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Recensione
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Another Code: Recollection | Recensione

Another Code: Recollection è una coppia di remake svolta con estremo amore ma che si scontra con alcuni compromessi necessari per renderla odierna.

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Avatar di Andrea Maiellano

a cura di Andrea Maiellano

Author

Pubblicato il 18/01/2024 alle 13:00
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  • Pro
    • Remake svolto con estremo amore
    • La storia di Ashley riesce ancora oggi a commuovere
    • Due ottime avventure grafiche rivedute e corrette in maniera soprendente
  • Contro
    • Molti enigmi e situazioni di gameplay hanno perso smalto in seguito al cambio di console
    • Alcune parti di trama continuano a risultare prolisse e puramente riempitive

Il verdetto di Tom's Hardware

7.5
Another Code: Recollection è un’operazione concettualmente svolta con tutti i crismi e che mostra come dovrebbe essere realizzato un remake. Dei due giochi originali rimangono solo la storia, i protagonisti e alcuni enigmi, un cambiamento tanto radicale quanto necessario per far giungere la storia di Ashley nelle mani dei giocatori di oggi. Laddove però, il lavoro degli sviluppatori in termini di ricostruzione risulta encomiabile, lo stesso non si può dire per il riadattamento di alcune soluzioni narrative, e di gameplay, che si sono dovute confrontare con i compromessi necessari per trasporre due giochi nati, rispettivamente, su Nintendo DS e Wii. Another Code: Recollection è una raccolta molto valida, capace di far fare un tuffo nel passato ai giocatori meno giovani, di proporre due avventure grafiche di qualità ai giocatori odierni e, soprattutto, di aprire la strada a un eventuale terzo capitolo, il quale siamo certi che, non dovendo sottostare ad alcuna regola imposta dal passato, potrà mostrare l’amore che la software house prova nei confronti di Ashley. Se siete amanti delle avventure grafiche dalla narrazione eterea e che toccano tematiche adolescenziali, dategli una chance, non rimarrete delusi.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Another Code: Recollection

Another Code: Recollection

€ 39.99 su Amazon

Un aspetto che ho sempre apprezzato di Nintendo è che la sua visione aziendale le ha sempre permesso di osare, rischiando nel proporre produzioni che, fin dal loro annuncio, profumano già di “giochi di nicchia”, pensati per nostalgici, e amanti di uno specifico genere, ma non per questo meritevoli di essere dimenticati.

Una visione che non è mai mancata nemmeno nei tempi bui di Wii U, ma che attualmente, con oltre cento milioni di Nintendo Switch vendute globalmente, è letteralmente esplosa, regalando ai giocatori una libreria di titoli esclusivi che definire varia sarebbe riduttivo.

Ve ne parlai già ai tempi dell’uscita di Advance Wars 1+2 Reboot, un remake che sorprese non tanto per la qualità dei giochi, tutt’ora validissimi, quanto più per il fatto che Nintendo ignorò completamente il fatto che una coppia di titoli così vecchi e di nicchia potesse risultare attraente per una piccola percentuale di giocatori, e si dilettò nel renderli nuovamente disponibili a tutti, nella forma migliore possibile. 

Oggi tocca ad Another Code, un’IP nata nel 2005 per enfatizzare le funzionalità esclusive del Nintendo DS, rendendo allo stesso tempo nuovamente attuale il genere delle avventure grafiche, e che riuscì a entrare nel cuore di migliaia di giocatori.

Un’IP che, però, non ebbe vita facile, visto che Cing, la software house alle spalle della serie Another Code, di Hotel Dusk: Room 215 e di un’altra manciata di titoli molto meritevoli usciti su Nintendo DS, fallì nel 2010, in seguito a un’emorragia economica, oramai impossibile da contenere.

Il fallimento di Cing, però, non segnò la fine delle sue IP, le quali vennero recuperate per la maggior parte da Nintendo che, ancora oggi, ne custodisce gelosamente i diritti in attesa di trovare il modo migliore per restituirle ai giocatori.

