La manipolazione dei contenuti multimediali è diventata così sofisticata da rendere praticamente impossibile distinguere tra reale e artificiale. Le tecnologie di intelligenza artificiale generativa, dai deepfake ai più recenti modelli come Nano Banana, stanno evolvendo a una velocità tale che le soluzioni di rilevamento tradizionali risultano obsolete nel giro di pochi mesi. In questo scenario complesso, l'azienda italiana TrueScreen ha scelto di abbandonare la rincorsa tecnologica per concentrarsi su una strategia completamente diversa: certificare l'autenticità alla fonte.
Fabio Ugolini, CEO e co-fondatore di TrueScreen, ha illustrato durante il The Bologna Gathering come il problema non risieda tanto nella capacità di identificare contenuti manipolati quanto nella necessità di garantire che determinate informazioni non possano mai essere alterate. "Il tema vero non è rilevare ciò che è stato manipolato," spiega Ugolini, "il tema vero è garantire che non possa esserlo mai più." Questa filosofia rappresenta un cambio di paradigma fondamentale: invece di rincorrere le sempre più sofisticate tecnologie di manipolazione, TrueScreen si concentra sulla prevenzione assoluta attraverso una metodologia forense internazionalmente riconosciuta.
L'approccio dell'azienda italiana si basa su protocolli di sicurezza che replicano esattamente quelli utilizzati dalle forze dell'ordine per raccogliere prove digitali incontestabili. Durante il processo di acquisizione, i dati vengono catturati in un ambiente completamente isolato e offline, dove "niente entra e niente esca", come sottolinea il CEO. Questo metodo non si limita all'analisi del file finale, ma include una "bonifica" completa del dispositivo utilizzato, prevenendo qualsiasi forma di manipolazione, inclusa quella della geolocalizzazione.
La metodologia forense applicata al business
La tecnologia sviluppata da TrueScreen replica fedelmente i protocolli che un agente dell'FBI deve rispettare per garantire l'ammissibilità delle prove raccolte in tribunale. Ugolini, laureato in legge, è particolarmente attento agli aspetti giuridici della certificazione: sebbene riconosca che "il giudice è libero di accettare o non accettare a seconda del suo giudizio", sottolinea come un dato certificato dalla sua azienda renda la contestazione "praticamente impossibile". Il vantaggio competitivo risiede non solo nella rigorosità della metodologia, ma anche nella trasparenza del codice, completamente auditabile e deterministico.
L'integrazione della soluzione TrueScreen nei processi aziendali avviene a monte, direttamente nei sistemi dei clienti, con particolare focus su assicurazioni, banche e società di costruzioni. Questo approccio si è rivelato particolarmente efficace durante l'emergenza post-alluvione in Romagna, dove la Camera di Commercio ha adottato la tecnologia per la rendicontazione dei danni, guidando gli utenti nell'acquisizione certificata dei dati e contrastando efficacemente i tentativi di frode da parte di "sciacalli" opportunisti.
La rapidità dell'evoluzione tecnologica nel campo dell'intelligenza artificiale generativa rappresenta una delle sfide più complesse del settore. "Quello che vedevamo tre mesi fa non c'entra niente con quello che vediamo oggi," osserva Ugolini, evidenziando come modelli recenti come Nano Banana siano così avanzati che "non la rileva quasi nessuno, tranne pochi". Questa accelerazione rende evidente l'inadeguatezza di qualsiasi strategia basata esclusivamente sulla detection post-produzione.
TrueScreen ha costruito la propria strategia su una convinzione precisa: l'impossibilità per qualsiasi intelligenza artificiale di tenere il passo con l'evoluzione delle tecnologie di manipolazione. "Non esisterà nessuna IA in grado di rincorrere IA," afferma con decisione il CEO, spiegando come l'unica soluzione sostenibile sia quella di certificare l'autenticità al momento della creazione del contenuto. Questa visione trova riscontro anche nelle iniziative legislative, come la proposta di legge della Carfagna sul watermarking, sebbene Ugolini ritenga che un semplice watermark sia insufficiente per affrontare la complessità del problema.
Verso un futuro di certificazione obbligatoria
La strategia di mercato dell'azienda italiana punta a diventare l'infrastruttura invisibile ma imprescindibile per la certificazione digitale. "Non vogliamo essere TrueScreen sul mercato," chiarisce Ugolini, "noi vogliamo essere magari quella cosa che non vedi, ma sotto..." Questo posizionamento si basa su un vantaggio competitivo: l'adesione alla ISO 2700037, per la quale l'azienda detiene numerosi brevetti e licenze, rendendo di fatto obbligatorio il passaggio attraverso la loro tecnologia per chiunque voglia implementare soluzioni di certificazione conformi agli standard internazionali. Non a caso, la piattaforma è quella utilizzata dall'associazione nazionale degli investigatori privati. "Così si assicura la catena del valore probatorio, con uno strumento che è garanzia di autenticità".
Il modello di business di TrueScreen, che punta a raggiungere un milione di recurring revenue dopo tre anni di attività, si concentra principalmente sul mondo enterprise, dove esiste "il controllo della filiera". Le principali Certification Authority stanno già negoziando con l'azienda, riconoscendo la necessità di integrarsi con una tecnologia che il CEO prevede diventerà presto obbligatoria. "Io mi immagino un futuro dove questa roba sarà obbligatoria," conclude Ugolini, delineando uno scenario in cui la certificazione forense digitale non rappresenterà più una nicchia tecnologica, ma il pilastro fondamentale per garantire l'affidabilità delle informazioni nell'economia digitale.
La visione di TrueScreen va oltre la semplice soluzione tecnologica: si tratta di costruire le fondamenta di un nuovo ecosistema digitale dove la fiducia non sia più una questione di fede, ma una garanzia tecnica verificabile. In un mondo dove la manipolazione di contenuti multimediali è diventata accessibile a chiunque, l'approccio preventivo della certificazione alla fonte potrebbe rappresentare l'unica strada percorribile per preservare il valore informativo, economico e legale dei dati digitali.