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Rise Of The Ronin è un'occasione parzialmente mancata | Recensione

Rise Of The Ronin si è rivelato come l'esclusiva che non ti aspetti. La nuova produzione di Team Ninja, pur divertendo, mette troppa carne al fuoco.

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a cura di Andrea Maiellano

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Armonia. Tenete a mente questo termine poiché, durante questa lunga analisi di Rise Of The Ronin, lo ritroverete anche più della parola “Chaos” in Strangers of Paradise: Final Fantasy Origins. 

Il motivo? molto semplice. L’armonia è quell’aspetto che permette a una produzione che pecca sotto uno, o più, aspetti produttivi, di rivelarsi comunque meritevole di attenzione, non riuscendo a cancellare i difetti ma, perlomeno, rendendoli meno impattanti quando ci si ritrova a giudicarla nel suo complesso.

Un armonia che in Rise Of The Ronin non è sempre presente, facendo vacillare questo primo esperimento “open world” di Team Ninja.

Un progetto in cantiere da oltre sette anni per conto di Sony, al punto da farlo fregiare, nei primi secondi in cui lo sia ovvia, del piccolo filmato che presenta le opere realizzate dai PlayStation Studios.

Un titolo che, inoltre, dovrebbe raccogliere la staffetta dalle mani di Final Fantasy VII Rebirth per trainare il carro delle “esclusive console” di PlayStation 5 fino all’arrivo del prossimo Stellar Blade. Insomma una serie di obiettivi molto importanti da centrare e che, purtroppo, sono stati mancati proprio per la mancanza di armonia, oltre che per una serie di errori di gioventù dati dal fatto che Team Ninja non ha mai realizzato prima d’ora un Open World.

La leggenda delle Lame Velate

Rise Of The Ronin abbandona, quasi del tutto, il soprannaturale che da sempre contraddistingue le opere di Team Ninja per abbraciare uno stile più simile a quello di Ghost Of Tsushima, cercando di rappresentare, il più fedelmente possibile,  un periodo storico molto importante per il Giappone. 

Lo sfondo è il tardo diciannovesimo secolo, durante la guerra Boshin. In uno scenario martoriato dagli orrori della guerra, uno dei fronti che si oppongono allo shogunato è quello delle Lame Velate, un ordine che vede i suoi combattenti crescere in coppia, generando una sintonia emotiva, e una sinergia sul campo di battaglia, talmente elevate da risultare come una persona sola e prendere quindi il nome di Lame Gemelle.

Ogni Lama Gemella non è nulla senza il suo partner, motivo per il quale, nei primi momenti di gioco, verrà chiesto di definire l’aspetto fisico, e le caratteristiche che definiranno la classe iniziale, di due personaggi: un maschio e una femmina, i quali rappresenteranno i due protagonisti dell’avventura. 

L’editor è, come da consuetudine, di ottima fattura, così come le molteplici statistiche, che ci verranno presentate mentre creeremo la classe iniziali, profumano fortemente di Ni-Oh. 

È solo una volta terminata la classica creazione dei personaggi, in perfetto stile Team Ninja, che si dipanerà sempre di più lo scenario che farà da sfondo alle avventure della nostra Lama Velata.

Oltre allo Shogunato Tokugawa, difatti, ci sono anche gli invasori arrivati via nave, ribattezzati dagli abitanti della regione “Navi Nere” e che altro non sono che quelle truppe americane che, nel 1873, entrarono nel paese dopo oltre duecento anni nei quali il resto del Mondo non ne conosceva l’esistenza.

Insomma, al netto delle necessarie derivazioni fantastiche, Rise Of The Ronin si impegna davvero tanto nel ricreare un periodo storico molto complesso e ricco di intrighi di potere, costellato da fazioni in lotta fra loro, banditi, barbari, disertori, militari dall’Occidente e latitanti. 

Un compito per nulla facile ma che, al netto di qualche scivolone per quanto riguarda le alleanze che il nostro Ronin stringerà durante la sua avventura, riesce a rendere l’impianto narrativo sia interessante, che ben stratificato fino al termine dell’avventura.

