La natura del tempo e della realtà fisica rappresenta da sempre uno dei grandi enigmi della scienza fondamentale. Oggi, grazie agli esperimenti di meccanica quantistica più sofisticati, sappiamo che il passato non è necessariamente fisso e immutabile come il senso comune suggerirebbe. Una serie di esperimenti noti come "esperimenti a scelta ritardata" (delayed choice experiments) hanno dimostrato che le decisioni di misurazione effettuate nel presente possono influenzare il modo in cui il passato stesso si configura a livello quantistico. Si tratta di una delle manifestazioni più controintuitive della teoria quantistica, eppure confermata sperimentalmente in numerose varianti.
La meccanica quantistica, sviluppata nel primo Novecento da pionieri come Erwin Schrödinger, Werner Heisenberg e Niels Bohr, è la teoria fisica più accurata mai formulata. Essa governa il comportamento di atomi, elettroni, fotoni e tutte le particelle subatomiche, ed è alla base di discipline come la chimica, la fisica delle particelle, la scienza dei materiali e la biologia molecolare. Le tecnologie contemporanee – dai laser ai dispositivi a semiconduttore, dagli smartphone alla risonanza magnetica nucleare – sono applicazioni dirette dei principi quantistici. Tuttavia, nonostante il suo successo predittivo straordinario, la meccanica quantistica pone interrogativi filosofici profondi sulla natura della realtà.
Nel mondo macroscopico quotidiano, assumiamo che gli oggetti possiedano proprietà definite e indipendenti dall'osservazione: una sedia ha una posizione precisa nello spazio, un'auto ha una velocità determinata, indipendentemente dal fatto che qualcuno li stia misurando. La misurazione, nella fisica classica, rivela semplicemente uno stato preesistente. Ma nel micromondo quantistico questa intuizione crolla. Le particelle subatomiche non possiedono proprietà definite fino al momento della misurazione. Prima dell'osservazione, esistono in uno stato di sovrapposizione quantistica, una sorta di amalgama di molteplici realtà potenziali simultanee.
Un elettrone, ad esempio, prima di essere osservato non si trova in un punto preciso dello spazio, ma è distribuito secondo una funzione d'onda che descrive probabilità, non certezze. Solo quando si effettua una misurazione di posizione, l'elettrone "collassa" in una località specifica. Ma se invece si sceglie di misurare la velocità dell'elettrone, l'atto di misurazione proietta nella realtà un'entità differente: non più un elettrone localizzato (che si comporta come una particella), ma un elettrone con velocità definita, che manifesta proprietà ondulatorie. Questa dualità onda-particella, confermata da innumerevoli esperimenti, implica che la natura stessa della particella dipende dal tipo di misurazione che l'osservatore decide di compiere.
L'aspetto più sconcertante emerge quando si considera la dimensione temporale. Il celebre esperimento della doppia fenditura, eseguito per la prima volta dal fisico inglese Thomas Young nel 1801 con la luce visibile, rappresenta la dimostrazione paradigmatica della natura ondulatoria della radiazione elettromagnetica. Quando un fascio di luce attraversa due fenditure ravvicinate praticate in uno schermo opaco, sul secondo schermo si osservano frange di interferenza: una serie alternata di bande luminose e scure. Questo fenomeno è spiegabile solo se la luce si comporta come un'onda che passa simultaneamente attraverso entrambe le fenditure, creando pattern di interferenza costruttiva e distruttiva.
Quando si posiziona un rivelatore vicino alle fenditure per determinare da quale delle due sia effettivamente passato ogni fotone, il pattern di interferenza scompare completamente. L'atto di osservazione costringe il fotone a comportarsi come una particella localizzata, eliminando le proprietà ondulatorie. Questo esperimento può essere realizzato anche con elettroni, atomi e persino molecole complesse, con risultati identici: la scelta di osservare o meno il percorso determina quale aspetto della realtà quantistica si manifesti.
Il fisico teorico John Archibald Wheeler, noto per aver coniato il termine "buco nero", propose negli anni Settanta una variante rivoluzionaria di questo esperimento: l'esperimento a scelta ritardata. L'idea geniale consiste nel rinviare la decisione se osservare o meno il percorso del fotone fino a quando questo ha già attraversato le fenditure ed è in viaggio verso lo schermo finale. In pratica, l'osservatore può scegliere retroattivamente quale aspetto della realtà indagare, dopo che l'evento si è già verificato. Wheeler realizzò che questa configurazione avrebbe permesso di testare sperimentalmente se la scelta dell'osservatore influenzi non solo il futuro, ma anche il passato del sistema quantistico.
