Nella ricerca biomedica contemporanea si sta consolidando una pratica tanto antica quanto controversa: infettare deliberatamente volontari sani per accelerare lo sviluppo di vaccini e comprendere meglio le dinamiche delle infezioni. Questa metodologia, nota come "human challenge trial", sta vivendo una rinascita senza precedenti dopo decenni di marginalità, spinta dall'urgenza generata dalla pandemia di COVID-19. Il cambio di paradigma è talmente significativo che in Europa è sorta la prima struttura interamente dedicata a questo tipo di sperimentazione: Vaccinopolis, un centro da 20 milioni di euro inaugurato nel 2022 dall'Università di Anversa, in Belgio, progettato specificamente per ospitare volontari disposti a contrarre malattie in condizioni controllate.
La logica scientifica che giustifica questi studi risiede nella loro straordinaria efficienza temporale. Mentre i trial vaccinali convenzionali richiedono migliaia di partecipanti e mesi o anni di osservazione, aspettando che un numero statisticamente significativo contragga naturalmente la malattia, gli human challenge trials permettono di ottenere dati preliminari in poche settimane con poche decine di volontari. Christopher Chiu, ricercatore dell'Imperial College London specializzato in malattie infettive, ha guidato nel 2021 il primo trial di questo tipo per il coronavirus SARS-CoV-2, esponendo 36 volontari sani di età compresa tra 18 e 30 anni a una dose controllata del virus. Diciotto di loro hanno sviluppato l'infezione e sono stati monitorati per quattro settimane, fornendo informazioni cruciali: anche dosi minime del virus possono causare infezione, ma i giovani tendono a manifestare sintomi più lievi.
La metodologia si rivela particolarmente preziosa per patogeni difficili da studiare con approcci tradizionali. Il norovirus, responsabile di gastroenteriti acute che uccidono circa 200.000 persone all'anno e che muta abbastanza rapidamente da eludere il sistema immunitario, rappresenta un esempio emblematico. All'inizio del 2025, l'azienda biotecnologica californiana Vaxart ha condotto un trial in cui oltre cento volontari hanno bevuto frullati contaminati dal virus: metà aveva ricevuto un mese prima una compressa del vaccino sperimentale dell'azienda. Monitorando chi si ammalava e con quale gravità, gli scienziati hanno valutato l'efficacia del trattamento in poco più di una settimana, osservando sintomi più lievi nei vaccinati e una riduzione della carica virale eliminata.
Questa capacità di controllare con precisione chi viene infettato e quando risolve un problema critico emerso durante precedenti epidemie di Ebola, dove i tassi di infezione naturalmente bassi rendevano impossibile testare i vaccini non per loro inefficacia, ma per mancanza di casi sufficienti a generare confronti statisticamente significativi. Entrambi i vaccini antimalarici attualmente approvati sono stati inizialmente identificati proprio attraverso challenge trials prima di progredire verso sperimentazioni su larga scala, come sottolinea Chiu. Sebbene questi studi non possano sostituire completamente i trial clinici convenzionali – necessari per ottenere l'approvazione regolatoria – permettono ai ricercatori di selezionare quali candidati vaccinali meritano investimenti maggiori.
Vaccinopolis incarna questa nuova fase della ricerca biomedica. La struttura dispone di 30 camere private con bagno, frigorifero e microonde, ed è attrezzata per gestire patogeni fino al livello di biosicurezza 3, che include il coronavirus, i batteri responsabili della peste e della tubercolosi. Durante i trial di malattie particolarmente pericolose, i partecipanti rimangono confinati nelle loro stanze dotate di filtri d'aria e pressione negativa, mentre per infezioni meno rischiose come l'influenza possono socializzare nelle aree comuni indossando mascherine per evitare di influenzare reciprocamente le risposte immunitarie.
Pierre Van Damme, direttore del centro di ricerca presso l'Università di Anversa, coordinerà a metà 2026 uno studio su come si diffonde l'influenza, parte dello sforzo per affinare strumenti e conoscenze prima della prossima minaccia pandemica. L'obiettivo principale è l'immunità mucosale, la prima linea di difesa dell'organismo situata in naso, gola e polmoni contro i patogeni respiratori. Van Damme e altri ricercatori ritengono che potenziare questa risposta immunitaria iniziale possa essere la chiave per sviluppare vaccini che non solo prevengano la malattia, ma blocchino anche la trasmissione. I vaccini convenzionali, infatti, addestrano il sistema immunitario a impedire che le persone si ammalino gravemente, ma non necessariamente che trasportino e trasmettano l'infezione ad altri, anche in assenza di sintomi evidenti.
