L'intelligenza artificiale applicata alla programmazione ha smesso di essere una curiosità tecnologica per trasformarsi in un fenomeno che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo. Il cosiddetto "vibe coding" permette oggi anche a chi non ha competenze specifiche di creare programmi funzionanti, ma proprio questa accessibilità ha generato una serie di equivoci e false convinzioni che meritano di essere chiarite. Andrea Richetta di Arduino ha affrontato questi temi con un approccio che mette in discussione i luoghi comuni più diffusi.
Una delle questioni più dibattute riguarda la sicurezza del codice generato automaticamente. Secondo Richetta, la supervisione umana rimane un elemento irrinunciabile, "esattamente come nel mondo del giornalismo dove la revisione del testo non dovrebbe mai essere affidata a chi l'ha scritto". Le IA vengono effettivamente utilizzate per il debugging, ma questo non le rende infallibili: il loro ruolo è quello di offrire una prospettiva diversa, non di sostituire completamente il controllo umano. Quando si tratta di codice critico, dove un errore può avere conseguenze gravi, l'intervento di un professionista competente diventa ancora più fondamentale.
La produttività degli sviluppatori esperti rappresenta un altro punto cruciale. In diverse realtà aziendali si sta verificando una riduzione delle assunzioni di figure junior, perché i professionisti senior affiancati dall'intelligenza artificiale riescono a gestire carichi di lavoro maggiori. Questa dinamica contraddice l'idea che il vibe coding sia uno strumento utile solo ai principianti: in realtà, sia i neofiti che gli esperti ne traggono vantaggio, ma con obiettivi completamente diversi.
Chi si avvicina per la prima volta alla programmazione trova nell'AI un modo per superare la famosa "sindrome del foglio bianco", quella paralisi iniziale che impedisce di capire da dove cominciare. L'intelligenza artificiale fornisce un punto di partenza, una bozza da cui sviluppare il proprio apprendimento. Per i professionisti, invece, si tratta di automatizzare le parti ripetitive e noiose del lavoro, quelle che una volta richiedevano di mantenere librerie personali accumulate in vent'anni di esperienza.
L'accessibilità non significa necessariamente banalizzazione. Richetta sottolinea come la complessità dei progetti non diminuisca, ma cambi il livello di ingresso: sistemi che richiedono la conoscenza di più linguaggi di programmazione diventano più abbordabili, permettendo agli sviluppatori di esplorare ambiti diversi dalle loro specializzazioni. Un programmatore che ha sempre lavorato a basso livello, scrivendo firmware per microcontrollori, può improvvisamente creare interfacce visive che prima considerava completamente al di fuori delle sue competenze.
Esiste però un rischio concreto: "l'effetto Dunning-Kruger, quella distorsione cognitiva per cui chi ha conoscenze superficiali sopravvaluta drammaticamente le proprie competenze. Alcune persone, dopo aver fatto generare qualche riga di codice da ChatGPT o da altri strumenti simili, si convincono di essere diventate esperte di programmazione. Questa illusione rappresenta uno dei pericoli più insidiosi del vibe coding, perché porta a sottovalutare la necessità di supervisione e controllo".
La questione della soddisfazione professionale merita un'analisi particolare. C'è chi teme che strumenti troppo facilitanti tolgano il piacere della sfida tecnica, quella sensazione di appagamento che si prova dopo aver risolto un problema complesso. In realtà, come spiega Richetta, si tratta semplicemente di spostare la fonte della gratificazione: dalla pura risoluzione tecnica alla capacità di creare qualcosa di più articolato e creativo, combinando competenze diverse che prima sarebbero rimaste separate.
Il passaggio culturale da Stack Overflow a GitHub e poi a ChatGPT rappresenta un'evoluzione naturale, anche se alcuni potrebbero vederla con sospetto. Gli sviluppatori hanno sempre cercato modi per riutilizzare codice esistente e accelerare il proprio lavoro, e l'intelligenza artificiale è semplicemente l'ultimo stadio di questo processo. La differenza fondamentale sta nell'approccio: utilizzare questi strumenti con consapevolezza e responsabilità, mantenendo sempre il controllo su ciò che si sta facendo.
L'idea che non serva più studiare programmazione rappresenta forse il fraintendimento più pericoloso. "Il vibe coding abbassa la barriera d'ingresso, ma non elimina la necessità di comprendere cosa si sta facendo. Copiare e incollare codice senza capirlo può funzionare per progetti semplici, ma diventa rapidamente un problema quando qualcosa non va come previsto". La competenza rimane indispensabile, solo che ora può essere acquisita attraverso un percorso diverso, più pratico e immediato rispetto allo studio teorico tradizionale.
La velocità di adozione di queste tecnologie rappresenta una sfida anche per gli esseri umani, che faticano ad assorbire cambiamenti così rapidi. Questo rende ancora più importante mantenere dei punti di riferimento fissi: la responsabilità, la coscienza critica, l'etica professionale. "Questi valori non cambiano con la tecnologia, sono principi che ogni professionista deve portare con sé indipendentemente dagli strumenti che utilizza". Il vibe coding non è né una panacea né una minaccia, ma uno strumento potente che richiede maturità nell'utilizzo.