The Expanse: L'ira di Tiamat, la fine è solo un altro inizio [Recensione]

Con The Expanse: L'ira di Tiamat, si conclude la saga della Rocinante: una meritata, seppur sofferta, conclusione di tutta la saga.

Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

La versione seriale di The Expanse si è conclusa, per ben noti motivi, non con la fedele trasposizione del finale della saga letteraria, ma ha visto nella risoluzione del conflitto tra Interni e la Marina Libera guidata da Marco Inaros un ideale saluto ai fan della serie di Prime Video. Nulla da contestare, ma la recente uscita dell’ultimo volume della saga letteraria scritta da James S.A. Corey, L’Ira di Tiamat, ha svelato come The Expanse riesce dove molte altre saghe hanno mostrato una certa fragilità: il finale.

  • Per iscrivervi al servizio di streaming Prime Video sfruttando anche i 30 giorni di prova, potete utilizzare questo link.

Non che un finale sia definitivo in senso assoluto. Caposaldi della letteratura sci-fi hanno dimostrato come il successo o la voglia di espandere ulteriormente una trama promettente abbiano spinto gli autori a rimettere mano alle proprie opere, che si tratti di capitoli intermedi, come accaduto con il Ciclo delle Fondazioni, o per raccontare momenti antecedenti al corpus letterario principale, aspetto su cui ha fondato una nuova vita il ciclo di Dune. Per The Expanse, questa possibilità si è strutturata in maniera differente, tramite una segmentazione della trama che ha consentito di vedere tre archi principali: l’avvento della protomolecola, la guerra tra Pianeti Interni e Cinturiani e, infine, l’apparente conclusione del viaggio. Sul perché sia ‘apparente’, ci arriveremo tra poco.

The Expanse: L'ira di Tiamat, la fine della saga della Rocinante

Contrariamente ad altre grandi space opera, The Expanse ha sempre cercato di coinvolgere i lettori all’interno di una narrazione credibile, che illudesse di potere essere realmente coinvolti in una storia che potrebbe avere luogo tra una manciata di decenni. Pur con la presenza di un elemento alieno, come la protomolecola, non si può negare che questa componente tradizionale della sci-fi è stata declinata all’interno di un treccio che la ha resa funzionale alla storia, senza causare una rottura con questa particolare empatia tra lettori e autori. Questo elemento fantastico, per quanto centrale all’interno dell’evoluzione della trama, non è mai stato reso il cardine unico della saga, ma è stato anche coraggiosamente messo in secondo piano, specialmente dopo gli eventi avviatisi cone Babylon’s Ashes – Il Destino, dove l’attenzione viene riportato all’interno del Sistema Solare per una resa dei conti a lungo attesa.

E’ proprio nella guerra che ha devastato il Sistema Solare che si ritrovano le radici dell’ultimo capitolo della saga, composto non solo dall’epilogo vero e proprio, L’ira di Tiamat, ma anche da Persepolis Rising- La Rinascita. È infatti in questo settimo capitolo che viene rivelato come i traditori marziani che avevano supportato la Marina Libera siano giunti su uno dei lontani mondi resi accessibili dagli anelli, Laconia. Qui, guidati dall’alto console Winston Duarte, hanno utilizzato la protomolecola trafugata a Fred Johnson durante i primi tempi della guerra tra Pianeti Interni e i Cinturiani guidati da Marco Inaros per creare un nuovo mondo, un nuovo impero. Studiando le potenzialità della protomolecola e sfruttando le incredibili tecnologie ritrovate su Laconia, Duarte è riuscito a creare una potenza tale da poter cullare il sogno di un impero umano, guidato da una mente illuminate che, tramite la scienza nata dallo studio della protomolecola, può assurgere all’immortalità, divenendo un vero e proprio dio-imperatore (forte, in tal senso, l’influenza della narrativa di Herbert padre). Ma per raggiungere questo scopo, è inevitabile un’ultima guerra contro il Sistema Solare. E ancora una volta James Holden e l’equipaggio della Rocinante dovranno intervenire per fermare l’ennesima guerra che potrebbe devastare l’umanità.

Rimani aggiornato su tutte le nostre news ed articoli. Iscriviti al canale Telegram di CulturaPOP

Contrariamente alle precedenti imprese dell’equipaggio della Rocinante, il duo autoriale composto da Ty Franck e Daniel Abraham sceglie di mostrare i protagonisti non più come gli eroi idealisti che abbiamo sempre conosciuto, ma adatta il loro ruolo al passare del tempo. Una costante che, all’interno di The Expanse, è stata sempre valorizzata, lasciando emergere come l’anagrafica di Holden e compagni fosse un tratto che, per quanto abbozzato, rivestisse una particolare importanza. Se in precedenza questa veniva trattata come una sorta di gioco tra i protagonisti, che si interrogavano sul loro futuro, con Persepolis Rising – La Rinascita, il passaggio di due decenni dagli eventi finali di Babylon’s Ashes e la costruzione di una nuova, pacifica dinamica all’interno del Sistema Solare ha consentito a Holden, Naomi e compagni di ipotizzare una nuova esistenza, più intima e lontana dagli eventi che condizionano la società umana.

Un finale che apre a un potenziale futuro

L’avvento della nuova minaccia laconiana impedisce loro di realizzare questo sogno a lungo caldeggiato, costringendoli a rivestire nuovamente il ruolo di guide, seppure con un tono più maturo e, a tratti, disilluso. Non mancano momenti in cui percepiamo la loro stanchezza, la rassegnazione nell’avere persone care o nel comprendere come certe dinamiche interpersonali, sul lungo periodo, portino alla nascita di piccole crepe all’interno di rapporti considerati immutabili. La valorizzazione della componente umana dei personaggi è sempre stata ben sviluppata in The Expanse, ma nell’arco narrativo composto da Persepolis Rising – La Rinascita e Tiamat’s Whrat – L’Ira di Tiamat diventa ancora più centralea. Mancando lo slancio avventuroso e impetuoso tipico della giovinezza, Holden e Naomi, in particolare, sembrano più propensi a una gestione intima misurata e priva di idealismo, virata sul raggiungimento di obiettivi che li portano a scelte complesse e spesso dolorose. Una costruzione narrativa che si configura come un ottimo finale non dell’universo di The Expanse, quanto della famiglia della Rocinante, che arriva giustamente a una propria fine.

L’aspetto vincente di Tiamat’s Wrath è proprio questo concedere, infine, un meritato, seppur sofferto, riposo ai volti della saga di The Expanse. Pur non potendo nascondere la sensazione che in alcuni passaggi, specie nel finale, si sia cercato di comprimere eccessivamente tempi e linee narrative dal fin troppo ampio respiro, la conclusione presentata dagli autori è emozionante e convincente, con la furbesca scelta di una serie di battute finali che lascia comunque aperta la porta a un potenziale futuro per The Expanse.