Nel mondo della ricerca sulla longevità, pochi casi hanno offerto una finestra così dettagliata sui meccanismi dell'invecchiamento come quello di María Branyas Morera. La donna spagnola, che ha detenuto il record mondiale di persona più anziana dal gennaio 2023 fino alla sua morte nell'agosto 2024 a 117 anni e 168 giorni, è diventata oggetto di uno studio multidisciplinare senza precedenti. I ricercatori hanno infatti analizzato ogni aspetto della sua biologia, dalla genetica al microbioma intestinale, per comprendere i segreti di una vita tanto straordinariamente lunga. Il risultato è un quadro complesso che sfida le nostre concezioni tradizionali sull'invecchiamento.
Un patrimonio genetico d'eccezione
L'analisi del DNA di Morera ha rivelato caratteristiche genetiche straordinarie che potrebbero spiegare la sua longevità eccezionale. Quando aveva 116 anni, i ricercatori guidati da Manel Esteller del Josep Carreras Leukaemia Research Institute di Barcellona hanno raccolto campioni di sangue, saliva e feci per condurre un'indagine genetica approfondita. "Possedeva un genoma eccezionale, ricco di varianti geniche associate a una maggiore durata della vita in altre specie, come cani, vermi e mosche", spiega Esteller.
Particolarmente significativa era la presenza di numerose varianti geniche che mantengono bassi i livelli di lipidi nel sangue, proteggendo così cuore e funzioni cognitive. Allo stesso tempo, la sua configurazione genetica era priva di quelle varianti associate al rischio di patologie come cancro, Alzheimer e disturbi metabolici. Questa combinazione genetica favorevole si rifletteva anche nelle sue capacità cognitive: Morera non mostrava infatti alcun segno di demenza.
Il metabolismo dei lipidi: una macchina perfetta
Gli esami del sangue hanno confermato quello che la genetica aveva suggerito: il metabolismo lipidico di Morera era tra i più efficienti mai documentati dalla scienza. "Il suo profilo lipidico era straordinario, con livelli di colesterolo bassissimi", sottolinea Esteller. Questa efficienza metabolica risultava dalla combinazione di una dieta frugale e di geni capaci di metabolizzare rapidamente le molecole dannose per l'organismo.
Il segreto alimentare di Morera risiedeva nella rigorosa aderenza a una dieta mediterranea, ricca di verdure, frutta, legumi e olio d'oliva. La sua routine includeva inoltre il consumo quotidiano di tre porzioni di yogurt naturale senza zucchero, una scelta che si sarebbe rivelata fondamentale per la salute del suo microbioma intestinale. L'assenza completa di alcol e fumo completava un quadro di abitudini alimentari e di vita estremamente virtuose.
Il microbioma della giovinezza
Una delle scoperte più sorprendenti riguarda la composizione batterica dell'intestino di Morera, che presentava caratteristiche tipiche di una persona molto più giovane. I ricercatori hanno trovato livelli elevati di Actinobacteriota, incluso il noto probiotico Bifidobacterium, batteri che normalmente diminuiscono con l'età ma che rimangono elevati nei centenari e supercentenari.
Questi batteri sono associati a molteplici benefici anti-invecchiamento, tra cui la riduzione dell'infiammazione. Il team sospetta che il consumo regolare di yogurt abbia contribuito a mantenere costantemente elevati i livelli di Bifidobacterium. "Questo dimostra che forse un intervento dietetico può essere associato non solo all'evitare obesità e altre patologie, ma anche a una vita prolungata, agendo attraverso il panorama del microbioma intestinale", osserva Esteller.
L'orologio biologico rallentato
Per determinare se l'età biologica di Morera differisse sostanzialmente da quella cronologica, gli scienziati hanno creato un orologio epigenetico basato sulla metilazione del DNA. Questo processo, attraverso il quale il DNA aggiunge o rimuove marcatori chimici che controllano l'attivazione dei geni, fornisce indicazioni precise sull'invecchiamento biologico reale dell'organismo.
I risultati sono stati straordinari: l'età biologica di Morera risultava in media 23 anni più giovane rispetto a quella cronologica. "Questa è una delle ragioni per cui era ancora viva", commenta Esteller. Insieme a un sistema immunitario rimasto efficiente fino alla vecchiaia, questo rallentamento dell'orologio biologico rappresentava un fattore cruciale della sua longevità.
Fortuna o predisposizione genetica?
Nonostante l'entusiasmo per questi risultati, la comunità scientifica mantiene un approccio cauto nell'interpretazione dei dati. Richard Faragher dell'Università di Brighton avverte che si tratta del rapporto su un singolo individuo e che esiste il "pericolo che una variante leggermente insolita in un gene possa essere trasformata in una storia scientifica inventata sulla sua rilevanza per l'invecchiamento".
Secondo Faragher, esistono due spiegazioni principali per la sopravvivenza di individui molto longevi: la presenza di caratteristiche speciali, ad esempio genetiche, oppure il bias di sopravvivenza, ovvero semplicemente la fortuna. Per dimostrare che la longevità di Morera non fosse dovuta solo alla fortuna, sarebbe necessaria evidenza di una familiarità per la longevità, elemento non presentato in questo studio.
Tuttavia, la ricerca di Esteller e del suo team rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione della longevità umana. "Il nostro studio dimostra che superare tali malattie è una combinazione di buoni geni più altri fattori: un microbioma benefico, un'età biologica rallentata mostrata da un epigenoma più giovane e un sistema immunitario efficiente, più la parte comportamentale: niente fumo, niente alcol, dieta povera di grassi", conclude il ricercatore. La storia di María Branyas Morera continua così a offrire preziose lezioni sulla possibilità di invecchiare mantenendo salute e vitalità.