Per riuscire in questa ardua impresa, Team Ninja ha partorito un incipit molto basilare: spogliare il protagonista di ogni attaccamento emotivo, privandolo, in seguito a una serie di sfortunati eventi, del suo clan e della sua Lama Gemella, portandolo a imbarcarsi, in totale solitudine, in un viaggio alla ricerca di una persona a lui molto cara trasformandolo, di fatto, in un Ronin.

Uno stratagemma narrativo che permette di introdurre costanti elementi nel tessuto della trama, rendendoli sempre credibili, al netto di qualche piccola sbavatura, e riuscendo a stratificare, ora dopo ora, una storia che è capace di tenere incollati fino all’arrivo dei titoli di coda.

Un Giappone confinato nello sfondo

Messo agli atti che la storia di Rise Of The Ronin è molto interessante, quello che non funziona è proprio l’open world che Team Ninja ha creato attorno alle vicende del protagonista. Per quanto si siano impegnati a ricreare storicamente usi, costumi e luoghi di quell’epoca lontana, l’intera mappa di gioco risulta costantemente poco interessante da esplorare, ritrovandosi perennemente confinata a essere un “mero sfondo” durante gli spostamenti fra una missione e l’altra. 

Il motivo? Proprio quella mancanza di armonia fra gameplay, narrazione e attività di gioco. In Rise Of The Ronin, evidentemente in virtù dell’ottimo combat system, ci si “fracassa di botte” costantemente, a volte anche in contesti privi di senso. Si va a cercare una macchina fotografica? Ci si scontra con dei banditi. Si cerca di raggiungere il distretto del piacere? Ci si picchia con dei criminali. Si incontra un ufficiale americano? Quest’ultimo ci chiederà di uccidere a sangue freddo alcuni suoi colleghi per il puro piacere di vedere se è vero che un uomo con la spada può vincere contro un uomo con il fucile.

L’aspetto ironico di questo ultimo esempio? Il fatto che uccidere a sangue freddo dei “civili” durante un incarico, non inficerà in alcun modo sul livello da “ricercato” con il quale, invece, si dovrà convivere nelle fasi esplorative. 

Insomma una costante bagarre a ogni passo la quale, ovviamente, ammanta anche tutte la maggior parte delle attività opzionali. Queste missioni spunteranno costantemente, tramite i più canonici degli indicatori, sulla mappa di gioco e offriranno attività quali: liberare avamposti, eliminare latitanti, sgominare gruppi di banditi per ristabilire l’ordine pubblico ed eliminare obiettivi di varia tipologia, per soddisfare le richieste di soccorso dei vari abitanti della regione. 

A questo si aggiungono, anche se in minore entità, l'individuare gatti da accarezzare, il visitare punti di interesse, il raccogliere risorse per poter realizzare strumenti di varia natura, il seguire dei cani che ci indicheranno la via per dei tesori e tutta una serie di attività poco divertenti, e decisamente molto ripetitive, che spunteranno costantemente sulla mappa del mondo di gioco.

Raccontato così, Rise Of The Ronin non sembra differire tanto dagli open world più tradizionali ai quali Sony ci ha abituato nel corso degli anni, ma il vero problema è che, a differenza di un Ghost Of Tsushima, di uno Spider-Man 2 o di un Days Gone, l’ultima produzione di Team Ninja manca di una progressione armoniosa degli eventi.

Laddove la storia risulta sempre interessante, sovente ci si scontra in tempi morti dati dal fatto che per proseguire si dovrà cercare una persona, molto probabilmente ubicata in un’area appena superata qualche minuto prima, che chiederà di reperire degli oggetti situati in un’altra zona molto distante rispetto all’area in cui ci si troverà, portando il giocatore a continuare a fare avanti e indietro per adempiere a dei compiti che potevano essere gestiti in maniera molto più snella e reattiva, facendo scoprire il mondo di gioco poco alla volta e spingendo nel “pulire” ogni area dagli eventi opzionali.

Anche effettuare un “clean up” (ovvero il portare a termine ogni attività opzionale presente in un’area) si rivelerà poco armonioso, in quanto gli eventi secondari appariranno qua e la senza cognizione di causa, spingendo a ripulire completamente la mappa solo nelle fasi avanzate dell’avventura.

