Le cellule staminali responsabili della pigmentazione dei capelli si trovano di fronte a un bivio molecolare quando subiscono danni al DNA: possono scegliere di sacrificarsi per proteggere l'organismo, causando l'ingrigimento precoce, oppure possono sopravvivere e moltiplicarsi, aumentando il rischio di trasformarsi in melanoma. Questa scoperta rivoluzionaria emerge da una ricerca giapponese che per la prima volta collega due fenomeni apparentemente distanti come i capelli bianchi e il cancro della pelle, dimostrando che entrambi rappresentano esiti alternativi della risposta cellulare allo stress. Lo studio, condotto dal team della professoressa Emi Nishimura dell'Università di Tokyo e pubblicato su Nature Cell Biology nell'ottobre 2025, ribalta la nostra comprensione di come l'invecchiamento dei tessuti e lo sviluppo tumorale siano interconnessi a livello molecolare.
I ricercatori giapponesi hanno concentrato l'attenzione sulle cellule staminali dei melanociti, quelle unità biologiche specializzate che risiedono nella zona del follicolo pilifero chiamata bulge-sub-bulge. Queste cellule rimangono in uno stato immaturo di melanoblasti e garantiscono che capelli e pelle mantengano il loro colore attraverso cicli ripetuti di rigenerazione. Quando il DNA di queste cellule subisce rotture a doppio filamento, si attiva un meccanismo di difesa particolarmente sofisticato: le staminali entrano in quello che i ricercatori hanno definito seno-differenziazione, un processo in cui maturano definitivamente e poi scompaiono, lasciando i capelli senza pigmento.
La chiave di questo processo risiede nell'attivazione della via di segnalazione p53-p21, una sorta di interruttore molecolare che impone alla cellula di differenziarsi piuttosto che continuare a replicarsi. Attraverso tecniche avanzate di tracciamento genetico a lungo termine e profilazione dell'espressione genica nei topi, il team ha dimostrato che questo meccanismo funziona come un sistema di sicurezza biologico. La cellula danneggiata, invece di continuare a dividersi rischiando di accumulare ulteriori mutazioni pericolose, sceglie la via dell'auto-eliminazione controllata.
Il quadro si complica drammaticamente quando le cellule staminali dei melanociti vengono esposte a specifici agenti cancerogeni come il 7,12-dimetilbenz(a)antracene o le radiazioni ultraviolette B. In questi casi, nonostante il DNA sia danneggiato, le cellule non seguono il percorso protettivo della seno-differenziazione. Al contrario, continuano a rinnovarsi ed espandersi clonalmente, spinte dai segnali molecolari del ligando KIT rilasciati dai tessuti circostanti e dall'epidermide. Questi segnali provenienti dalla nicchia biologica bloccano la risposta protettiva di differenziazione, indirizzando le cellule staminali verso uno stato predisposto al cancro.
Come sottolinea la professoressa Nishimura, la stessa popolazione di cellule staminali può seguire destini antagonisti – esaurimento o espansione – a seconda del tipo di stress subito e dei segnali provenienti dal microambiente cellulare. Questa prospettiva ridefinisce completamente il rapporto tra ingrigimento dei capelli e melanoma, presentandoli non come eventi indipendenti ma come esiti divergenti delle risposte allo stress delle cellule staminali. È fondamentale precisare che i ricercatori escludono categoricamente che sviluppare capelli grigi possa prevenire il cancro: la seno-differenziazione rappresenta piuttosto un meccanismo di difesa che elimina le cellule danneggiate prima che possano diventare pericolose.
La ricerca illumina un concetto biologico cruciale noto come senolisi, il processo naturale attraverso cui l'organismo rimuove cellule compromesse. Quando questo sistema di salvaguardia fallisce o viene bypassato dai segnali ambientali sbagliati, le cellule danneggiate possono sopravvivere e potenzialmente evolvere in melanoma. Il professor Yasuaki Mohri e il suo team hanno mappato con precisione i percorsi molecolari che determinano quale direzione prenderanno le cellule staminali dopo aver subito danni al DNA, collegando in modo inedito la biologia dell'invecchiamento tissutale con la formazione dei tumori.
Lo studio giapponese rappresenta un avanzamento significativo nella comprensione di come le cellule staminali gestiscano il danno genetico e prendano decisioni che influenzano sia l'invecchiamento che il rischio oncologico. Il lavoro è stato supportato da numerosi finanziamenti della Japan Society for the Promotion of Science e dell'Agenzia giapponese per la ricerca e lo sviluppo medico, confermando l'importanza strategica di questa linea di ricerca. La scoperta apre nuove prospettive per comprendere perché alcuni individui sviluppano melanomi mentre altri semplicemente ingrigiscono precocemente, e potrebbe in futuro orientare strategie preventive più mirate.