Stampa in crisi, Internet la salverà?

La stampa tradizionale è in crisi, tra mancanza di lettori e pubblicità in calo. Il destino sembra segnato, ma si studiano alternative.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

La stampa è in crisi in tutto il mondo. Il Financial Times è solo l'ultimo dei grandi giornali a rilevare le grandi difficoltà che sta vivendo l'informazione su carta, che ha portato il NYT a vendere la sua sede, il LA Times a ridurre il personale della metà, e il Philadelphia Enquirer a chiudere i battenti.

La cosa curiosa, come abbiamo già detto diverse volte, è che mentre le versioni stampate arrancano, i rispettivi siti dei giornali fanno segnare ogni giorno più visite, come se ogni lettore perso, su carta, portasse a due lettori in più, online.

La pubblicità online, però, non sembra essere sufficiente a mantenere i giornali. Molti visitatori per il sito, ma quasi tutti si accontentano della versione gratuita del giornale, rinunciando ai contenuti a pagamento, più completi ed elaborati.

Come se non bastasse, poi, molti giornali, o intere case editrici, sono piene di debiti, ai quali non sanno come far fronte, come spiegano Enrico Franceschini e e John Lloyd su Repubblica di oggi (a pagamento).

L'aspetto che, legittimamente, preoccupa, è che questa situazione mette a rischio la libertà di stampa, secondo molti. Sì, ma tanto ci sono i blog, potrebbe rispondere qualcuno. Bill Keller, direttore del NYT (Pulitzer 1989) afferma con forza che "non si produce buon giornalismo a basso prezzo", e aggiunge "non troverete tanti blogger che vanno per proprio conto ad aprire un ufficio di corrispondenza a Bagdad".

Vanno un po' meglio, nel senso che respirano, i giornali di quei paesi dove lo Stato finanzia una parte del giornale stesso, come in Italia.

Le possibilità non mancano: si potrebbe tentare di fare delle "micro vendite", vendendo un solo articolo invece di tutto il giornale, a prezzi ridotti. Oppure si potrebbero cercare nuove alleanze con piccole testate locali, blogger e utenti; in questo modo le grandi testate entrerebbero nel "calderone 2.0",  e si troverebbero a competere in un campo nuovo. Sarebbe dura, certo, ma forse ne varrebbe la pena.

Oggi l'informazione "seria e libera" è a rischio? Probabilmente sì, almeno quella che richiede ingenti investimenti finanziari per essere prodotta, insieme a reporter coraggiosi e intraprendenti. In un mondo fatto di blog e di giornali 2.0, avremmo avuto uno scandalo Watergate, saremmo a conoscenza dei misteri di Ustica, e tanti altri casi simili? O sarebbe tutto sport e gossip?