Gli esperimenti a scelta ritardata sono stati effettivamente realizzati in laboratorio a partire dagli anni Ottanta, utilizzando dispositivi ottici sofisticati e sistemi di commutazione ultraveloci. I risultati confermano le previsioni quantistiche: quando la decisione di "guardare indietro" viene presa dopo che il fotone ha attraversato le fenditure, il pattern di interferenza appare o scompare esattamente come se la scelta fosse stata fatta in anticipo. In termini rigorosi, la misurazione eseguita nel presente riduce la sovrapposizione quantistica che descriveva il passato, selezionando retrospettivamente quale delle molteplici storie potenziali del fotone diventi "reale" nella nostra descrizione classica.
Non si tratta di vera retrocausalità nel senso di inviare segnali nel passato o violare il principio di causalità relativistica. Le velocità coinvolte negli esperimenti terrestri sono limitate dalla velocità della luce, e nessuna informazione può essere trasmessa a ritroso nel tempo in modo da creare paradossi temporali. Piuttosto, come sosteneva Wheeler, "il passato non ha esistenza se non in quanto registrato nel presente". In assenza di misurazione, coesistono molteplici passati quantistici in sovrapposizione; l'atto di osservazione seleziona quale tra queste storie potenziali viene promossa a realtà macroscopica osservabile.
Wheeler immaginò anche una versione cosmologica dell'esperimento a scelta ritardata. Consideriamo un quasar distante miliardi di anni luce la cui luce viene deflessa dal campo gravitazionale di una galassia massiccia interposta, creando due o più immagini gravitazionalmente lensate visibili dalla Terra – un fenomeno noto come lente gravitazionale. I fotoni provenienti dal quasar possono seguire percorsi diversi attorno alla galassia, arrivando sulla Terra con ritardi temporali anche di settimane o mesi. In linea di principio, un osservatore terrestre potrebbe decidere se effettuare una misurazione di interferenza sui fotoni che hanno viaggiato per miliardi di anni, determinando retroattivamente se ciascun fotone ha seguito un percorso definito o si è propagato in sovrapposizione lungo entrambi i percorsi gravitazionalmente deflessi.
Esperimenti di questo tipo su scala astronomica presentano sfide tecnologiche enormi, ma varianti di laboratorio con ritardi temporali progressivamente maggiori sono state realizzate con successo. Nel 2007, un gruppo di ricercatori coordinati da Alain Aspect all'Institut d'Optique di Palaiseau, in Francia, ha implementato un esperimento a scelta ritardata con fotoni in cui la decisione di misurazione veniva presa mentre il fotone era già in volo, confermando le predizioni quantistiche. Studi successivi hanno esteso questi risultati utilizzando fotoni intrecciati (entangled) su distanze di chilometri.
Le implicazioni filosofiche sono profonde. La fisica classica e la relatività generale di Einstein descrivono un universo in cui il passato, il presente e il futuro coesistono in un continuum quadridimensionale chiamato spaziotempo. Einstein stesso scrisse che "la distinzione tra passato, presente e futuro è solo un'illusione, sebbene persistente". Ma l'interpretazione quantistica suggerisce una prospettiva diversa: a livello macroscopico esiste effettivamente un passato univoco, registrato in documenti storici, fossili, luce stellare antica. Tuttavia, a livello microscopico fondamentale, questo passato apparentemente solido si dissolve in una molteplicità di "passati fantasma" sovrapposti, che vengono progressivamente selezionati e consolidati attraverso interazioni e misurazioni.
Questa visione ha conseguenze per la nostra comprensione della realtà fisica. Se il passato non è completamente determinato fino a quando non viene osservato, in che senso possiamo parlare di una realtà oggettiva indipendente dall'osservatore? Diverse interpretazioni della meccanica quantistica offrono risposte differenti. L'interpretazione di Copenaghen, formulata da Bohr e Heisenberg, enfatizza il ruolo centrale della misurazione. L'interpretazione a molti mondi di Hugh Everett propone che tutte le storie quantistiche possibili si realizzino effettivamente in universi paralleli. Teorie alternative come la meccanica bohmiana postulano variabili nascoste che ripristinano il determinismo. Il dibattito rimane aperto nella comunità scientifica.
Dal punto di vista sperimentale, la ricerca continua a esplorare i confini tra mondo quantistico e classico. Esperimenti recenti hanno dimostrato comportamenti quantistici in oggetti sempre più grandi, da molecole biologiche complesse fino a oscillatori meccanici microscopici raffreddati a temperature prossime allo zero assoluto. Comprendere dove e come avviene la transizione dalla sovrapposizione quantistica alla realtà classica univoca – il problema della decoerenza quantistica – rappresenta una frontiera attiva della fisica fondamentale, con potenziali applicazioni nel calcolo quantistico e nelle tecnologie dell'informazione quantistica. Gli esperimenti a scelta ritardata continuano a fornire strumenti concettuali essenziali per interrogare la natura stessa del tempo, della causalità e della realtà fisica.