Un altro aspetto che distrugge completamente l’immersione, oltre che minare l’ottimo combat system, è un’intelligenza artificiale davvero sommaria e che, per chiunque abbia un pelo di dimestichezza, non riesce mai a offrire una sfida degna di questo nome, almeno nelle attività opzionali disponibili nell’open world.

Per farvi un esempio molto breve: durante il nostro peregrinare, ci siamo imbattuti in un avamposto ricolmo di nemici parecchi livelli sopra al nostro. È bastato colpirli alle spalle per togliergli una porzione di vita, allontanarci per uscire dal loro campo visivo e ripetere quest’operazione, più e più volte, per liberare un intero avamposto da degli avversari potenzialmente letali, ottenendo dell’equipaggiamento parecchio potente, oltre che un sacco di esperienza con la quale salire di livello molto celermente, finendo immancabilmente per “rompere” l’esperienza già nelle prime ore di gioco. 

Un episodio tanto ilare, quanto demotivante, e che rappresenta uno dei problemi principali di Rise Of The Ronin, ovvero la mancanza di armonia, e di coesione, fra un open world, molto canonico, un combat system che sprizza Team Ninja da ogni pixel e una storia che avrebbe potuto rivelarsi incredibilmente soddisfacente anche in un contesto meno dispersivo e leggermente più “chiuso”.

Non a caso molte delle missioni principali si svolgono in zone istanziate, dove si potrà pianificare il proprio equipaggiamento, e decidere quali compagni portare con se, per poter portare a termine dei compiti che ricordano più da vicino la struttura delle missioni di Ni-Oh.

Ultimo, ma non per importanza, il piglio arcade che Team Ninja ha voluto dare alle fasi esplorative. Durante gli spostamenti si potrà contare su di un cavallo, su di un rampino e su di un aliante, per spostarsi rapidamente fra i vari ambienti di gioco, oltre che poter sfruttare questi elementi per rendere più dinamici gli assalti ai vari avamposti nemici.

Al netto del giudizio soggettivo che ognuno di noi potrà riserbare per questa scelta “poco realistica”, e al netto del fatto che il rampino si potrà usare solo in punti ben definiti degli ambienti di gioco, la dinamicità ne trae un guadagno enorme, permettendo di spostarsi celermente fra le brughiere giapponesi con un flow che riesce, almeno nella maggior parte dei casi, a divertire genuinamente.

Una danza di lame e sangue

Venendo, finalmente, al combat system di Rise Of The Ronin, per quanto sia una rifinita mescola di tutto quello che ha realizzato finoraTeam Ninja, proprio l’assenza di armonia nelle sezioni open world, fa domandare sovente se fosse davvero necessario introdurre così tanti elementi.

Al solito abbiamo attacchi pesanti, parate e parry, abilità speciali (con annessi cooldown), contrattacchi, tecniche differenti (che di fatto ricordano più delle posture che degli stili di lotta) e l’inedita possibilità di controllare attivamente due personaggi, nello stesso momento, quando si sigleranno delle alleanze.

Il tutto, ovviamente, tenendo sempre in considerazione l’onnipresente barra del Ki (la stamina che potrà essere ricaricata leggermente premendo a tempo un tasto nelle fasi di combattimento), le debolezze alle posture dei vari avversari e imparando a cambiare personaggio costantemente, dando vita a quella danza di lame e sangue che, oramai, è un marchio di fabbrica consolidato di Team Ninja.

Differentemente dagli altri titoli, però, in Rise Of The Ronin, pur non essendo obbligatorio padroneggiare perfettamente ogni aspetto del combat system, si accusa leggermente la mole di elementi che costellano quest’ultimo, portando il giocatore non solo a chiedersi se fosse davvero necessario introdurre tutti quegli aspetti ma, soprattutto, a chiedersi se abbia davvero senso padroneggiare tutto quando l’intelligenza artificiale dei nemici pecca così tanto in termini di sfida offerta.

Non fraintendete le nostre parole, i boss sono quasi tutti divertenti, appaganti (specialmente ai livelli di diffcoltà più alti) e ben caratterizzati, ma vi troverete molto rapidamente a “rompere” il bilanciamento del gioco facendo svanire qualsivoglia forma di bilanciamento, a meno che non siate “giocatori d’onore” che affronteranno ogni singolo avversario faccia a faccia perdendo decine e decine di ore per portare a termine degli scontri poco utili ai fini ultimi della storia.

