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Orche e delfini alleati? La caccia al salmone sorprende

Videocamere e sensori rivelano orche che sfruttano i segnali dei delfini per trovare i salmoni nelle profondità al largo di Vancouver.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 12/12/2025 alle 08:35

La notizia in un minuto

  • Orche e delfini dal fianco bianco del Pacifico sembrano collaborare durante la caccia al salmone, con le orche che riducono la propria ecolocalizzazione per intercettare i segnali acustici emessi dai delfini a 60 metri di profondità
  • La natura dell'interazione è controversa: alcuni ricercatori ipotizzano cooperazione mutualistica, altri sostengono che i delfini sfruttino solo opportunisticamente gli scarti alimentari delle orche
  • Evidenze contrastanti includono un gruppo di 30-40 delfini che ha circondato un'orca emaciata fino alla sua scomparsa, suggerendo possibili dinamiche competitive o aggressive tra le specie

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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Nel Pacifico settentrionale, un comportamento sorprendente sta emergendo dalle acque al largo dell'isola di Vancouver: orche e delfini sembrano collaborare attivamente durante la caccia al salmone. La scoperta, documentata attraverso sofisticati sistemi di videoripresa e sensori applicati direttamente sui cetacei, aggiunge un nuovo tassello alla comprensione delle dinamiche sociali interspecifiche tra mammiferi marini, un campo di ricerca che continua a rivelare interazioni molto più complesse di quanto ipotizzato in passato.

Sarah Fortune, ricercatrice presso la Dalhousie University in Canada, ha coordinato uno studio che ha monitorato nove orche (Orcinus orca) equipaggiate con dispositivi di registrazione video e sensori bioacustici. I dati raccolti hanno rivelato che quattro di questi esemplari si immergevano regolarmente insieme a numerosi delfini dal fianco bianco del Pacifico (Lagenorhynchus obliquidens), raggiungendo profondità fino a 60 metri per cacciare salmoni Chinook che si rifugiano nell'oscurità tra rocce e anfratti del fondale marino. Ulteriori osservazioni sono state condotte tramite droni su altri tre individui, confermando il pattern comportamentale.

La metodologia della ricerca ha permesso di analizzare non solo i movimenti delle orche, ma anche le loro emissioni sonore di ecolocalizzazione. Quello che è emerso rappresenta un elemento chiave per comprendere la natura dell'interazione: le orche riducevano significativamente la propria ecolocalizzazione in presenza dei delfini, apparentemente per "intercettare" i segnali acustici emessi da questi ultimi. Poiché l'ecolocalizzazione funziona come un fascio concentrato, simile a un faro direzionale, un gruppo numeroso di delfini che scandagliano simultaneamente l'ambiente acquatico può fornire alle orche informazioni preziose sulla posizione delle prede.

Il salmone Chinook, noto anche come salmone reale, può superare il metro di lunghezza e rappresenta una preda troppo grande per i delfini. Tuttavia, le popolazioni di orche residenti al largo di Vancouver settentrionale mostrano abitudini alimentari particolari: spesso smembrano i pesci per condividerli tra i membri del gruppo familiare, lasciando nell'acqua frammenti, scaglie e sangue di cui i delfini si nutrono. Secondo i ricercatori, i delfini svolgerebbero quindi una funzione di "ricognizione", aiutando le orche a individuare i branchi di salmoni nelle zone più profonde e buie.

Sei orche su dodici hanno interagito direttamente con i delfini, orientandosi verso di loro per un totale di 102 volte nelle registrazioni video

L'interpretazione dei dati non è tuttavia unanime nella comunità scientifica. Brittany Visona-Kelly, ricercatrice di Ocean Wise, organizzazione internazionale dedicata alla conservazione marina, propone una lettura alternativa: secondo il suo studio pubblicato quest'anno nella stessa area geografica, i delfini non coopererebbero attivamente con le orche, ma piuttosto approfitterebbero opportunisticamente degli scarti alimentari. Le sue osservazioni condotte con droni mostrano orche che sembrano ignorare i delfini, giocare con loro o, in un caso, compiere movimenti di attacco. Visona-Kelly sostiene che i delfini cercherebbero principalmente protezione dalle orche Bigg, una popolazione specializzata nella caccia ai mammiferi marini che evita le orche residenti ittivore.

La questione si complica ulteriormente con evidenze contrastanti: una ricerca del mese scorso ha documentato un gruppo di 30-40 delfini dal fianco bianco che circondava un'orca emaciata, nota ai ricercatori come I76, che si è immersa senza più riemergere. Gli autori dello studio hanno ipotizzato che i delfini possano aver "esaurito" l'animale impedendogli di tornare in superficie, suggerendo dinamiche competitive o addirittura aggressive tra le due specie.

Luke Rendell, etologo presso l'Università di St Andrews nel Regno Unito, riconosce la validità delle evidenze presentate da Fortune e colleghi, indipendentemente dal fatto che le orche interpretino effettivamente i segnali di ecolocalizzazione dei delfini o siano semplicemente attratte dal trambusto come indicatore della presenza di pesci. La cooperazione interspecifica non è un fenomeno sconosciuto in natura: precedenti ricerche hanno documentato pesci che guidano polpi verso crostacei, o uccelli indicatori (famiglia Indicatoridae) che conducono esseri umani verso colonie di api. Tuttavia, le interazioni delle orche con altre specie documentate scientificamente sono state finora prevalentemente predatorie o di disturbo.

Il dibattito scientifico riflette la complessità comportamentale di questi mammiferi marini e la necessità di distinguere tra cooperazione mutualistica, commensalismo opportunistico e tolleranza passiva. Come sottolinea Rendell, orche e delfini sono animali dotati di notevole intelligenza e flessibilità comportamentale, capaci di adattare le proprie strategie alle circostanze: "Osserveremo ogni tipo di interazione tra orche e delfini, dalla predazione al gioco fino alla cooperazione", afferma il ricercatore. La sfida per gli scienziati resta quella di accumulare dati sufficienti, attraverso tecnologie di monitoraggio sempre più sofisticate, per decifrare quali fattori ecologici, sociali ed evolutivi determinano questi comportamenti così variabili e quali vantaggi adattativi possano conferire a ciascuna specie coinvolta.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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