Viviamo circondati da device smart; da decine di display che, alle prime luci dell'alba, si accendono assieme al sole per darci il buongiorno. Abbiamo smartphone pronti ad avvisarci su tutto, cuffie che eliminano i rumori circostanti mentre ci leggono le notifiche, auto che si connettono al nostro calendario, interi appartamenti che si "accendono" autonomamente quando siamo a pochi metri da casa e display di tablet che hanno sostituito sempre di più la carta stampata.
Eppure, fra tutti questi dispositivi che scandiscono la nostra quotidianità, uno in particolare si è ritagliato uno spazio sempre maggiore fra gli utenti: lo smartwatch.
Quel dispositivo che, nel corso dell'ultimo decennio, ha conquistato il ruolo di compagno di vita: sempre al polso, sempre con noi, sempre pronto a mostrarci l’ora ma anche a interpretare il nostro battito cardiaco, a guidarci su un sentiero che non conoscete, a rendere immediato il pagamento dei conti, a farci sapere chi ci scrive evitando di sfilare dalla tasca il nostro smartphone costantemente e a ricordarci quando è il momento di fermarci un secondo per respirare.
Nel 2025 lo smartwatch non è più un semplice "gadget futuristico", ma è un’estensione del nostro corpo e della nostra vita. Proprio per questo non può permettersi di tradirci.
Il problema degli smartwatch
Non può lasciarci scoperti quando ne abbiamo più bisogno, non può chiederci ogni sera di collegarlo al caricatore (facendoci magari rinunciare al monitoraggio del nostro sonno) e non può nemmeno chiederci dei compromessi eccessivi per garantirci un'autonomia corretta.
La chiave di volta, oggi, non è più rappresentata dall'enorme numero di sensori, dal vasto bacino di funzioni o da una ricercatezza esasperata di materiali nobili, ma nella continuità con cui tutto questo ci accompagna.
Uno smartwatch deve offrire tre cose fondamentali: affidabilità, precisione e continuità. L’affidabilità nasce, ovviamente, dai materiali e dalla costruzione, dalla certezza che il vetro e il metallo resisteranno all’uso quotidiano; che i cinturini resteranno confortevoli anche dopo ore di allenamento.
La precisione deriva da quella sapiente mescola di antenne, algoritmi e sensori capaci di trasformare dati grezzi in informazioni vitali per l'utente, mentre la continuità è l'aspetto più importante: ovvero la capacità di permettere a tutta questa tecnologia di accompagnarci per giorni e giorni, senza costringerci a tediosi rituali quotidiani di ricarica.
Pensateci un attimo... quante volte avete interrotto una corsa perché lo smartwatch vi ha segnalato di esser entrato in modalità "risparmio energetico" perché vi siete dimenticati di caricarlo mentre facevate colazione?
Quante volte avete rinunciato a una notte di monitoraggio del sonno perché preferivate non perdervi alcuna notifica il giorno seguente? O peggio, quante volte avete semplicemente dimenticato di riprendere il vostro smartwatch dal caricabatterie, rendendovi conto solo in seguito che quella continua necessità di gestirne l'autonomia stava diventando un altro, tedioso, "appuntamento in agenda"?
Non avete idea di quanti utenti, dopo l'euforia iniziale data dal possedere un nuovo smartwatch, si dimenticano di usarlo proprio in virtù di quella tediosa microgestione dell'autonomia, arrivando al punto da considerarla una "tecnologia acerba" e rivenderlo.
Nel corso degli ultimi dieci anni, difatti, i produttori di smartwatch hanno inseguito nuove metriche, integrato algoritmi più intelligenti, aggiunto funzioni sempre più avanzate, ma pochissimi hanno ottenuto dei traguardi significativi in termini di autonomia.
Non fraintendeteci: il progresso del settore dei wearable è tutt'oggi entusiasmante, ma senza una batteria all’altezza, tutto questo impegno rischia di svanire.
Chi ne possiede uno lo sa bene, non basta avere un elenco infinito di opzioni, se poi bisogna usarle con parsimonia, con il timore costante di rimanere a secco. Allo stesso tempo, risulta un enorme compromesso trovare uno smartwatch con un'autonomia stellare ma circoscritto a specifici utilizzi.
Sono numerosi gli smartwatch là fuori che, in virtù di una batteria capace di durare un'infinità, hanno optato per dei pesanti compromessi, circoscrivendo l'esperienza finale a una manciata di utilizzi specifici.
Per questo l’autonomia è diventata il vero campo di battaglia degli smartwatch nel 2025. Non è più solo un dato tecnico, ma è la misura della fiducia che l'utente può riporre in un prodotto. È inutile trovarsi con un dispositivo costoso, perfettamente integrato nel proprio ecosistema tecnologico, dal design accattivante, che però richiede di essere caricato, nella migliore delle ipotesi, ogni 72 ore.
La risposta di Huawei
Proprio per questo motivo, Huawei ha scelto di offrire una soluzione al problema con il suo nuovo Watch GT 6 Pro: non un compromesso, ma una dichiarazione di intenti a un intero settore.
Il Watch GT 6 Pro vi chiede semplicemente di indossarlo e di "dimenticarvi di lui". Tre settimane di utilizzo quotidiano, quaranta ore di GPS continuo, una gestione intelligente dell’energia, che non chiede alcun sacrificio e, soprattutto, nessun compromesso ingombrante.
