti sovraffollati e probabilmente insalubri, dove i più giovani trascorrevano gran parte del tempo in spazi chiusi o poco illuminati.

L'interpretazione dei dati proposta dalla ricercatrice identifica molteplici fattori causali interconnessi: l'introduzione di nuove malattie infettive portate dai conquistatori, l'istituzione di rigide divisioni di classe tipiche della società romana e lo sviluppo di infrastrutture urbane che, paradossalmente, crearono ambienti favorevoli alla diffusione di patogeni. Gli strati più bassi della scala sociale romana-britannica avrebbero sofferto di accesso limitato alle risorse, vivendo in condizioni di sovraffollamento e inquinamento. "Mio padre scherza sempre su 'La vita di Brian', ma i Romani ebbero un impatto piuttosto negativo sulla nostra salute, che colpì diverse generazioni", afferma Pitt con una punta di ironia.

Martin Millett dell'Università di Cambridge ritiene che il fenomeno potrebbe essere addirittura sottostimato, poiché gli individui sepolti nei siti archeologici potrebbero rappresentare le classi sociali più elevate e quindi più sane. Tuttavia, Millett propone una lettura alternativa: piuttosto che un effetto specificamente urbano, si tratterebbe di una crescente differenziazione socioeconomica. "Questi centri urbani non sono enormi città medievali con povertà estrema e densità elevate", osserva. "Ciò che potremmo osservare è una crescente differenziazione tra ricchi e poveri. L'Impero Romano aveva un sistema economico e sociale che faceva aumentare progressivamente il divario tra ricchi e poveri".

Richard Madgwick dell'Università di Cardiff sottolinea come l'eredità romana non abbia beneficiato tutti allo stesso modo: "Una maggiore igiene, sanità e competenze mediche c'erano, ma l'accesso a esse? Questa è una questione completamente diversa. La realtà è che non tutti ne beneficiarono e ci volle del tempo perché queste risorse si diffondessero ai diversi strati della società". La ricerca evidenzia dunque come i progressi tecnologici e amministrativi dell'impero, spesso celebrati nella storiografia tradizionale, abbiano in realtà prodotto effetti diseguali e persino dannosi per ampie fasce della popolazione conquistata, un monito sulla complessità delle valutazioni storiche che trascende la semplice dicotomia tra civiltà e barbarie.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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