Monaco: Sull'orlo della guerra, gli uomini dietro la Storia

Monaco: Sull'orlo della guerra, Netflix racconta gli uomini dietro la Storia in un film con Jeremy Irons tratto dal romanzo di Richard Harris.

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a cura di Manuel Enrico

La storia è una severa maestra. Spesso non contano le intenzioni di coloro che la scrivono, ma solo l’esito delle loro scelte, soggette al giudizio ultimo dei posteri, come ci insegna Monaco: Sull’orlo della guerra, nuova produzione originale di Netflix. Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris, autore con una particolare predilezione per il romanzo storico e  già apprezzato dal mondo del cinema (Il ghostwriter, L’ufficiale e la spia), Monaco: Sull’orlo della guerra è una produzione che si inserisce all’interno di una tradizione cinematografica che non si limita a raccontare la storia dai libri scolastici, ma che cerca di fotografare il lato umano dietro grandi eventi che hanno segnato il mondo contemporaneo.

Pellicole come Thirteen Days, Operazione Valchiria o Il ponte delle spie hanno mostrato come la ricostruzione storica possa sposarsi al meglio con una narrazione che si intrecci al thriller e al racconto sponistico in chiave diplomatica. Una chiave narrativa che viene ben interpretata anche da Ben Power, che adatta la sceneggiatura del romanzo di Harris per il cinema, ponendo tra le mani del regista Christian Schwochow un intreccio spionistico di alto livello.

Monaco: Sull'orlo della guerra, oltre la storia ufficiale

Una visione che offre diversi spunti, a secondo di quanto lo spettatore conosca i mesi che precedettero lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La figura di Neville Chamberlain (Jeremy Irons), primo ministro britannico dell’epoca, che forte della sua politica del gentlemen agreement concesse a Htiler di annettere i Sudeti, venendo in seguito ricordato come l’uomo che consentì al Terzo Reich di ascendere al ruolo di minaccia mondiale. Ma cosa si nascose realmente dietro questo delicato passaggio diplomatico? Una risposta che trova una risposta, forse nemmeno troppo lontana dalla verità, in Monaco: Sull’orlo della guerra.

Hugh Legat (George MacKay) e Paul von Hartmann (Jannis Niewöhner) sono due giovani promesse della diplomazia europea. Britannico il primo e tedesco il secondo, hanno una visione differente del futuro dell’Europa, frutto di due differenti idee: tradizionale il giovane inglese, algido e misurato, più sfrenato e spinto verso una grandeur Von Hartmann. Un’amicizia che viene testata dall’ascesa del nazionalsocialismo in terra tedesca, abbozzata nel rapporto dei due giovani ma che diviene una realtà quando, sei anni dopo, l’Inghilterra si prepara ad affrontare un complesso momento sullo scacchiere internazionale, quando il Terzo Reich si appresta a volere invadere la Repubblica Cecoslovacca, mirando ad annettere la regione dei Sudeti.

Hugh Legat è entrato nell’equipe politica del primo ministro Neville Charmberlain, vivendo in prima linea le complesse vicende del momento. Una difficoltà che complica anche il suo matrimonio, che risente inevitabilmente della tensione. In Germania, von Hartmann è entrato nel corpo diplomatica tedesco come traduttore, posizione che lo porta a entrare in contatto con elementi contrari all’ascesa di Hitler, venendo in possesso di un documento che mostra le reali intenzione del Fuhrer: la famigerata teoria dello ‘spazio vitale’.

Un segreto che scuote profondamente Von Hartmann, come altri diplomatici suoi colleghi. La decisione è di cercare un modo di avvisare fuori dalla Germania delle reali intenzioni del Reich, vedendo nell’incontro di Monaco tra Germania, Italia, Francia e Gran Bretagna che avrebbe deciso le sorti della Cecoslovacchia. Von Hartmann vede nella presenza del vecchio amico Legat la possibilità di avvertire gli inglesi, fermando Hitler prima che sia troppo tardi.

Monaco: Sull’orlo della guerra vede in questo cruciale passaggio storico la perfetta occasione per costruire una vicenda che non sia semplice fantapolitica ma anche una valorizzazione emotiva che vada oltre un semplice stereotipo, oltre la storia scritta dai vincitori. Lavorando sul materiale originario di Harris, Power costruisce una sceneggiatura solida, in cui il giudizio di questi statisti e degli uomini al loro seguito viene edulcorato dal senno di poi, ma calato all’interno di quelle che erano le contingenze del momento.

Il fulcro emotivo della vicenda è il rapporto tra Legat e von Hartmann, ma grazie a una superlativa interpretazione di Jeremy Irons (Zack Snyder's Justice League, Watchmen), che presta la sua vis interpretativa al primo ministro britannico. Personaggio giudicato in modo secco dalla storia, il Chamberlain di Irons è un uomo afflitto da rimorsi risalenti al primo conflitto mondiale, che ancora cerca di proteggere il proprio paese dagli orrori di un nuovo conflitto su larga scala. Un’ostinata difesa della pace che trova nelle sue mosse politiche, venate anche di una certa presunzione, che viene contrapposta a una più ferrea e rigida caratterizzazione di Hitler (Ulrich Mattheos), ritratto come un uomo dall’arguzia feroce, dispotico e ossessionato da una grandezza per il proprio paese.

L'altro lato della storia

La cura nella definizione del clima internazionale del periodo è centrale in Monaco: Sull’orlo della guerra. Che si tratti della pesante cappa di ansia e recriminazione da parte di Legat, o della valorizzazione del dissenso di una parte non indifferente del popolo tedesco, contraria all’ascesa del Terzo Reich. Una costruzione emotiva che passa da esercizi di stile di Schwochow, capace di indugiare con il suo occhio su piccoli gesti che denotano la forte emotività dei personaggi, che si tratti dei vezzi di Chamberlain, delle scattose movenze di von Hartmann, preda della disperazione, o la algida compostezza di MacKay, che lascia trapelare un’emotività complessa e non facilmente definibile, costretta tra obblighi morali e speranze infrante.

Schwochow si muove con pacatezza lungo le scene, costruisce quadri in cui si muovono figure storiche che sembrano asincrone con la realtà che arriverà negli anni seguenti. Una persistente sensazione di ineluttabilità che permane anche nei momenti di apparente vittoria di Chamberlain, che trova una summa perfetta nel ritorno in patria, dove l’incredibile ottimismo del primo ottimismo si scontra con lo sguardo inquieto di Legat, poco prima che l’occhio di Schwochow si sposti sul cielo, oscuratori con l’arrivo di una oramai incombente tempesta.

Monaco: Sull’orlo della guerra è costruito su una solida sceneggiatura, resa magnetica dell’interpretazione di un cast di prim’ordine, su cui primeggia uno straordinario Jeremy Irons. Come le altre pellicole del genere citate in apertura, Monaco: Sull’orlo della guerra è un avvincente ritratto di una pagina della nostra storia recente, arricchita da una parentesi umana di grande caratura.