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Iron Harvest | Recensione, la bellezza della guerra

Iron Harvest ci trasporta direttamente in un distopico 1920 colmo di mech e fascino. Scoprite l'RTS di King Art Games nella nostra recensione.

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Avatar di Giacomo Todeschini

a cura di Giacomo Todeschini

Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 31/08/2020 alle 14:00 - Aggiornato il 18/10/2023 alle 19:57
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  • Pro
    • Stilisticamente è una meraviglia
    • Scontri fisici come non mai
    • Campagna di livello
  • Contro
    • Alcune meccaniche troppo semplificate
    • IA da rivedere

Il verdetto di Tom's Hardware

8
Iron Harvest è un'opera fragorosa, in grado come poche di restituire la fisicità della guerra. Ogni singola scaramuccia, ogni singola spedizione è nel titolo di King Art Games uno spettacolo per gli occhi, in grado di rendere giustizia all'immaginario creato da Jakub Rozalsk. Dinnanzi a tali battaglie, sia belle da vedere che divertenti da giocare, Iron Harvest si va però a perdere in qualche meccanica troppo poco approfondita, forse sacrificata sull'altare di quelle versioni console che vedremo solamente l'anno prossimo. Nonostante tali incertezza, Iron Harvest è un titolo che nessun appassionato di strategici dovrebbe sottovalutare, nonché una produzione dalle grandi qualità di fondo. Caricate i cannoni e preparate i mech: c'è una battaglia da combattere!

Informazioni sul prodotto

Quando ci si imbatte in un’opera di Jakub Rozalsk non si può fare a meno di rimanere a bocca aperta, sbalorditi sia dalla bellezza del tratto dell’artista che da quanto rappresentato all’interno di essa. L’artista polacco, tra i suoi innumerevoli lavori, si è dilettato su una lunga serie di illustrazioni con in comune la medesima ambientazione, ossia un alternativo e splendido post Grande Guerra dalle tematiche squisitamente diesel-punk. L’Europa del 1920 nell’immaginario di Rozalsk è infatti una landa contrastante, dove enormi e devastanti mech ingaggiano battaglie con la cavalleria in paesaggi rurali e dal sapore anacronistico. Un setting irresistibile, da cui è nato anche il celebre gioco da tavolo Scythe, che ora arriva finalmente su PC con Iron Harvest 1920+, ossia con una delle nuove IP più promettenti del genere da qualche anno a questa parte.

Se siete dei possessori di Xbox One o PS4, purtroppo ci sarà da attendere ancora un po’. L’ultima fatica di King Art Games arriverà infatti sulle vostre piattaforme di gioco solamente nel corso del 2021. Bando però ora alle ciance e immergiamoci in quello che è l'ammaliante mondo di Iron Harvest 1920+.

Abbiamo recensito il gioco con il seguente PC:
  • GPU: RTX 2070 Gigabyte
  • MOBO: Asus ROG STRIX Z370-F
  • RAM: G.Skill Trident Z RGB 16GB DDR4 3200MHz
  • CPU: Intel i5 8600k
  • SSD: Sabrent SSD 2TB Rocket NVMe PCIe M.2 2280
  • Tastiera: Corsair K70 LUX LED Rosso Cherry MX Brown
  • Mouse: Fnatic Flick 2
  • Cuffie: Logitech G930
  • Monitor: Samsung C27HG 70 Quad HD 144Hz HDR

Tre fazioni in guerra

In Iron Harvest sono tre le fazioni su cui potremo mettere le mani e prendono il nome rispettivamente di Polania, Sassonia e Rusviet. Scegliendo di prendere le parti della Polania ci ritroveremo tutta una serie di unità dedite al combattimento a distanza e alle azioni di gioco veloci, dotate di scarsi punti vita ma dal recupero celere. Il tutto unito a degli edifici con un costo maggiormente ridotto rispetto alla concorrenza, che rendono la Polania la fazione perfetta per uno stile di gioco mordi e fuggi. La Sassonia è invece una civiltà diametralmente opposta, dai ritmi lenti e compassati ma dall’incredibile potenza di fuoco. Una macchina bellica che tarda a carburare, ma che una volta entrata a pieni giri è in grado di rivelarsi una spina nel fianco anche per il più navigato degli strateghi. I Rusviet, infine, si assestano nel mezzo, dando il meglio di sé negli scontri ravvicinati e proponendosi come la fazione più adeguata a dare filo da torcere a nemici arroccati nelle proprie postazioni.

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Sebbene King Art Games si sia quindi limitata a tre soli fazioni per il proprio Iron Harvest, è innegabile come sia riuscita a inglobare in esse tre differenti stili di gioco, andando così a comporre un piatto magari non troppo ricco sul piano contenutistico, ma sicuramente efficace e, alla fine dei conti, tutto sommato anche equilibrato.

La peculiare scacchiera pianificata dallo studio tedesco è protagonista anche di ben tre differenti campagne, una per ognuna delle diverse fazioni in gioco. A rendere particolarmente intrigante tale componente narrativa, che si fregia di una sinossi discretamente interessante e di quest sempre diverse e accattivanti, è poi il fatto che è dotata di tutta una serie di cinematic dedicate e non ricavate meramente dal motore di gioco. Purtroppo, almeno nel corso della nostra prova, tali filmati erano sgranati e in bassa risoluzione. Tralasciando per un attimo tale aspetto, che probabilmente verrà sistemato in fase di lancio, è innegabile come King Art Games abbia investito parecchio su tale fronte, garantendo un quid non indifferente a tale ricca modalità.

