La vera storia dei Peaky Blinders, la recensione del romanzo storico di Carl Chinn

La vera storia dei Peaky Blinders racconta esattamente la storia della banda di teppisti che terrorizzò Birmingham alla fine dell'Ottocento.

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a cura di Giovanni Arestia

Quando si parla di Peaky Blinders si pensa immediatamente alla serie televisiva britannica di successo realizzata dalla BBC e giunta in Italia grazie a Netflix. Grazie ad un abile Steven Knight (regista, sceneggiatore e creatore della serie), all'ottima fotografia e soprattutto alla magnifica interpretazione attoriale tra cui spicca quella di Cillian Murphy nei panni di Thomas Shelby, abbiamo potuto rivivere alcuni scorci di una Birmingham del dopo Prima Guerra Mondiale controllata interamente da una banda di criminali conosciuti, appunto, come Peaky Blinders e capitanati dalla famiglia Shelby.

Il noto storico Carl Steven Alfred Chinn, nato proprio a Birmingham e pronipote di un peaky blinder, ha voluto scavare negli archivi del Black Country (il Territorio Nero, un'area vagamente definita della conurbazione delle Midlands Occidentali inglesi, formata dalla parte nordovest dell'area di Birmingham e dalla parte sudest dell'area di Wolverhampton e venne chiamata così a causa della forte industrializzazione) per scoprire, senza alcun filtro, quanta verità ci sia nella serie Tv, quale effetto devastante ebbe la violenza della gang sulla classe operaia di Birmingham e come la stessa si riversò sugli ippodromi e l'economia generale dell'intera nazione. Ciò che è venuto fuori dalle numerose e lunghe ricerche compiute da Chinn nell'arco di ben trent'anni ha dato vita sia ad una tesi di dottorato dello scrittore, sia al romanzo oggetto di recensione. Quest'ultimo prende il nome di La vera storia dei Peaky Blinders ed è stato tradotto ed editato in Italia dalla casa editrice Sperling & Kupfer.

La vera storia dei Peaky Blinders: la nuda e cruda realtà raccontata da uno dei diretti discendenti

La vera storia dei Peaky Blinders si presenta come un classico romanzo storico, ma fin dall'inizio notiamo una particolarità inusuale. Infatti, non appena apriamo il libro, notiamo la presenza dei ringraziamenti prima ancora dell'introduzione. Generalmente i ringraziamenti vengono posti nelle pagine conclusive di ogni opera letteraria, pertanto siamo subito incuriositi dalla lettura rendendoci conto che più che dei ringraziamenti sono delle linee guida per introdurre il lettore all'interno dell'avventura storica che si ritroverà a leggere qualche pagina dopo. Nei ringraziamenti scopriamo subito che il bisnonno materno dello scrittore, Edward Derrick, era uno dei Peaky Blinders e che lo stesso nonno paterno, Richard Chinn, era un bookmaker illegale la cui attività fu legalizzata solo dal padre dell'autore nel lontano 1961.

Carl Chinn, quindi, non fa altro che introdurci nella sua Birmingham e all'interno della sua famiglia che ha vissuto appieno il periodo più fiorente dei Peaky Blinders, ma spiega immediatamente le tre importanti e grosse differenze tra la realtà e la serie televisiva: la prima è che i Peaky Blinders non nacquero dopo la Prima Guerra Mondiale, come invece la serie vuol far credere mostrando una famiglia Shelby distrutta dalla guerra e volenterosa di emergere nella società, bensì prima della Grande Guerra (addirittura quando scoppiò la guerra, i Peaky Blinders compirono meno azioni criminali rispetto a prima dello scoppio). La seconda, invece, è che la gang criminale non era composta da un unico gruppo familiare, ma da tanti piccoli agglomerati di criminali tutt'altro che eleganti e rispettati. La classe operaia, infatti, festeggiò quando loro vennero sconfitti dalla polizia per mano del capo della polizia Charles Haughton Rafter. Infine, la terza differenza è che i Peaky Blinders svolgevano già dei lavori e non si arricchirono mai a tal punto da usare l'illegalità come unico mezzo di guadagno, in compenso però sfruttavano la loro aggressività e le famose "lamette nel cappello", da cui prende il nome della banda, per compiere indicibili atti criminali.

