L'allarme lanciato dalle autorità antitrust tedesche attraverso il Bundeskartellamt rivela una realtà preoccupante: il mercato dell'intelligenza artificiale si sta rapidamente trasformando in un oligopolio dominato da tre colossi americani. Amazon Web Services, Google Cloud e Microsoft Azure non sono più semplici fornitori di servizi cloud, ma sono diventati i veri controllori dell'accesso all'IA, determinando chi può competere e a quali condizioni. Questa concentrazione di potere rappresenta una minaccia sistemica per l'innovazione e la concorrenza globale, con implicazioni che vanno ben oltre i confini tecnologici.
Il controllo dell'infrastruttura computazionale costituisce oggi la chiave di volta del dominio nell'IA. I tre hyperscaler hanno assorbito le forniture disponibili di acceleratori GPU, costringendo le startup e le aziende più piccole a dipendere dai loro servizi per accedere alle risorse necessarie. Questa dipendenza non è casuale: sviluppare, addestrare e implementare modelli su larga scala richiede capacità computazionali enormi che solo questi giganti possono fornire. Il risultato è un ecosistema dove l'innovazione è condizionata dalla benevolenza dei guardiani digitali.
L'incontro organizzato dal Bundeskartellamt con 14 aziende e associazioni tecnologiche europee ha fatto emergere un consenso allarmante. Gli ostacoli per i concorrenti dei grandi fornitori cloud sono diventati quasi insormontabili, non solo per questioni di scala, ma anche per l'accesso privilegiato a volumi di dati che rappresentano il nuovo "oro nero" dell'era digitale. Per comprendere la portata di questa barriera, basta considerare che il dataset utilizzato per addestrare GPT-3 di OpenAI ammontava a 45 terabyte prima del filtraggio, riducendosi poi a 570 gigabyte per l'addestramento effettivo.
La geografia del potere digitale
Le previsioni sulla capacità dei data center delineano uno scenario ancora più preoccupante per il futuro della concorrenza. Entro il 2030, gli operatori hyperscale controlleranno il 61% di tutta la capacità mondiale dei data center, una crescita esplosiva rispetto alle quote attuali. Questa espansione segna un'inversione storica: se nel 2018 il 56% della capacità era costituita da implementazioni on-premises, entro la fine del decennio questa quota si ridurrà a un misero 22%. Gli hyperscaler sono destinati a espandere la loro presenza di ben nove volte, consolidando un controllo senza precedenti sull'infrastruttura digitale globale.
La distribuzione geografica di questo potere rivela ulteriori asimmetrie competitive. John Dinsdale di Synergy Research ha evidenziato come la capacità dei data center di proprietà degli hyperscaler sia molto più concentrata negli Stati Uniti rispetto alle regioni EMEA e APAC. Tuttavia, la tendenza è uniforme: tutte le regioni registreranno tassi di crescita annuali a due cifre, con la quota di proprietà degli hyperscaler destinata a crescere di almeno il 20% annuo. Questa dinamica solleva interrogativi cruciali sulla sovranità digitale europea e sulla capacità del continente di mantenere un controllo strategico sulle proprie infrastrutture tecnologiche.
Paradossalmente, anche tra i giganti tecnologici emergono tensioni competitive che confermano la gravità del problema. Google ha accusato Microsoft di pratiche di licenza anticoncorrenziali nella sua piattaforma cloud, suggerendo che il fenomeno della concentrazione crea attriti persino all'interno dell'oligopolio dominante. Questa dinamica dimostra che la questione trascende le divisioni geografiche tra Europa e Stati Uniti, configurandosi come un problema sistemico di concentrazione del potere economico.
L'economia della dipendenza tecnologica
Le implicazioni economiche di questa concentrazione si traducono in costi concreti per imprese e consumatori europei. Steve Brazier di Informa Fellow ha calcolato che ogni impiegato in Europa paga una "tassa" di 100 euro mensili alle aziende americane per l'accesso a strumenti di produttività, principalmente a causa del dominio di mercato di corporations come Microsoft. Con l'integrazione sempre più pervasiva dell'IA nei processi lavorativi, questa cifra è destinata a crescere significativamente, rappresentando un trasferimento di ricchezza su scala continentale.
Il presidente del Bundeskartellamt, Andreas Mundt, ha sottolineato come la presenza inter-mercato delle grandi aziende tecnologiche comporti rischi sistemici per la concorrenza. Le dipendenze create per i concorrenti più piccoli in termini di accesso ai servizi cloud e ai dati, unite ai meccanismi di "lock-in" in ecosistemi specifici, stanno ridisegnando le regole del gioco competitivo. L'urgenza di identificare tempestivamente il potenziale di abuso diventa quindi cruciale per garantire che i mercati dell'IA rimangano aperti e accessibili.
Le preoccupazioni antitrust non si limitano all'Europa. Già l'anno scorso, i partecipanti al Tech Summit della Federal Trade Commission statunitense avevano dibattuto se il predominio delle grandi organizzazioni tecnologiche nel cloud computing stesse impedendo alle startup IA di competere efficacemente. La carenza di acceleratori GPU, monopolizzati dai grandi player, è emersa come un collo di bottiglia critico che costringe gli sviluppatori a dipendere dalle infrastrutture dei giganti tecnologici.
Tuttavia, l'approccio normativo presenta differenze significative tra le due sponde dell'Atlantico. Mentre l'Unione Europea ha sviluppato l'AI Act come quadro normativo completo basato sul rischio, la precedente amministrazione Trump aveva spinto per un divieto decennale agli stati americani di regolamentare il mercato dell'IA. Questa divergenza di approcci potrebbe ulteriormente rafforzare il dominio dei giganti tecnologici americani, creando un vantaggio competitivo strutturale difficile da colmare.
L'entusiasmo per la tecnologia continua a guidare investimenti massicci nell'infrastruttura digitale, ma non mancano voci critiche che mettono in guardia sui rischi di surriscaldamento del mercato. Fabrice Coquio di Digital Realty e Robin Li, CEO di Baidu, hanno paragonato il settore dell'IA a una "bolla inevitabile", simile al boom e al successivo crollo del dot-com della fine degli anni '90. Questa analogia solleva interrogativi sulla sostenibilità degli attuali ritmi di crescita e concentrazione.
Le autorità antitrust globali devono quindi lavorare su due fronti. Da un lato, garantire che la concentrazione di potere non soffochi l'innovazione e la concorrenza; dall'altro, evitare interventi che potrebbero compromettere lo sviluppo di tecnologie strategiche per la competitività economica. Il dialogo avviato in Germania rappresenta un primo passo verso una risposta coordinata, ma la complessità del fenomeno necessita certamente di strategie normative al passo con i tempi, che sappiano bilanciare gli obiettivi apparentemente contrastanti.