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Another Code: Recollection

Come vi accennavo poc’anzi, con oltre cento milioni di Nintendo Switch vendute in tutto il mondo, perché non dedicarsi a un recupero di IP che, in un modo o nell’altro, segnarono dei capitoli importanti della storia delle varie console del Colosso di Kyoto, affiancandole alle esclusive più importanti in maniera tale da rendere sempre più vario il catalogo di titoli first party e, allo stesso tempo, fare leva sul cuore dei nostalgici?

Another Code: Recollection è un chiaro esempio di questa visione, oltre a essere un parziale lieto fine per Cing, il cui team dirottò dopo il fallimento presso Arc System Works, la software house a cui è stato commissionato questo remake. 

Un remake molto intelligente sotto numerosi aspetti e che riesce, grazie alle numerose migliorie apportate, a prendere il meglio dei due titoli e a fonderli in un’esperienza unica, continuativa e, per certi versi, migliore dell’originale.

Sia chiaro non si tratta di un prodotto per tutti e, per quanto le migliorie apportate siano tante, sono anche numerosi i compromessi che sono stati necessari per ricostruire i due capitoli di Another Code su una console così differente dalle due che ospitarono i giochi originali.

Eh si, perché laddove Another Code: Two Memories fu rilasciato su Nintendo DS nel 2005, Another Code: R, arrivò solo nel 2009 su Wii, proponendo una produzione parecchio diversa dall’originale e che si rivelò indubbiamente divisiva per i numerosi cambiamenti apportati al gameplay.

Another Code: Two Memories era un’avventura grafico di matrice puramente “punta e clicca”, la quale sfruttava ampiamente il pennino, il touch screen e il doppio schermo di Nintendo DS, per garantire un’esperienza varia e ricca di idee interessanti, i cui punti deboli erano un’eccessiva semplicità dei puzzle e una longevità molto breve.

Another Code: R, invece, pur rimanendo un’avventura grafica, rinunciava a tutte le funzionalità del Nintendo DS, per abbracciare il sistema di controllo caratteristico di Nintendo Wii. La visuale passò in terza persona ma la protagonista non poteva muoversi liberamente, potendosi spostare esclusivamente attraverso dei “binari” imposti, i puzzle game sfruttavano il Wiimote ma si mostravano, nuovamente, molto semplici nella loro risoluzione e, in linea di massima, l’intero gioco sembrava più essere una visual novel, poco interattiva, che un’avventura grafica.

Con due prodotti così diversi per quanto riguarda il gameplay, ma altresì così connessi fra loro in termini di narrazione, la soluzione migliore per Arc System Works è stata quella di fare tabula rasa, salvare storia, protagonisti ed enigmi, e ripartire da zero. 

Another Code: Recollection, difatti, non permette di scegliere liberamente da quale capitolo iniziare a giocare, ma li fonde in un’unica storia suddivisa in due “macro-atti”. Solo una volta portato a termine Another Code: Two Memories si potrà accedere a Another Code: R.

Questa soluzione funziona molto bene e, oltre ad evitare il rischio ai nuovi giocatori di anticiparsi aspetti importanti della trama “saltellando” da un gioco all’altro, riesce a offrire una continuità, per certi versi, inedita alle avventure di Ashley Mizuki Robins e a restituire una longevità maggiore al tutto, proprio in virtù dell’aver “fuso parzialmente” le due avventure.

Una continuità che si presenta imponente anche nello stile grafico e nelle modifiche al gameplay. Another Code: Recollection, difatti, riscrive completamente il gameplay di entrambi i titoli, proponendo una coppia di avventure grafiche dove la protagonista può muoversi liberamente fra gli ambienti tridimensionali per indagare, analizzare gli elementi presenti nei vari luoghi, risolvere enigmi e, ovviamente, parlare con i vari personaggi.

Un cambiamento radicale che stravolge sia il gameplay visto su Nintendo DS con il primo capitolo, che quello proposto dal secondo episodio su Wii, riuscendo a offrire un’esperienza molto più coerente, quando paragonata alle proposte odierne di software house quali DON’T NOD.

Uno stravolgimento che, però, presenta tante luci quante ombre. Da un lato, difatti, ci troviamo di fronte a un secondo capitolo molto più convincente rispetto al passato, capace di farsi riscoprire in positivo da chi non lo apprezzò nel 2009, mentre dall’altro versante il primo Another Code risulta meno “innovativo” e più allineato alle avventure grafiche di stampo moderno. Un compromesso inevitabile considerando l’assenza dei due schermi e la necessità di Arc System Works di rendere il titolo fruibile su qualsiasi modello di Nintendo Switch presente in commercio, sia in mobilità che collegata a uno schermo.

