La Polizia italiana ha vuotato il sacco sui rischi digitali

Il Direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni ha spiegato alla commissione Trasporti e Tlc che su furti di identità e l'adescamento di minori in rete bisogna fare di più. Mancano leggi specifiche per fronteggiare i fenomeni emergenti.

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a cura di Dario D'Elia

Il Direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni ha ammesso che l'Italia non dispone di una legislazione adeguata per combattere i furti di identità. Oggi in audizione presso la commissione Trasporti e Tlc della Camera dei deputati, Antonio Apruzzese ha confermato che "per combattere il fenomeno non funzionano schemi obsoleti". Insomma, bisognerebbe affinare gli strumenti investigativi e migliorare le tecniche di risposta. L'ideale sarebbe creare "più intelligenti forme di collaborazione con tutti i settori istituzionali, non ultimo il mondo dei legislatori".

Oggi i magistrati sembrano essere costretti ad affidarsi a norme giuridiche non troppo a fuoco con l'argomento. E dire che il furto di identità digitale oggi riguarda sopratutto i codici di pagamento elettronico e quelli di accesso ai servizi di home-banking, quindi passpartout che ormai fanno parte del quotidiano.

Forniamo mezzi migliori alla Polizia

Apruzzese ha sottolineato che gli attacchi di questo tipo sono passati dallo 0,06% del 2010 allo 0,16% del 2011. Ancora più preoccupante l'ambito aziendale, dove si registra uno 0,51%. Non è chiaro se si tratti di disattenzione oppure di mancanza di un'adeguata cultura della sicurezza.

Per altro il timore è che il contagio possa passare dai computer agli smarpthone. Il virus Zeus ad esempio ha dimostrato che questo è possibile. Molti utenti hanno scambiato finti siti bancari per quelli ufficiali fornendo senza saperlo tutti i dati sensibili per consentire il furto digitale di contanti.

L'intervento di Apruzzese ha riguardato anche il problema della pedo-pornografia online. La sua maggiore preoccupazione, in qualità anche di EUCIP Security Adviser, riguarda i "navigatori" più piccoli. Non sono più i siti gli ambienti più pericolosi bensì i i social network; blog e chat ormai sembrano rappresentare preistoria. "Non abbiamo ancora le chiavi per monitorare i contenuti di social network che, tra l'altro, sono quasi esclusivamente stranieri", ha commentato il Direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni.

"Per fortuna, data la delicatezza del tema notiamo una consonanza quasi unanime sulla necessità di bloccare un certo tipo di condotte. E gli stessi social network stanno cominciando a sensibilizzarsi al tema e a dare delle risposte abbastanza concrete in termini di collaborazione e di aiuto".

Si attende comunque il recepimento degli strumenti legislativi previsti dalla Convenzione di Lanzarote, che miglioreranno l'azione di contrasto nei confronti del cosiddetto "grooming", ovvero l'adescamento di minori in rete, fin qui non perseguibile.