L'astronomia spaziale si trova a fronteggiare una minaccia inedita nella sua storia: l'inquinamento luminoso provocato dalle megacostellazioni di satelliti artificiali potrebbe compromettere gravemente le osservazioni dei telescopi orbitanti, considerati fino ad oggi al riparo dalle interferenze che affliggono gli strumenti terrestri. Una ricerca condotta dal NASA Ames Research Center in California ha quantificato per la prima volta l'impatto potenziale di questa nuova forma di contaminazione, rivelando scenari preoccupanti per il futuro dell'osservazione astronomica dallo spazio.
Il team guidato da Alejandro Borlaff ha sviluppato simulazioni sofisticate basandosi sui dati ufficiali delle proposte di lancio presentate alla Federal Communications Commission statunitense e all'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni. L'analisi ha preso in considerazione 560.000 satelliti, il numero che potrebbe essere effettivamente posto in orbita entro la fine degli anni 2030 secondo i piani dichiarati dalle compagnie spaziali private. Per contestualizzare questa cifra: oggi orbitano attorno alla Terra quasi 14.000 satelliti, di cui oltre tre quarti lanciati solamente negli ultimi cinque anni, principalmente come parte di costellazioni come Starlink di SpaceX.
I ricercatori hanno applicato i loro modelli predittivi a quattro osservatori spaziali di importanza cruciale per l'astrofisica contemporanea: il celebre Telescopio Spaziale Hubble, il telescopio cinese Xuntian, il telescopio ARRAKHIS dedicato allo studio della materia oscura (lancio previsto nel 2030) e SPHEREx, specializzato nell'osservazione delle galassie e lanciato quest'anno. Le differenze nelle orbite operative e nell'ampiezza del campo visivo di ciascun strumento determinano livelli di vulnerabilità molto diversi.
La metodologia dello studio ha previsto innanzitutto una validazione empirica: i ricercatori hanno calcolato che, con l'attuale popolazione satellitare, il 4% delle immagini di Hubble dovrebbe essere contaminato da tracce di satelliti. L'analisi delle fotografie reali ha confermato questa previsione, conferendo solidità statistica al modello predittivo. Applicando lo stesso approccio agli scenari futuri, emerge che il telescopio cinese Xuntian risulterebbe il più colpito a causa della sua orbita più bassa e del campo visivo particolarmente ampio, caratteristiche che lo rendono più esposto al transito dei satelliti.
Come ha sottolineato Borlaff, la novità della situazione rappresenta un paradosso tecnologico: "Quando si posiziona un telescopio nello spazio, solitamente ci si trova in un ambiente assolutamente incontaminato, senza atmosfera né luci cittadine. Ora, per la prima volta, abbiamo oggetti artificiali che in qualche modo inquinano le immagini – un fatto davvero sorprendente". Questo ribalta completamente il presupposto fondamentale dell'astronomia spaziale, nata proprio per sottrarsi alle interferenze terrestri.
John Barentine, esperto di Dark Sky Consulting con sede a Tucson in Arizona, ha tuttavia fornito una lettura più cauta dei risultati. Secondo molti analisti del settore, il numero effettivo di satelliti che raggiungerà un equilibrio stabile in orbita nei prossimi 15 anni si attesterà probabilmente tra 50.000 e 100.000 unità, ovvero circa un decimo rispetto alle proposte massimali depositate presso le autorità di regolamentazione. In questo scenario più conservativo, l'impatto su telescopi come SPHEREx e Hubble rimarrebbe sostanzialmente invariato rispetto ai livelli attuali, mentre per ARRAKHIS e Xuntian l'incremento delle tracce satellitari sarebbe contenuto a un fattore di poche unità.
La ricerca evidenzia comunque una problematica che si estende oltre i numeri specifici: la necessità di un coordinamento internazionale tra l'industria spaziale commerciale e la comunità scientifica astronomica. Le megacostellazioni rappresentano un'innovazione tecnologica fondamentale per la connettività globale, ma le loro conseguenze sull'osservazione dell'universo richiedono strategie di mitigazione urgenti. Tra le possibilità allo studio figurano rivestimenti satellitari meno riflettenti, algoritmi di rimozione digitale delle tracce dalle immagini astronomiche e protocolli di condivisione delle orbite previste per permettere ai telescopi di evitare le finestre temporali più contaminate.