Huawei ha voluto dimostrare all'intero settore che la promessa di un'autonomia migliore non deve più essere solo un numero da mostrare in una presentazione, e poi soggetto a mille variabili, ma una realtà concreta.
È bastata una settimana assieme a Huawei GT 6 Pro per capire quanto uno smartwatch performante liberi dall'ansia. Abbiamo potuto affrontare diversi viaggi di lavoro tenendolo al polso giorno e notte, senza dover pensare al caricabatterie e senza rinunciare ad alcuna caratteristica presente in uno smartwatch di fascia alta.
È proprio qui che Huawei ha dimostrato di aver centrato in pieno l'obiettivo. Con il GT 6 Pro non ha creato semplicemente uno smartwatch con un'autonomia incredibile, ma ha realizzato un device "adatto a tutti".
Il GT 6 Pro presenta materiali premium, un display incredibilmente luminoso (e realmente leggibile ovunque), funzioni avanzate per sport e salute, uno dei migliori GPS attualmente in commercio, un design che non impone forme da "rugged" e tutto questo in un dispositivo che dura 21 giorni usandolo senza pensieri.
Per gli sportivi questa può essere una vera e propria svolta. Dall'affrontare escursioni di giorni, fino allo spostarsi un un'altra città per svolgere una competizione, senza doversi preoccupare di caricabatterie, autonomia e tutto quel corollario di accortezze date da altri smartwatch, potrebbe essere un vero e proprio toccasana.
E se state già dicendo: "Eh ma io non sono uno sportivo". Non pensate che si tratti di un discorso valido solo per quella specifica tipologia di utenti. Il design di Huawei GT 6 Pro è elegante e leggero e risulta perfetto per un utilizzo quotidiano.
Motivo per il quale, ricevere notifiche, rispondere a mail, pagare un conto, avere al polso una carta d'imbarco, monitorare la propria salute e compiere tutte quelle azioni per le quali si acquista uno smartwatch pur non essendo degli atleti, ora si possono svolgere in estrema tranquillità, senza caricabatterie sempre con sé e senza quella certezza di "rimanere a piedi prima o poi".
Una dichiarazione d'intenti per il settore
E quando sosteniamo che Huawei ha ottenuto questo risultato senza scendere a compromessi, non lo diciamo con leggerezza. Display AMOLED da 1,47 pollici con una luminosità massima di 3000 NIT, cassa in titanio, vetro zaffiro a proteggere lo schermo, sistema di posizionamento Sunflower (basato sulla tecnologia di convergenza 3D dei segnali satellitari), analisi ECG, monitoraggio continuo dell’HRV, rilevamento delle cadute e persino un sistema proprietario, chiamato TruSense, che consente addirittura di rilevare, tramite i parametri monitorati dallo smartwatch, dodici stati emotivi differenti.
Non vi basta? Huawei GT 6 Pro è pienamente compatibile con Android e iOS, in entrambi i casi tramite l'app proprietaria Huawei Health, e per tutti quegli utenti che richiedono costantemente un'integrazione con Apple Fitness, l'applicazione di Huawei si integra con quella "made in Cupertino", trasmettendone i dati e sincronizzando i risultati dell'utente.
Huawei, infine, ha riposto parecchia cura nel realizzare un design che si adattasse a tutta l'utenza, evitando quelle linee "tipiche dei rugged" che in molti contesti tendono ad allontanare una determinata fascia di persone.
Il GT 6 Pro, difatti, presenta un bezel leggermente rialzato rispetto ai modelli precedenti per garantirgli un piglio maggiormente sportivo, ma le linee eleganti, le cornici ridotte dello schermo e, soprattutto, la varietà di colorazioni (titanio naturale o nero) e cinturini (fluoroelastomero, titanio e tessuto intrecciato) permettono di cucirlo in base al proprio stile e alle proprie esigenze.
L'aspetto più sorprendente del GT6 Pro, però, potrebbe non risiedere nell'autonomia estrema o nella quasi totale assenza di compromessi, ma nel suo prezzo di listino, visto che viene venduto a 379€ nelle varianti con cinturino in tessuto, o in fluoroelastometro, e a 499€ se si opta per il cinturino in titanio. Come è giusto che sia, è ancora più accessibile economicamente il Watch GT6 normale, con il modello da 41 mm proposto a 249€, mentre quello da 46 mm a 279€.
Un prezzo che stupisce per la sua aggressività, specialmente in un mercato dove molte di queste caratteristiche fanno lievitare il costo finale. E c'è di più, con i coupon "ATOMSGT670" e "ATOMSGT650" potete risparmiare subito 70€ e 50€, rispettivamente sul GT6 Pro e GT6 normale.
Il futuro, forse, ci racconterà una storia diversa, magari vedremo smartwatch che gestiranno la batteria in maniera sempre più efficiente, con sensori che si attiveranno autonomamente solo quando necessario, schermi che si adatteranno sempre più alle situazioni e sistemi operativi sempre più orientati a integrarsi alle scelte dell'utente in termini di smartphone, ma al momento Huawei ha tracciato un solco che non può essere ignorato dai comeptitor.
Il GT 6 Pro non è solo un ottimo smartwatch ma, come dicevamo in apertura, è una vera e propria dichiarazione di intenti, forse non perfetta in ogni sua sfaccettatura, ma capace di scuotere le fondamenta di un mercato che continua a guardare nella direzione sbagliata, offrendo compromessi, prima che soluzioni.