Lo stile narrativo

Fin dall'inizio, quindi, comprendiamo il motivo per cui l'autore ha deciso di parlare dei Peaky Blinders sottolineando come la seria televisiva, sebbene sia realizzata incredibilmente bene, ha voluto mostrare dei piccoli gruppi criminali che avevano fatto delle scommesse la loro secondaria attività, elevandoli a criminali di incredibile fama, terrore ed eleganza. In realtà erano solo dei criminali di bassa lega economica e morale, con nessuna grossa ispirazione di vita, di inaudita violenza anche nei confronti di donne della loro famiglia (come nel caso della bisnonna dell'autore che riceveva violenze dal bisnonn0) e soprattutto dimenticati da tutti a tal punto che lo stesso Chinn ha dovuto per decenni scavare a fondo tra i documenti di famiglia e i documenti riservati della polizia per poterne ricavare un romanzo di questo calibro. Troviamo questa premessa necessaria per comprendere il tono narrativo con cui l'autore ha voluto rivolgersi al lettore.

La vera storia dei Peaky Blinders, infatti, è tutt'altro che un romanzo fan-fiction, anzi smonta quasi totalmente l'anima dell'opera televisiva incanalando tutta la narrazione all'interno dell'obiettivo principe che è quella dell'oggettività storica. Per far ciò l'autore utilizza anche gli elementi canonici del genere biografico grazie ai numerosi reperti storici familiari reperiti e alle storie familiari che ha potuto ascoltare fin da piccolo che trasformano il romanzo in un'opera di grande rilevanza storica e trascinano il lettore dentro le strade di una oscura Birmingham di fine Ottocento ed inizio Novecento dove per far parte dei Peaky Blinders non serviva necessariamente aver compiuto un omicidio, ma semplicemente aver rubato delle pagnotte o essere protagonisti di un turpiloquio.

La vera storia dei Peaky Blinders è un romanzo completo, ma breve: in sole 211 pagine Carl Chinn riesce a tessere una maglia completa e ricca di sfumature che, sebbene smentisce molte parti della serie televisiva, non ne fa perdere il fascino. C'è anche spazio per due aggiunte di grande impatto storico: a metà libro sono presenti delle testimonianze fotografiche che ritraggono, tra gli altri, la sindacalista Jessie Eden, Thomas Street, il negozio di scommesse illegali della famiglia Chinn, la Garrison Tavern e la gang dei Sabini. Mentre sul finale racconta la storia di Billy Kimber, Darby Sabini, Alfie Solomon e la famiglia Changretta.

Tutti loro esistettero veramente e l'autore ha anche avuto la fortuna di farsi raccontare degli aneddoti proprio da Simeon Solomon (fratello minore del vero Alfie), Juliet Banyard e Justin Jones (pronipoti di Billy Kimber) e addirittura Mark Hanson (pronipote della famosa sindacalista Jessie Eden). Proprio grazie a loro, oltre che alle ricerche storiche, Chinn è riuscito a raccontare esattamente come si è svolta la guerra degli ippodromi del 1921 combattuta tra la banda di Birmingham capitanata da Kimber e quella di Sabini.

Il punto di vista editoriale

Per quanto riguarda la componente editoriale, La vera storia dei Peaky Blinders è un prodotto di ottima qualità. La copertina flessibile con tanto di sovraccoperta è di pregevole fattura, mentre la rilegatura è robusta e resistente e la qualità della carta è di ottima manifattura con una buona grammatura e ruvidità. Il formato, infine, è compatto e di piccole dimensioni che lo rendono anche facilmente trasportabile.

Conclusione

La vera storia dei Peaky Blinders è un'opera completa e dettagliata che descrive esattamente come era Birmingham sotto il potere criminale dei Peaky Blinders. La lettura scorre velocemente e risulta, dopo le prime pagine, leggera ed estremamente scorrevole sorretta anche da ricche note bibliografiche a fine romanzo. Nonostante si tratti di un romanzo storico, l'autore tratta l'argomento con estrema semplicità come a voler accompagnare il lettore dolcemente all'interno di vicoli bui e poco conosciuti della storia che, nel bene e nel male, ha caratterizzato l'Inghilterra di fine Ottocento. Dopotutto Carl Chinn è stato inserito nell'Ordine dell'Impero britannico da parte della Regina Elisabetta II per i suoi "servizi alla storia locale e alle organizzazioni benefiche" e si comprende perfettamente il motivo di tale nomina.