Un compromesso che si riflette anche nella gestione dei puzzle, molti dei quali rivisitati completamente non solo per renderli leggermente più complessi ma, soprattutto, per adattarli all’attuale ammiraglia di Nintendo. Niente di invalidante, ma molteplici enigmi presenti nel capitolo originale, una volta spogliati di touchscreen (si non sono presenti i comandi touch), pennino e riadattati per esser fruiti attraverso un controller tradizionale e il giroscopio, risultano molto meno “brillanti” rispetto al passato.

Al netto di questo “importante” compromesso, il quale risulterà maggiormente evidente a chi giocò alla serie agli inizi degli anni 2000 (e che presumibilmente sarà anche il pubblico di riferimento di questa raccolta), Another Code: Recollection si presenta in forma smagliante.

Comparto grafico rifatto da zero, modelli poligonali ben realizzati e con animazioni tutto sommato convincenti, direzione artistica che si rifà al genere degli Shoujo, dialoghi riadattati per risultare più coerenti, e “leggermente” meno prolissi che in passato, e, ovviamente, cinematiche e colonna sonora ricreate da zero per questa raccolta.

Insomma un lavoro tecnicamente ben realizzato, poco incline a sbavature e i cui reali punti deboli risiedono nelle problematiche che affliggevano i titoli originali e in alcune soluzioni che, per quanto riadattate per gli standard odierni, risultano figlie di un’altra epoca.

La storia di Ashley 

Another Code: Recollection racconta la storia della tredicenne Ashley, la quale, dopo aver ricevuto una lettera dal padre che credeva morto, parte assieme alla zia che la prese in custodia, per raggiungere la remota isola di Blood Edward in cerca di risposte. Arrivata a destinazione, incontrerà un misterioso fantasma chiamato D e si ritroverà all’interno di una villa piena di rompicapi e misteri.

Un’incipit molto basico ma che, per via della sua narrazione eterea, e del suo delicato character design, mi ha fatto notare, una volta di più, quanto DON’T NOD si sia ispirata all’opera di Cing per il suo Life Is Strange. 

Il gameplay è molto basico, si esplorano le varie ambientazioni alla ricerca di indizi, si sfrutta il DAS (un dispositivo che permette di scattare fotografie e analizzare le prove raccolte fino a quel momento) per fare mente locale, si risolvono rompicapi di varia tipologia e si dialoga con tutti i personaggi presenti, cercando di discutere di ogni argomento possibile per collezionare il numero maggiore di indizi. 

Insomma delle meccaniche molto statiche, compassate e indirizzate ai giocatori che preferiscono la lettura all’azione, vista la mole di testi a schermo che si pareranno davanti al giocatore nelle, circa, dodici ore richieste per portare a termine tutto (leggermente di più per chi non avesse mai messo mano ai giochi originali).

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Come vi accennavo poc’anzi, non tutti gli enigmi risultano brillanti, alcuni propongono soluzioni leggermente banali, altri vengono indeboliti da un implementazione del giroscopio non sempre precisa, mentre altri ancora propongono soluzioni poco sensate. Al netto di queste incertezze, però, tutti i puzzle riescono nell’intento di variare le dinamiche del gioco, riuscendo nell’intento di impegnare il giocatore.

Un altro punto debole risiede in alcune soluzioni di trama, specialmente di Another Code: R, le quali, per quanto pesantemente riscritte, continuano a risultare superflue ai fini ultimi della trama, dando l’idea di essere dei meri riempitivi atti ad allungare inutilmente il comparto narrativo. Bisogna però elogiare Arc System Works per essere riuscita a rendere molto più coerente, e convincente, la storia del secondo capitolo, la quale si mostra molto meno debole rispetto al 2009. 

Resta comunque un’operazione globalmente convincente e svolta con estremo rispetto nei confronti del materiale originale, la quale potrebbe tranquillamente fare da apripista per quel terzo capitolo mai realizzato da Cing, ma che potrebbe finalmente vedere la luce grazie al lavoro svolto da Arc System Works.

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