La battaglia contro il colesterolo alto potrebbe presto contare su un'arma completamente nuova, diversa dai farmaci tradizionali e potenzialmente priva degli effetti collaterali che spesso accompagnano le terapie con statine. Un team di ricercatori dell'Università di Barcellona e dell'Università dell'Oregon ha messo a punto una tecnica innovativa basata su molecole di DNA specifiche, capaci di regolare i livelli di colesterolo nel sangue agendo direttamente sull'espressione genica. Si tratta di un approccio che promette di rivoluzionare la prevenzione dell'aterosclerosi, quella pericolosa condizione in cui depositi grassi si accumulano sulle pareti delle arterie compromettendo la salute cardiovascolare.
Al centro di questa strategia terapeutica c'è la proteina PCSK9, divenuta negli ultimi dieci anni un obiettivo privilegiato nella ricerca cardiovascolare. Questo enzima svolge un ruolo chiave nel determinare quanto colesterolo LDL, quello comunemente definito "cattivo", circola nel sangue. La PCSK9 si lega ai recettori presenti sulla superficie delle cellule che normalmente catturano il colesterolo LDL per eliminarlo dalla circolazione. Quando questo legame avviene, il numero di recettori disponibili diminuisce drasticamente, con il risultato che il colesterolo rimane nel flusso sanguigno aumentando il rischio di ipercolesterolemia e di formazione di placche arteriose.
I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Biochemical Pharmacology, dimostrano l'efficacia di molecole chiamate polipurine hairpins o PPRHs. Si tratta di sequenze di DNA a singolo filamento che possono legarsi con precisione a sequenze complementari di DNA o RNA. I professori Carles J. Ciudad e Verònica Noé della Facoltà di Farmacia e Scienze dell'Alimentazione dell'Università di Barcellona, insieme alla collega Nathalie Pamir dell'Università dell'Oregon, hanno identificato due specifiche PPRHs denominate HpE9 e HpE12, che si sono rivelate particolarmente potenti nel ridurre i livelli di PCSK9.
Il meccanismo d'azione è tanto elegante quanto efficace. Come spiega il professor Ciudad del Dipartimento di Biochimica e Fisiologia, ciascuna delle due molecole lega specificamente sequenze polipirimidiche degli esoni 9 e 12 del gene PCSK9 attraverso legami Watson-Crick, quelli stessi che tengono insieme la doppia elica del DNA. Questo legame blocca la trascrizione genica e impedisce all'RNA polimerasi o ai fattori di trascrizione di svolgere il loro lavoro. In pratica, il gene viene "silenziato" e la cellula smette di produrre la proteina PCSK9.
La validazione in laboratorio ha prodotto dati impressionanti. In cellule epatiche umane chiamate HepG2, entrambe le molecole hanno dimostrato alta efficacia, ma HpE12 si è rivelata particolarmente potente: ha ridotto i livelli di RNA della PCSK9 del 74% e quelli della proteina dell'87%. "Nel caso dei topi transgenici che esprimono il gene umano PCSK9, una singola iniezione di HpE12 ha ridotto i livelli plasmatici di PCSK9 del 50% e i livelli di colesterolo del 47% al terzo giorno", sottolinea la professoressa Verònica Noé. Con meno PCSK9 in circolazione, i recettori LDL sulla superficie delle cellule aumentano e possono catturare più colesterolo dal sangue.
L'approccio non è del tutto inedito nel panorama scientifico: da quando la PCSK9 è stata identificata come bersaglio terapeutico, sono state sviluppate diverse strategie per inibirla. Tra queste, il silenziamento genico con siRNA, gli oligonucleotidi antisenso e persino la tecnica di editing genetico CRISPR. Sul mercato esistono già farmaci come l'Inclisiran, basato su siRNA, e anticorpi monoclonali come evolocumab e alirocumab. Tuttavia, le polipurine hairpins presentano vantaggi significativi rispetto a queste alternative: sono economiche da sintetizzare, stabili nel tempo e non provocano reazioni immunitarie.
Il vantaggio più rilevante riguarda però la sicurezza. Le statine, i farmaci più comunemente prescritti per abbassare il colesterolo, possono causare miopatie e altri effetti collaterali muscolari che portano molti pazienti ad interrompere la terapia. Un approccio basato sulle PPRHs, come quello sviluppato dal team di ricerca, permetterebbe di controllare il colesterolo senza incorrere in questi problemi. Il finanziamento della ricerca, proveniente sia dal Ministero spagnolo della Scienza, dell'Innovazione e delle Università che dai National Institutes of Health statunitensi, testimonia l'interesse internazionale per questa nuova frontiera terapeutica.
La ricerca rappresenta un passo significativo verso terapie più mirate ed efficaci contro l'ipercolesterolemia, una condizione che affligge milioni di persone in tutto il mondo e rappresenta uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare. Sebbene siano necessari ulteriori studi clinici per valutare l'efficacia e la sicurezza nell'uomo, i risultati ottenuti nei modelli sperimentali aprono prospettive concrete per una nuova generazione di farmaci contro il colesterolo. L'obiettivo è offrire ai pazienti un'alternativa terapeutica che combini efficacia e tollerabilità, riducendo il carico di malattie cardiovascolari che ancora oggi rappresentano la principale causa di morte nei paesi occidentali.