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Lavori per Google e vuoi i benefit? Devi usare l'IA

Big G introduce uno strumento di terze parti per i benefit sanitari, suscitando preoccupazioni tra i dipendenti riguardo privacy e consenso dei dati.

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Avatar di Antonino Caffo

a cura di Antonino Caffo

Editor

Pubblicato il 09/10/2025 alle 11:30

La notizia in un minuto

  • Google ha inizialmente richiesto ai dipendenti statunitensi di condividere i propri dati sanitari con un'AI di terze parti (Nayya) per accedere ai benefici sanitari aziendali, scatenando proteste interne per "consenso coercitivo"
  • Dopo le pressioni dei dipendenti sui forum interni, l'azienda ha fatto marcia indietro chiarendo che la condivisione dei dati rimane volontaria e non influisce sull'accesso ai piani sanitari
  • Il caso evidenzia il crescente conflitto tra l'integrazione dell'intelligenza artificiale negli ambienti lavorativi e la tutela della privacy dei dipendenti nelle grandi corporation tecnologiche
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Il gigante tecnologico di Mountain View si trova ad affrontare una controversia interna che mette in luce le tensioni crescenti tra innovazione digitale e privacy dei dipendenti. Google ha infatti comunicato ai propri dipendenti statunitensi che per accedere ai benefici sanitari aziendali dovranno necessariamente autorizzare l'accesso ai loro dati personali da parte di uno strumento di intelligenza artificiale fornito da una società terza, Nayya. La decisione ha scatenato un acceso dibattito tra i lavoratori, che attraverso i canali di comunicazione interna hanno espresso perplessità sulla natura "coercitiva" di questa politica aziendale.

La rivolta digitale sui forum interni

I dipendenti di Google non hanno tardato a far sentire la propria voce attraverso i canali di comunicazione interna dell'azienda. Sul sito di domande e risposte aziendale sono apparsi messaggi che mettevano in discussione la logica alla base di questa decisione. "Perché dobbiamo fornire i nostri dati medici a uno strumento di intelligenza artificiale di terze parti senza possibilità di rifiutare?" ha scritto un dipendente, esprimendo un sentimento condiviso da molti colleghi.

Particolarmente significativo è stato il commento apparso su Memegen, la bacheca interna di Google, dove un dipendente ha definito la situazione come un esempio di "consenso coercitivo". Il messaggio sottolineava come sia impossibile dare un consenso genuino quando una funzione opzionale come l'ottimizzazione dei benefici sanitari viene legata a una necessità fondamentale come l'accesso ai piani sanitari aziendali.

Il funzionamento dello strumento controverso

Nayya rappresenta una delle numerose società che stanno emergendo nel settore della sanità digitale, offrendo raccomandazioni personalizzate sui benefici sanitari attraverso algoritmi di intelligenza artificiale. Lo strumento permette ai dipendenti di inserire informazioni sulla propria salute e stile di vita, ricevendo in cambio suggerimenti su quali benefici scegliere. Secondo le comunicazioni interne di Google, la piattaforma consente anche di monitorare quanto della franchigia assicurativa sia già stato utilizzato.

La società madre Alphabet aveva inizialmente chiarito che i dipendenti non potevano sottrarsi completamente alla condivisione dei dati con terze parti, citando le normative HIPAA che regolamentano la privacy sanitaria negli Stati Uniti. Questa posizione aveva alimentato ulteriormente le preoccupazioni del personale.

Il consenso diventa coercitivo quando lega funzioni opzionali a necessità fondamentali

Il dietrofront aziendale

Di fronte alle crescenti pressioni interne e all'attenzione mediatica, Google ha rapidamente modificato la propria posizione. Courtenay Mencini, portavoce dell'azienda, ha spiegato che lo strumento di Nayya aveva superato le verifiche interne di sicurezza e privacy, sottolineando come fosse stato concepito per aiutare i dipendenti a navigare meglio tra le opzioni sanitarie disponibili. Tuttavia, l'azienda ha successivamente aggiornato la propria politica per chiarire che i dipendenti possono scegliere di non condividere i dati senza conseguenze sull'iscrizione ai benefici.

"La nostra intenzione non era riflessa nel linguaggio utilizzato sul nostro sito HR", ha dichiarato un portavoce di Google dopo la pubblicazione della notizia. L'azienda ha quindi modificato le comunicazioni interne per rendere chiaro che la partecipazione rimane volontaria.

Il contesto più ampio dell'AI aziendale

Questo episodio si inserisce in un trend più ampio che vede le grandi corporation tecnologiche integrare sempre più massicciamente strumenti di intelligenza artificiale nei loro ambienti lavorativi. Da Meta a Microsoft, passando per Salesforce e Walmart, numerose aziende stanno sperimentando soluzioni AI per ottimizzare la gestione dei benefici sanitari dei dipendenti. Google stesso sta spingendo l'utilizzo dell'intelligenza artificiale per incrementare la produttività dei propri lavoratori.

La controversia evidenzia tuttavia un punto critico: il delicato equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela della privacy dei lavoratori. Mentre le aziende cercano di sfruttare le potenzialità dell'AI per migliorare i servizi offerti ai dipendenti, questi ultimi dimostrano una crescente consapevolezza riguardo al controllo dei propri dati personali, specialmente quando si tratta di informazioni sensibili come quelle sanitarie.

Fonte dell'articolo: www.businessinsider.com

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