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La scacchiera tattica di Iron Harvest

Spostandoci ora sul gameplay, Iron Harvest 1920+ propone un’esperienza dalle due anime. Da una parte l’opera di King Art Games riesce infatti ad offrire degli scontri fisici come non mai, con i mech che sconquassano letteralmente il terreno di gioco e le truppe avversarie riducendole a brandelli. Vedere un enorme carrarmato passare in mezzo a un edificio, demolendolo completamente, per andare a gettarsi in battaglia è un qualcosa di incredibile e a rendere il tutto ancor più irrinunciabile è un comparto sonoro con i controfiocchi, in grado di rendere onore ad ogni singolo colpo di cannone. La presenza di truppe di ogni tipo, dotate di punti di forza e debolezza, attacchi speciali e le più disparate statistiche, rende poi il tutto più dinamico e gli scontri in Iron Harvest si traducono spesso e volentieri in bellissime danze della morte, dove due o più strateghi si danno battaglia, spostando le proprie pedine per ghermire nel proprio giogo l’avversario. Quasi mai degli scontri dal respiro all'apparenza così ridotto, si parla infatti di qualche decina di unità contemporaneamente sullo schermo al massimo, avevano saputo rapirci in tal modo, coniugando sapientemente insieme tatticismi e cinematograficità dei combattimenti.

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King Art Games ha poi deciso di inondare Iron Harvest di una serie di idee niente male, che per quanto già viste altrove, riescono a dare diversi spunti decisamente interessanti a livello di gameplay. Nel bel mezzo dei campi di battaglia del titolo, che spaziano dalla classica città di inizio ‘900 fino ad arrivare a gelide steppe, passando per ambientazioni rurali, si trovano infatti tutta una serie di differenti casse. All’interno di esse è possibile sia trovare risorse, che in Iron Harvest sono ridotte al solo petrolio e metallo, cure o, ancora, armi. La fanteria del titolo può infatti a proprio piacimento, grazie a questi item, cambiare completamente veste nel bel mezzo della partita, passando da granatieri a genieri o, ancora, da fucilieri a medici: il tutto in base all'esigenza del momento. Sempre tra le lande di gioco è poi possibile trovare anche vari strumenti di artiglieria, che possono essere catturati e utilizzati tramite sempre le medesime unità a terra.

Non manca poi la possibilità di presidiare qualche edificio, che ricordiamo però essere particolarmente fragili dinnanzi all'incessante moto dei mech più imponenti, o dietro qualche copertura per difendersi dal fuoco nemico. Per quanto interessante, però, la meccanica delle coperture non funziona benissimo in Iron Harvest e più di una volta ci siamo trovati a imprecare per qualche nostra truppa posizionatasi sul lato nemico della palizzata o perplessi di fronte a qualche confusa manovra avversaria, con i combattenti nemici che hanno lasciato quando ingaggiati la loro posizione, esponendosi così al nostro fuoco.

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Costruire è per deboli

Come dicevamo poco fa, Iron Harvest è dotato di due anime e se la parte più dinamica del gameplay funziona bene, lo stesso non si può invece purtroppo dire della fase più gestionale, ossia di quella che ci vedrà coinvolti nella raccolta di risorse e nella costruzione di edifici. Quanto imbastito da King Art Games per l’occasione è infatti certamente funzionale, ma ben lungi anche solo dal lambire la profondità che avrebbe invece potuto e dovuto toccare. Gli edifici disponibili sono solo una manciata per fazione e adempiono solamente a compiti base, come il reclutare truppe od ospitarle al suo interno, nel caso ad esempio di un bunker. Anche i potenziamenti disponibili per le strutture sono ridotti ai minimi termini e non riescono a dare un più ampio respiro a questa sezione del titolo.

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La raccolta delle risorse in Iron Harvest, oltre che agli item sparsi per la mappa di cui vi abbiamo parlato poco sopra, è invece affidata a dei punti di interesse che sarà necessario conquistare e difendere nel corso del tempo dalle grinfie nemiche, per potersi così assicurare un apporto continuo di metallo e petrolio. Da queste caratteristiche è quindi chiaro come il focus di Iron Harvest sia da ricercare altrove, ossia in quegli scontri di cui abbiamo in precedenza a lungo tessuto le lodi. Nonostante la bontà di tali aspetti sarebbe però stato lecito aspettarsi da Iron Harvest una maggiore profondità in tali meccaniche, che ora come ora risultano invece un mero contorno e non un punto di forza.

Arte e tecnica

Non potevamo non dedicare infine un paragrafo a quello che è l’aspetto artistico del gioco, con Iron Harvest che è una gioia sia per gli occhi che per le orecchie. King Art Games è infatti saggiamente riuscita a trasportare nel titolo l’incredibile potenza visiva delle opere di Jakub Rozalsk, restituendoci delle ambientazioni vive e curate. A concorrere alla riuscita di tale scenario è poi un comparto audio decisamente all’altezza, sia per quanto riguarda la soundtrack che gli effetti sonori, e una realizzazione tecnica riuscita e mai in difficoltà nel corso della nostra prova, che si è svolta con dettagli ad Ultra in Quad HD.

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