Brave vs Google, il browser prende posizione contro lo standard AMP

Il browser Brave ha introdotto De-Amp, una funzionalità che permetterà agli utenti di bypassare il caricamento delle pagine AMP.

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a cura di Francesca Fenaroli

Il browser Brave ha introdotto negli scorsi giorni De-Amp, una funzionalità che permetterà agli utenti di bypassare le pagine Web in formato AMP (Accelerated Mobile Pages), reindirizzando ove necessario all'URL originale.

Il team a capo delle attività relative alla privacy di Brave ha motivato questa decisione con capi d'accusa pesanti rivolti direttamente all'azienda di Mountain View in un post della rubrica ricorrente dedicata alle funzionalità di sicurezza del browser:

"AMP danneggia la privacy degli utenti, la sicurezza e l'esperienza internet e, cosa altrettanto grave, AMP aiuta Google a monopolizzare ulteriormente e controllare la direzione che il Web prende".

L'introduzione di De-Amp non è che l'ultimo capitolo della battaglia portata avanti da Brave, browser indipendente basato sul web core Chromium che fa dell'attenzione alla privacy e della "protezione da Google e dalle Big Tech" il suo motto. Già l'anno scorso il browser aveva sostituito Google con il motore di ricerca proprietario Brave Searchprivato, indipendente e trasparente.

D'altro canto nel corso degli anni non è mancata una pluralità di voci contrarie, o quantomeno critiche, alla pervasività degli interessi di Google nella progettazione e nel ranking delle pagine Web ottimizzate AMP, che hanno portato a vittorie parziali e questioni rimaste tutt'ora aperte.

In cosa consiste esattamente il formato AMP e quali sono le ragioni della scelta di Brave? Scopriamolo insieme.

Cos'è AMP e come funziona?

Annunciato a fine 2015 e implementato nei risultati di ricerca globali nel 2016, il formato AMP (Accelerated Mobile Pages) è stato creato da Google con l'obiettivo di ottimizzare, come suggerisce il nome, i tempi di caricamento e la visualizzazione delle pagine Web da dispositivi mobili.

Il secondo egli obiettivi di Google tuttavia era la volontà di superare la concorrenza nel settore delle notizie istantanee rappresentata in quegli anni da Facebook News e Apple News. Grazie ad AMP Google ha sorpassato ben presto i suoi avversari mostrando inizialmente le pagine AMP nella sezione di snippet "Top Stories", per poi approdare nei risultati di ricerca organici già a partire dal 2016.

Fin da subito il progetto AMP è stato amplificato dalla partnership con diversi servizi e aziende come Twitter, LinkedIn e WordPress (per quest'ultimo esiste a partire dal 2018 un plug-in ufficiale), ma nonostante questa apparente neutralità questo formato fa ampio affidamento lato server sulla cache di Google.

Dal punto di vista tecnico infatti AMP è un framework di creazione di pagine Web ottimizzate per i dispositivi mobile che si suddivide in tre componenti:

  • AMP HTML: linguaggio di mark-up basato su HTML con proprietà e tag personalizzate per AMP;
  • AMP JS: framework JavaScript che gestisce il caricamento asincrono delle risorse della pagina;
  • AMP CDN (Content Delivery Network): cache che ottimizza il caricamento dei contenuti. La cache Google resta la più utilizzata, ma anche aziende come Microsoft e CloudFlare ne possiedono una.

Luci e ombre del formato AMP

Grazie alla combinazione degli elementi che compongono il framework le pagine in formato AMP presentano un evidente vantaggio rispetto alla loro controparte standard nella velocità di caricamento su smartphone e altri dispositivi mobili.

A ciò si aggiunge la possibilità di migliorare il proprio ranking nei risultati di ricerca e in Google News: sebbene di per sé il formato AMP non sia un vero e proprio parametro SEO, Google tende a privilegiare le pagine che si caricano più velocemente e la presenza di un link nelle sezioni dedicate alle notizie aumenta indirettamente il volume di traffico effettuato sul sito Web in cui è contenuto e le relative conversioni.

Le controversie sorte intorno al formato AMP fin dalla sua introduzione si concentrano invece proprio sulla cache di Google, che almeno inizialmente costituiva l'unica opzione per il preloading delle pagine.

Da subito professionisti del settore e compagnie indipendenti dalle aziende Big Tech hanno accusato il motore di ricerca di voler stabilire un monopolio sull'uso del Web nel senso più esteso del termine, con una serie di richieste culminate a inizio 2018 in una lettera aperta firmata da più di 600 developer e attivisti del mondo digitale:

"Siamo una comunità di individui che hanno un interesse significativo nello sviluppo e nella salute del World Wide Web ("il Web"), e siamo profondamente preoccupati per Accelerated Mobile Pages ("AMP"), un progetto di Google che avrebbe l'obiettivo di migliorare l'esperienza degli utenti del Web.In realtà, AMP mantiene gli utenti all'interno del dominio di Google e devia il traffico da altri siti web a beneficio di Google. Su una scala di miliardi di utenti, questo ha l'effetto di rafforzare ulteriormente il dominio di Google sul web".

Dal punto di vista legale invece la Commissione Europea ha accusato più volte Google di violazione delle norme antitrust. Una risoluzione parziale a queste tensioni ha avuto luogo a fine 2018, quando Google ha aperto la strada ad altre aziende per il servizio di cache AMP e ha mantenuto il nome del sito Web di riferimento anziché un indirizzo google.com nella visualizzazione delle pagine.

Si tratta comunque, almeno per il team privacy del browser Brave, di provvedimenti che non bastano a mitigare l'oligopolio che Google continua a detenere su questa fetta del Web: a poco varranno gli sforzi del cosiddetto "AMP 2.0", un formato basato su WebBundles al momento in fase di progettazione.

Non da ultimo, l'evoluzione dei dispositivi e l'ottimizzazione delle pagine Web hanno assottigliato di molto i vantaggi apportati da AMP in termini di usabilità, al punto che la velocità di caricamento della versione standard risulta talvolta minore rispetto a quella "accelerata" dalla cache di Google.

Come funziona Brave De-AMP?

Se una volta approfonditi i vantaggi e gli svantaggi di AMP avete deciso di sostenere Brave, potete fare affidamento sulla funzionalità De-Amp, che vi "proteggerà" dal caricamento delle pagine in questo formato agendo su tre livelli:

  1. Inserendo nei risultati di ricerca le versioni standard delle pagine anziché quelle AMP;
  2. Intercettando il codice HTML corrispondente ad AMP e ricaricando la pagina nella sua versione standard;
  3. Aggiungendo, nel prossimo futuro, una funzionalità di auto-redirect alle sue impostazioni di debouncing.

De-AMP è disponibile da oggi nelle versioni Nightly e Beta del browser Brave e sarà abilitato di default nelle prossime versioni 1.38 Desktop e Android; seguirà presto a ruota la release per iOS.