Pad alla mano, infine, controllare due personaggi nello stesso momento (premendo L1 e freccia in alto per scambiarli in tempo reale durante i combattimenti), risulta indubbiamente interessante, se non fosse che, per inserire tutti gli elementi del gameplay, L1 è anche lo stesso tasto con cui si para e che, quindi, saranno soventi quelle situazioni concitate nelle quali si finirà per cambiare personaggio mentre si starà parando una raffica di fendenti di un avversario.

Insomma un ottimo combat system che viene minato proprio dal suo essere eccessivamente convoluto. Una pennellata di “Less Is More” avrebbe sicuramente giovato al tutto ma, al netto di questo aspetto, si tratta comunque del miglior combat system realizzato fino a ora da Team Ninja.

Ovviamente, non c’è nemmeno bisogno di approfondire eccessivamente questo aspetto, Rise Of The Ronin presenta una miriade di equipaggiamenti diversi, differenziati come d’abitudine da livelli e rarità differenti, i quali potranno essere potenziati alla bisogna, venduti o scambiati con armi, e armature, di qualità migliore. Alla stessa stregua, per far salire di livello il protagonista, si potranno spendere i punti abilità, convertiti tramite le decine di stendardi presenti nella mappa di gioco, dall’esperienza accumulata eliminando nemici e portando a termine i vari incarichi. 

Tecnicamente arretrato

Messo agli atti che Team Ninja, molto probabilmente, non ha mai sentito il detto “Less Is More”, veniamo ora all’aspetto maggiormente critico di Rise Of The Ronin: il suo comparto tecnico.

Prima di cominciare è necessario informarvi che Team Ninja ha già rilasciato una “Patch Day One" per correggere numerose sbavature tecniche, oltre che migliorare alcune parti del doppiaggio, ribilanciare alcune parti del gioco e sistemare tutta una serie di bug che affliggevano il comparto multigiocatore. 

Un impegno lodevole e che proseguirà nelle settimane successive al lancio del titolo ma che allo stesso tempo non riesce a sistemare le troppe sbavature, e le evidenti arretratezze, da cui è afflitto il gioco.

Animazioni facciali insufficienti, compenetrazioni costanti, artifici grafici, sbavature nelle texture e una un doppiaggio italiano che, per quanto apprezzabile in termini di sforzo, risulta uno dei peggiori mai ascoltati sotto quasi ogni punto di vista. 

Non si tratta di un disastro, sia chiaro, ma siamo di fronte a un titolo che sembra, in linea di massima, realizzato dalla Team Ninja del periodo PS4 e non dinnanzi a una produzione, esclusiva, per PlayStation 5 e prima che vi scagliate contro di noi dicendo che a produzioni quali Elden Ring e Tears Of The Kingdom, abbiamo lasciato passare un comparto tecnico poco convincente, ricordatevi che il primo è una produzione cross-gen e il secondo gira su un hardware che risultava già vecchio al suo rilascio.

Voto Recensione di Rise Of The Ronin


7

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Comparto narrativo ben stratificato intrigante

  • Combat system di ottimo livello…

  • Al netto di tutti i difetti riesce a divertire

Contro

  • Comparto tecnico decisamente arretrato

  • … ma a volte eccessivamente convoluto

  • Open world privo di attività realmente interessanti.

  • Intelligenza artificiale da rivedere.

Commento

Rise Of The Ronin non è un’occasione mancata ma sicuramente non è nemmeno una di quelle esclusive di cui ci si ricorderà negli anni a venire. L’ottimo combat system realizzato da Team Ninja, assieme a una storia coinvolgente e rispettosa del periodo storico utilizzato come ambientazione, lo rendono un gioco divertente e, sicuramente, capace di ammaliare gli appassionati di Ronin, Samurai e storie ambientate nell’antico Giappone. Allo stesso tempo, però, un’evidente inesperienza con il genere di riferimento, unito a un comparto tecnico insufficiente se si pensa a un’esclusiva per PS5 e a un’esperienza poco coesa, e priva di armonia fra le sue componenti, minano un progetto che poteva risultare molto più interessante e che, purtroppo, finirà per fare breccia, esclusivamente, nei cuori di una nicchia ben definita di giocatori.

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