Nel panorama delle tecnologie per la decarbonizzazione, l'idrogeno occupa una posizione tanto promettente quanto controversa. Questo elemento, il più abbondante nell'universo, rilascia energia quando si combina con l'ossigeno producendo come unico sottoprodotto acqua. Tuttavia, la realtà industriale attuale racconta una storia diversa: il 99% dell'idrogeno prodotto oggi è "grigio", ottenuto dalla decomposizione del metano o del gas di carbone, processi che liberano anidride carbonica nell'atmosfera. La sfida per i prossimi anni consiste nel sostituire questa produzione inquinante con alternative a basse emissioni, ma i costi elevati e le incertezze politiche stanno rallentando una transizione che molti consideravano inevitabile.
Gli analisti di BloombergNEF hanno recentemente dimezzato le loro previsioni sulla produzione di idrogeno a basse emissioni, stimando che entro il 2030 si raggiungeranno appena 5,5 milioni di tonnellate, circa il 5% del consumo attuale di idrogeno grigio. Questo ridimensionamento riflette ostacoli concreti: l'idrogeno "verde", prodotto scindendo l'acqua mediante elettricità rinnovabile, o quello "blu", ottenuto catturando la CO₂ alla fonte e iniettandola nel sottosuolo, costano almeno il doppio rispetto all'idrogeno convenzionale. L'espansione della produzione richiede sussidi governativi sostanziali, ma mentre l'Unione Europea sostiene attivamente il settore, l'amministrazione del presidente Donald Trump ha iniziato a cancellare i progetti previsti da un programma da 7 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
Di fronte a queste difficoltà, la comunità scientifica suggerisce un approccio selettivo. "L'idrogeno può fare praticamente tutto, ma questo non significa che debba farlo", afferma Russell McKenna dell'ETH di Zurigo, coordinatore di uno studio che ha analizzato 2000 progetti pianificati in tutto il mondo. La ricerca ha confrontato le emissioni di CO₂ necessarie per produrre e trasportare idrogeno a basse emissioni con quelle che questo combustibile potrebbe effettivamente sostituire. I risultati indicano che le industrie dell'acciaio, dei biocarburanti e dell'ammoniaca rappresentano i settori dove l'idrogeno può generare il maggiore impatto climatico positivo, mentre applicazioni come il trasporto stradale, la generazione elettrica e il riscaldamento domestico risultano meno efficienti dal punto di vista delle riduzioni emissive.
L'industria siderurgica costituisce un caso emblematico. Negli altiforni tradizionali, il coke derivato dal carbone non fornisce solo il calore necessario a fondere il minerale di ossido di ferro, ma partecipa anche alla reazione chimica che separa l'ossigeno dal ferro. Semplicemente sostituire il calore con elettricità rinnovabile non è sufficiente: serve un elemento che sostituisca il carbonio nella reazione, e l'idrogeno può svolgere questo ruolo emettendo acqua anziché CO₂. "La tecnologia disponibile oggi per produrre ferro a scala industriale partendo dal minerale senza generare CO₂ è l'idrogeno", spiega David Dye dell'Imperial College di Londra. "Qualsiasi altra soluzione richiederebbe l'invenzione di numerose tecnologie future".
Progetti simili sono in corso anche in altre regioni d'Europa, Asia e Nord America, ma la disponibilità di elettricità rinnovabile a basso costo rappresenta il fattore limitante cruciale. Quest'anno ArcelorMittal, multinazionale del settore siderurgico, ha rifiutato 1,3 miliardi di euro in sussidi per convertire due stabilimenti in Germania all'idrogeno, citando i costi eccessivi dell'elettricità come motivazione principale.
L'ammoniaca rappresenta un altro settore prioritario per l'applicazione dell'idrogeno a basse emissioni. All'inizio del XX secolo, i chimici Fritz Haber e Carl Bosch svilupparono un processo per far reagire l'azoto atmosferico con l'idrogeno, producendo ammoniaca convertibile in fertilizzanti. Questa innovazione rese possibile una rivoluzione agricola e il successivo boom demografico globale. Oggi circa il 70% dell'ammoniaca prodotta viene destinata ai fertilizzanti, mentre il resto alimenta la produzione di plastiche, esplosivi e altri composti chimici. "Non possiamo elettrificare questo processo perché si tratta di una reazione chimica che necessita di questo input specifico", sottolinea McKenna. "Abbiamo bisogno dell'idrogeno, ma deve essere decarbonizzato".
Paesi come l'Arabia Saudita hanno avviato la costruzione di impianti per produrre centinaia di migliaia di tonnellate di ammoniaca verde utilizzando energia solare ed eolica, principalmente per l'esportazione. Parallelamente, start-up statunitensi stanno sviluppando impianti modulari di piccole dimensioni che producono idrogeno verde e ammoniaca direttamente nelle aziende agricole. Tuttavia, tutte queste iniziative dipendono ancora da investimenti pubblici o crediti d'imposta per risultare economicamente sostenibili.
Il settore dei trasporti a lunga distanza potrebbe beneficiare significativamente dei carburanti derivati dall'idrogeno. Mentre automobili e molti veicoli commerciali leggeri possono funzionare efficientemente con l'elettricità, camion pesanti, navi e aerei incontrano difficoltà nel trasportare e ricaricare batterie sufficientemente capienti. Lo studio di McKenna ha identificato la produzione di olio vegetale idrotrattato come uno degli utilizzi più impattanti dell'idrogeno: questo processo tratta l'olio da cucina usato con idrogeno per scindere i grassi in idrocarburi combustibili.
Sia l'ammoniaca che l'olio vegetale idrotrattato sono candidati per sostituire il combustibile pesante nella navigazione marittima, responsabile del 3% delle emissioni globali. L'aviazione, che presenta un'impronta carbonica simile, potrebbe adottare ammoniaca o carburanti sintetici prodotti con idrogeno, chimicamente quasi identici al cherosene ma ottenuti senza petrolio. Nel lungo termine, ricercatori di istituzioni come la Cranfield University nel Regno Unito stanno progettando aeromobili dotati di serbatoi ultra-resistenti per contenere idrogeno compresso. Sebbene l'idrogeno e l'ammoniaca producano ossidi di azoto quando bruciati, possono essere utilizzati in celle a combustibile che li combinano con l'ossigeno generando elettricità e acqua. "L'idrogeno è il combustibile più pulito e a zero emissioni che possiamo ottenere", afferma Phil Longhurst della Cranfield University, "quindi rappresenta una sorta di Santo Graal".