Nel cuore delle foreste umide dell'Asia orientale prosperano organismi vegetali che sfidano la nostra stessa concezione di cosa significhi essere una pianta. Privi di clorofilla e incapaci di fotosintesi, i membri del genere Balanophora vivono come parassiti sotterranei, emergendo in superficie solo per riprodursi. Un nuovo studio internazionale guidato dall'Università di Kobe ha ora svelato i meccanismi evolutivi che permettono a queste piante anomale di sopravvivere senza le caratteristiche che tradizionalmente associamo al regno vegetale, offrendo una prospettiva radicalmente nuova sulla plasticità dell'evoluzione vegetale.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica New Phytologist, si è concentrata sull'analisi integrata di tre aspetti finora studiati separatamente: le relazioni evolutive tra le diverse specie del genere, le drammatiche modificazioni dei loro plastidi cellulari e le strategie riproduttive asessuali che molte di queste piante hanno sviluppato. Il team coordinato dal botanico Kenji Suetsugu dell'Università di Kobe, in collaborazione con l'Okinawa Institute of Science and Technology e l'Università di Taipei, ha dimostrato che tutte le specie del gruppo condividono un genoma plastidiale estremamente ridotto, probabilmente ereditato da un antenato comune.
I plastidi rappresentano organelli cellulari che nelle piante verdi funzionano come vere e proprie centrali fotovoltaiche biologiche, convertendo l'energia solare in zuccheri attraverso la fotosintesi. Nel caso delle Balanophora, questi organelli hanno subito una riduzione genomica così drastica da sembrare sul punto di scomparire completamente. Tuttavia, l'analisi molecolare ha rivelato un dettaglio sorprendente: nonostante la perdita della capacità fotosintetica, numerose proteine continuano a essere trasportate attivamente verso i plastidi, dimostrando che questi organelli mantengono funzioni metaboliche essenziali per la sopravvivenza della pianta parassita.
Le Balanophora trascorrono la maggior parte della loro esistenza completamente immerse nel terreno, dove si agganciano alle radici di piante ospiti dalle quali sottraggono nutrienti organici già elaborati. Questa strategia parassitaria elimina la necessità della fotosintesi, liberando queste piante da uno dei vincoli fondamentali che hanno plasmato l'evoluzione vegetale per centinaia di milioni di anni. La loro comparsa in superficie coincide esclusivamente con la stagione della fioritura, quando producono infiorescenze spesso vistose nonostante l'assenza di pigmenti verdi.
Un secondo aspetto cruciale emerso dallo studio riguarda l'evoluzione della riproduzione asessuale, sviluppatasi indipendentemente più volte all'interno del gruppo. I ricercatori ipotizzano che la capacità di produrre semi senza fecondazione sia emersa precocemente nella storia evolutiva di queste piante, facilitando la loro dispersione attraverso l'arcipelago che si estende dal Giappone continentale attraverso Okinawa fino a Taiwan. Questa modalità riproduttiva rappresenta un vantaggio adattativo significativo in ambienti dove partner sessuali o impollinatori scarseggiano, e in alcune specie è diventata la strategia riproduttiva dominante.
La complessità della ricerca è stata accentuata dalla rarità e dall'inaccessibilità di queste piante, confinate in foreste umide e scoscese dove prosperano in condizioni di scarsa luminosità. Suetsugu, che da oltre un decennio studia l'ecologia delle Balanophora, ha documentato nel corso degli anni sistemi di impollinazione inusuali che coinvolgono grilli e addirittura blatte, oltre a meccanismi di dispersione dei semi altrettanto peculiari. L'integrazione di questi dati ecologici con le analisi genomiche è stata possibile grazie alla collaborazione con specialisti dell'Okinawa Institute of Science and Technology, esperti nello studio di genomi altamente ridotti.
Per Suetsugu, questo lavoro rappresenta un tassello fondamentale nel suo obiettivo più ampio: ripensare cosa significhi veramente essere una pianta. La dimostrazione che organismi vegetali possano funzionare ed evolversi dopo aver abbandonato la fotosintesi, processo che definiamo comunemente come il tratto distintivo del regno vegetale, apre questioni profonde sulla flessibilità dei sistemi biologici e sui limiti della specializzazione evolutiva. Il ricercatore giapponese osserva come sia profondamente gratificante vedere la storia biologica di queste piante, osservate per innumerevoli ore in foreste buie e umide, dispiegarsi ora a livello genomico con tale chiarezza.
Le prospettive future della ricerca puntano a colmare il divario tra genomica e biochimica. Il prossimo obiettivo dichiarato del team è identificare con precisione quali molecole vengano effettivamente prodotte dai plastidi ridotti delle Balanophora e come questi composti sostengano la crescita parassitaria all'interno delle radici degli ospiti. Comprendere questi meccanismi metabolici potrebbe illuminare processi evolutivi più generali relativi alla perdita di funzioni cellulari complesse e alla riduzione genomica, fenomeni osservati in numerosi organismi parassiti attraverso tutto l'albero della vita. Lo studio è stato reso possibile grazie ai finanziamenti della Japan Society for the Promotion of Science, del programma Human Frontier Science Program, della Japan Science and Technology Agency e del National Science and Technology Council di Taiwan.