Il panorama dei codec video sta attraversando una fase turbolenta, che inizia a tradursi in scelte drastiche da parte dei produttori di hardware. Dopo l'annuncio di Synology lo scorso anno, che aveva eliminato il supporto alla transcodifica HEVC dai suoi sistemi NAS, ora anche i principali produttori di computer desktop e laptop stanno disabilitando il supporto hardware per lo standard di compressione video H.265/HEVC. Una mossa che arriva in concomitanza con l'aumento delle royalty per le licenze HEVC, previsto per gennaio 2026, e che rischia di generare confusione tra professionali e consumatori che hanno sempre considerato questa funzionalità come standard.
L'aumento dei costi di licenza rappresenta il catalizzatore principale di questa tendenza. Secondo quanto annunciato a luglio dall'amministratore delle licenze Access Advance, e dettagliato dalla VIA Licensing Alliance che gestisce il patent pool, le royalty per HEVC negli Stati Uniti passeranno da 0,20 dollari a 0,24 dollari per unità quando si superano le 100.001 unità prodotte. Un incremento del 20% che, moltiplicato per volumi produttivi nell'ordine dei milioni di dispositivi, si traduce in costi significativi per i produttori.
Per comprendere la portata economica di questa decisione, basta guardare i dati di mercato del terzo trimestre 2025 forniti da Gartner: HP ha venduto 15.002.000 unità tra laptop e desktop, mentre Dell ha raggiunto quota 10.166.000 unità. Applicando la nuova tariffa di licenza, parliamo rispettivamente di 3,6 milioni e 2,4 milioni di dollari aggiuntivi per trimestre, solo per questi due produttori. Una spesa che evidentemente i produttori preferiscono evitare, scaricandone le conseguenze sugli utenti finali.
La giustificazione ufficiale offerta da aziende come Synology nell'annuncio dello scorso anno fa leva sulla diffusione capillare del supporto ai codec video sui dispositivi client, dai smartphone ai tablet, dai computer ai televisori smart. L'argomentazione sostiene che la transcodifica lato server sia ormai superflua, con benefici in termini di riduzione dell'uso di risorse e miglioramento dell'efficienza nell'elaborazione dei media, specialmente in ambienti con numerosi utenti. Una logica che sposta l'onere computazionale e la gestione delle licenze dall'hardware server e desktop ai dispositivi di riproduzione.
Tuttavia, questa strategia si scontra con la realtà dell'adozione crescente di HEVC in ambito professionale e consumer. Il codec H.265 offre una compressione fino al 50% superiore rispetto al predecessore H.264/AVC a parità di qualità visiva, rendendolo fondamentale per flussi di lavoro che coinvolgono video in 4K e superiori. Applicazioni di editing video, software di videoconferenza avanzati e piattaforme di content creation stanno progressivamente adottando HEVC come standard, andando oltre il semplice streaming di contenuti da Netflix o servizi similari.
La comunità tech ha reagito con frustrazione, sottolineando l'assurdità della situazione: sistemi venduti a oltre 800 dollari, appartenenti a linee denominate "Pro" – quindi posizionate per uso professionale dove HEVC è ampiamente utilizzato – vengono privati di funzionalità che erano considerate standard da anni. La disabilitazione dell'accelerazione hardware per HEVC costringe gli utenti a ricorrere alla decodifica software, con conseguente aumento significativo del carico sulla CPU, riduzione dell'autonomia sui dispositivi portatili e potenziali problemi di fluidità nella riproduzione di contenuti ad alta risoluzione.
La situazione potrebbe accelerare l'adozione di alternative royalty-free come AV1, promosso dalla Alliance for Open Media e supportato da giganti tech come Google, Amazon, Netflix, Microsoft e Apple, sebbene l'ecosistema hardware e software per AV1 sia ancora in fase di consolidamento rispetto all'onnipresente HEVC.