I vaccini mucosali, somministrati solitamente tramite spray nasale o compresse orali, mirano a innescare risposte immunitarie nei punti di ingresso comuni per batteri e virus. Bloccare un patogeno in quella sede potrebbe prevenire sia la malattia sia la sua diffusione. "Allora penso che ci stiamo davvero muovendo verso la vaccinologia 2.0", afferma Van Damme. "Si apre una dimensione completamente nuova perché l'immunità di gregge sarà ottenuta molto più facilmente." Diversi vaccini COVID-19 mucosali sono già stati approvati in Cina, India e Russia, ma finora esistono pochi dati sul loro effetto sulla trasmissione. Chiu intende scoprirlo nel suo nuovo challenge trial: "Abbiamo chiesto agli sviluppatori di portarci i loro candidati vaccinali, che testeremo per dimostrare che fanno un lavoro migliore nel prevenire infezione e trasmissione rispetto ai vaccini iniettabili."
Il reclutamento di volontari per questi studi richiede criteri specifici. Jake Eberts, consulente di Washington DC, ha partecipato nel 2022 a un trial condotto dall'Università del Maryland per testare un vaccino contro la Shigella, batterio responsabile della dissenteria. Motivato dall'opportunità di contribuire alla lotta contro una malattia che uccide 600.000 persone all'anno, principalmente bambini sotto i cinque anni, Eberts ha ricevuto un compenso di 7.350 dollari per la partecipazione. Un mese dopo aver ricevuto il vaccino o un placebo, ha bevuto una soluzione contenente Shigella e si è ammalato gravemente quella stessa notte. Trattato con antibiotici e reidratazione, si è ripreso entro pochi giorni. I risultati pubblicati hanno mostrato benefici modesti ma significativi: i tassi di diarrea sono scesi dall'82 al 68 per cento, la febbre dal 68 al 55 per cento, e i sintomi gravi di dissenteria sono diminuiti dal 55 al 18 per cento.
La progettazione di questi trial mira a minimizzare i rischi per i volontari: solo effetti a breve termine e trattamenti di "salvataggio" garantiti per interrompere la malattia se necessario. Non tutti i patogeni sono considerati idonei. Nel 2017, gli eticisti hanno bloccato un trial proposto per Zika basandosi su "preoccupazioni che potesse causare paralisi duratura o essere trasmesso inconsapevolmente ai partner sessuali." Al momento del trial di Eberts, il rischio era stato rivalutato come inferiore, ma ai partecipanti è stato comunque richiesto di astenersi o usare protezioni per diverse settimane successive.
Il confine tra rischio accettabile e inaccettabile rimane centrale. Charles Weijer della Western University in Canada sostiene che i primi challenge trials per COVID-19 abbiano ignorato incertezze a lungo termine, incluso il rischio di long COVID. "Ci sono importanti vincoli etici sugli studi challenge, e penso che nel contesto del COVID-19 le persone semplicemente non prestassero attenzione a quei vincoli", afferma Weijer. Chiu replica che con tanta trasmissione già in corso nel Regno Unito, la maggior parte dei volontari si sarebbe comunque infettata, e i follow-up hanno mostrato che gli effetti a lungo termine erano rari nei giovani sani: nel suo trial COVID-19, l'unica complicazione duratura è stata un singolo caso di perdita dell'olfatto, successivamente recuperato. I volontari hanno ricevuto 4.500 sterline, circa 12 sterline l'ora considerando le 16 giornate di quarantena.
Un database gestito da 1 Day Sooner, gruppo di advocacy per la ricerca con sede negli Stati Uniti, registra oltre 60 studi challenge in corso o pianificati per sviluppare potenziali trattamenti contro gonorrea, febbre gialla e parassiti tropicali come l'anchilostoma. La prospettiva futura include l'espansione verso malattie che hanno storicamente sfidato gli approcci tradizionali, con la possibilità concreta di accelerare lo sviluppo di una nuova generazione di vaccini capaci non solo di proteggere i singoli individui, ma di interrompere le catene di trasmissione a livello di popolazione.