iRobot, l'azienda pioniera che ha reso il termine Roomba sinonimo di aspirapolvere robot, ha dichiarato bancarotta e si appresta a essere acquisita dal suo produttore a contratto cinese Picea Robotics. Dopo 35 anni di attività e oltre due decenni dal lancio del primo Roomba nel 2002, la storica società con sede in Massachusetts ha presentato richiesta di protezione ai sensi del Chapter 11 nella tarda serata di domenica, segnando un momento spartiacque per l'intero settore della domotica.
La caduta di iRobot rappresenta un caso emblematico di come l'innovazione tecnologica, da sola, non basti più a garantire la sopravvivenza nel competitivo mercato consumer. Fondata nel 1990 come una delle prime realtà dedicate alla robotica domestica, l'azienda americana ha progressivamente visto erodere le proprie quote di mercato sotto la pressione di produttori cinesi come Ecovacs e Roborock, capaci di offrire dispositivi con specifiche tecniche paragonabili a prezzi significativamente inferiori. Nonostante continui tentativi di rinnovamento della gamma prodotti e strategie di riduzione dei prezzi, i ricavi hanno continuato a scendere inesorabilmente.
La crisi di iRobot affonda le radici in una serie di eventi concatenati che hanno minato le fondamenta finanziarie dell'azienda. Il colpo più duro è arrivato nel 2024, quando l'acquisizione da parte di Amazon, annunciata nel 2022 e valutata 1,7 miliardi di dollari, è naufragata sotto il peso delle indagini antitrust delle autorità di regolamentazione europee e statunitensi. Quel matrimonio mancato avrebbe potuto invertire il declino, garantendo all'azienda le risorse economiche e l'integrazione con l'ecosistema Alexa necessarie per competere ad armi pari con i rivali asiatici.
Le difficoltà finanziarie sono state ulteriormente aggravate dalla politica tariffaria statunitense. Secondo quanto riportato da Reuters, i dazi hanno colpito duramente la produzione di iRobot, in particolare la tariffa del 46% applicata ai prodotti importati dal Vietnam, dove l'azienda fabbrica gli aspirapolvere robot destinati al mercato americano. Una ironia amara, considerando che la produzione era stata delocalizzata proprio per diversificare la catena di fornitura e ridurre la dipendenza dalla Cina.
L'acquisizione da parte di Picea Robotics non è casuale: l'azienda cinese è già il partner manifatturiero di iRobot e ha collaborato allo sviluppo delle nuove generazioni di Roomba. Questo rapporto preesistente dovrebbe, almeno in teoria, garantire continuità operativa. Gary Cohen, CEO di iRobot, ha dichiarato che "l'annuncio di oggi segna una pietra miliare fondamentale per garantire il futuro a lungo termine di iRobot", aggiungendo che la transazione rafforzerà la posizione finanziaria dell'azienda.
Per i consumatori, almeno nell'immediato, non dovrebbero esserci conseguenze tangibili. iRobot ha assicurato che continuerà a operare senza interruzioni previste per le funzionalità dell'app, i programmi clienti, i partner globali, le relazioni nella catena di fornitura o il supporto prodotti in corso. Questo significa che i Roomba già in circolazione nelle case di milioni di utenti dovrebbero continuare a funzionare normalmente, con aggiornamenti software e assistenza tecnica garantiti. Tuttavia, restano interrogativi sul futuro sviluppo della piattaforma e sulla gestione dei dati raccolti dai dispositivi, ora sotto controllo cinese.
La vicenda ricorda per certi versi il declino di altre icone dell'elettronica consumer americana, incapaci di adattarsi alla nuova dinamica competitiva globale. Resta da vedere se la gestione sotto Picea Robotics porterà a una rinascita del marchio Roomba attraverso l'accesso a tecnologie e economie di scala cinesi, o se assisteremo a un graduale svuotamento dell'innovazione che ha reso iRobot un pioniere della robotica domestica. Per ora, i proprietari di Roomba possono tirare un sospiro di sollievo: i loro robot continueranno a pulire i pavimenti, ma sotto una bandiera diversa.