"Gran parte della sua vita sembra una storia di fantasia", si legge nel necrologio, e questo è forse il modo perfetto per descrivere la sua storia. Risale infatti al 1979 il suo primo hack, a cui hanno fatto seguito molte avventure “da film”, fino al 1988, quando fu arrestato e imprigionato per 12 mesi; la condanna era la copia illegale di un software.
Nel 1995 fu arrestato di nuovo, ed è quello il caso che forse lo ha reso famoso a livello internazionale; da allora Mitnick è indissolubilmente associato al concetto di violazione informatica, anche se in qualche modo è una versione romantica dell’hacker, lontana dai criminali informatici di cui scriviamo spesso anche qui.
Mitnick e altri come lui hanno sicuramente ispirato migliaia di ragazzi e ragazze in tutto il mondo, e vite come la sua sono diventate la base per innumerevoli opere di finzione. Il movimento hacker deve a lui ciò che è diventato oggi, e i cosiddetti “withe hat”, gli hacker con il cappello bianco e dei principi morali a cui affidarsi, forse oggi non sarebbero gli stessi se non avessero avuto l’esempio di Kevin Mitnick.
Sicuramente non ha mai disdegnato attività illegali, ed è stato coinvolto anche nel furto di carte di credito. Ma era uno di quelli che lo faceva più per la passione della sfida che per il profitto vero e proprio.
A Mitnick sopravvivono la moglie, Kimberley Mitnick, e il figlio non ancora nato.