Un materiale ottico che si comporta come due dispositivi completamente diversi a seconda del punto da cui la luce vi accede. Sembra fantascienza, eppure un gruppo di ricercatori cinesi dell'Università di Nanjing è riuscito a trasformare questo concetto in realtà di laboratorio, aprendo scenari inediti per la fotonica integrata. La chiave sta nell'utilizzo di materiali artificiali non locali, capaci di creare quello che gli scienziati definiscono "spazi fotonici paralleli", una sorta di realtà multiple per i fotoni racchiuse in un unico medium.
La ricerca, pubblicata su Nature Communications, si basa sulla manipolazione delle relazioni di dispersione spostate nello spazio dei momenti. In pratica, gli scienziati hanno progettato materiali in cui le proprietà ottiche dipendono radicalmente dal confine attraverso cui la luce entra nel sistema. Il risultato è sorprendente: un fascio luminoso che penetra da un lato incontra un insieme specifico di caratteristiche ottiche, mentre un altro fascio che accede da un confine diverso sperimenta proprietà completamente diverse, senza alcuna interferenza reciproca.
Per rendere l'idea, i ricercatori hanno fatto riferimento all'armadio magico de "Le cronache di Narnia", dove porte diverse conducono a mondi separati pur trovandosi nello stesso luogo fisico. Nel caso dei loro esperimenti, però, non si tratta di letteratura fantasy ma di applicazioni concrete della fisica fotonica.
Due dimostrazioni pratiche hanno evidenziato le potenzialità di questa tecnologia. Nei test condotti con microonde, il team ha realizzato un materiale artificiale non locale allungato che funziona come un "tunnel ottico invisibile", una sorta di wormhole fotonico. Quando un fascio gaussiano entra dal lato corto, viene confinato e trasmesso come se viaggiasse attraverso una guida d'onda con indice di rifrazione zero. Al contrario, quando la luce colpisce il lato lungo, il materiale presenta una riflessione quasi nulla grazie all'adattamento omnidirezionale dell'impedenza nello spazio fotonico parallelo, rendendosi di fatto invisibile alla luce esterna.
Ancora più affascinante è il secondo risultato ottenuto: le cosiddette "realtà multiple fotoniche". Il medesimo materiale può imitare oggetti o dispositivi ottici arbitrari in base al punto di ingresso della luce. In uno degli esperimenti, lo stesso campione disperde la luce come farebbe un oggetto a forma di barca quando illuminato da un confine, mentre si comporta come uno scattering a forma di albero se la luce proviene da un'altra direzione. In un'altra dimostrazione, funziona simultaneamente come lente convessa e lente concava, operando in modo indipendente come se le due lenti esistessero in dimensioni separate.
Come spiega Yun Lai, professore presso la Scuola di Fisica dell'Università di Nanjing, questo approccio consente di emulare fenomeni di dimensioni superiori in un laboratorio fotonico. "È come ospitare due realtà ottiche in un unico materiale, aprendo la porta a dispositivi compatti e multifunzionali precedentemente inimmaginabili", afferma il ricercatore. L'obiettivo non è costruire veri wormhole o multiversi, ma rendere questi concetti pratici per l'ingegneria.
Le implicazioni pratiche di questa scoperta potrebbero rivoluzionare diversi settori tecnologici. Dai chip fotonici altamente integrati ai sistemi ottici compatti, fino all'elaborazione dell'informazione fotonica, la non località emerge come un nuovo grado di libertà per la manipolazione della luce. La possibilità di integrare dispositivi ottici più densi senza diafonia incrociata, con funzioni multiple coesistenti nello stesso spazio fisico, rappresenta un salto qualitativo significativo.