L'epatite C continua a rappresentare una delle principali sfide per la salute pubblica globale, con circa 50 milioni di persone cronicamente infette nel mondo e oltre 240.000 decessi annui, principalmente causati da cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare. Nonostante l'esistenza di terapie antivirali ad azione diretta in grado di eradicare completamente l'infezione nell'arco di 8-12 settimane, la mancanza di strumenti diagnostici rapidi ed economici utilizzabili direttamente negli ambulatori rappresenta un ostacolo cruciale per il raggiungimento dell'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: l'eliminazione dell'HCV entro il 2030. Un nuovo test diagnostico molecolare sviluppato presso la Northwestern University potrebbe ora colmare questa lacuna tecnologica, riducendo drasticamente i tempi di diagnosi e permettendo l'inizio immediato del trattamento.
Il dispositivo, basato sulla piattaforma DASH® (Diagnostic Analyzer for Specific Hybridization), rappresenta un'evoluzione significativa della tecnologia PCR point-of-care. Originariamente progettato per la rilevazione rapida di SARS-CoV-2 da tamponi nasofaringei, il sistema è stato adattato da un team interdisciplinare di ingegneri e infettivologi della Northwestern University per processare campioni di sangue intero ed identificare l'RNA virale dell'epatite C. La piattaforma utilizza cartucce monouso precaricate con i reagenti necessari per l'amplificazione del materiale genetico virale, consentendo di ottenere risultati diagnostici definitivi in soli 15 minuti, una velocità che supera del 75% gli altri test rapidi attualmente disponibili sul mercato.
La validazione clinica del sistema, descritta in uno studio pubblicato su The Journal of Infectious Diseases il 10 dicembre, ha coinvolto ricercatori della Johns Hopkins University che hanno operato come ente indipendente di verifica. Il protocollo di validazione ha incluso l'analisi di 97 campioni clinici utilizzando sia gli analizzatori DASH® che le piattaforme diagnostiche commerciali di riferimento. I risultati hanno mostrato una concordanza del 100% tra i due sistemi, confermando l'affidabilità analitica e clinica del nuovo dispositivo per l'identificazione dell'RNA del virus dell'epatite C circolante nel sangue.
La rapidità diagnostica rappresenta un elemento cruciale nella strategia di contenimento dell'epatite C. Attualmente, l'iter diagnostico standard prevede due fasi sequenziali: un primo test sierologico per rilevare gli anticorpi anti-HCV, che indica l'esposizione al virus ma non distingue tra infezione pregressa risolta e infezione attiva, seguito da un test molecolare PCR per la rilevazione dell'RNA virale, che conferma la presenza di replicazione virale in corso. Nei sistemi sanitari convenzionali, il campione per la PCR deve essere inviato a laboratori esterni, con tempi di attesa che oscillano tra diversi giorni e alcune settimane. Questo intervallo temporale obbliga i pazienti a tornare per una seconda visita, un requisito che nelle popolazioni vulnerabili o in contesti con scarso accesso ai servizi sanitari si traduce frequentemente in una perdita di follow-up e nel mancato inizio della terapia.
Sally McFall, co-direttrice del Center for Innovation in Global Health Technologies presso la McCormick School of Engineering della Northwestern University e principale sviluppatrice del test, sottolinea come il dispositivo permetta di eseguire la diagnosi molecolare direttamente durante la visita clinica del paziente. "Siamo riusciti a sviluppare un test diagnostico utilizzabile al punto di cura durante la visita clinica del paziente, che potrebbe consentire diagnosi e trattamento nello stesso giorno", ha dichiarato McFall, evidenziando come questa caratteristica supporti concretamente gli sforzi globali per l'eliminazione dell'HCV.
L'unico altro test point-of-care per l'epatite C attualmente approvato dalla Food and Drug Administration statunitense richiede tra i 40 e i 60 minuti per fornire un risultato, un tempo che spesso eccede la durata di una visita medica standard e che quindi non consente la comunicazione immediata dell'esito al paziente. Il test DASH®, con i suoi 15 minuti di processamento, si inserisce invece perfettamente nei tempi della pratica clinica ambulatoriale, eliminando la necessità di appuntamenti multipli e riducendo le barriere logistiche che impediscono l'accesso tempestivo alla terapia antivirale.
La dottoressa Claudia Hawkins, co-autrice dello studio e direttrice del Center for Global Communicable and Emerging Infectious Diseases presso il Robert J. Havey Institute for Global Health della Northwestern University, enfatizza le implicazioni epidemiologiche della tecnologia: "Questo test potrebbe rivoluzionare la gestione dell'HCV negli Stati Uniti e a livello globale, migliorando drasticamente la diagnosi, accelerando l'adesione al trattamento e permettendo a più persone di essere curate più rapidamente". Hawkins sottolinea inoltre come la riduzione dei ritardi diagnostici e la semplificazione dei percorsi di testing abbiano il potenziale di salvare milioni di vite dalle devastanti complicanze epatiche dell'infezione non trattata.