Un recente studio condotto dall’Università di Notre Dame ha acceso i riflettori su un problema potenzialmente preoccupante: i cinturini di alcuni smartwatch di fascia alta potrebbero rilasciare sulla pelle sostanze chimiche note come PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), comunemente definite “sostanze chimiche eterne” per la loro difficoltà a degradarsi nell’ambiente. Questi composti sono stati trovati ovunque, dai ghiacci del Circolo Polare Artico alle profondità della Fossa delle Marianne, e risultano presenti nel sangue del 98% degli americani. Gli scienziati avvertono che alcune di queste sostanze potrebbero avere effetti nocivi sulla salute.
Il team di ricerca ha analizzato 22 cinturini di smartwatch prodotti da marchi noti come Apple, Samsung e Google, nonché da produttori aftermarket meno conosciuti. Sono stati testati cinturini realizzati in diversi materiali, tra cui silicone, tessuto, acciaio inossidabile e fluoroelastomero, quest’ultimo una variante di PFAS utilizzata per la sua flessibilità e resistenza. I risultati hanno rivelato che otto dei tredici cinturini etichettati come realizzati in fluoroelastomero contenevano livelli significativi di PFHxA, una sostanza chimica derivata dai PFAS utilizzata anche per trattamenti antimacchia e confezioni alimentari.
Graham Peaslee, autore principale dello studio e rinomato esperto di PFAS, ha sottolineato che i consumatori spesso non sono consapevoli della presenza di queste sostanze nei prodotti di uso quotidiano, sollecitando ulteriori ricerche per comprenderne i rischi effettivi.
Sebbene la scienza sia ancora agli inizi nella comprensione delle implicazioni dei PFAS sulla salute, studi preliminari suggeriscono che alcune di queste sostanze possano essere collegate a disturbi come insufficienza renale, cancro e problemi endocrini. Tuttavia, specificamente per il PFHxA, mancano dati definitivi sull’assorbimento da parte del corpo umano e sui potenziali effetti a lungo termine. Questo vuoto di conoscenze non elimina il rischio, ma suggerisce la necessità di adottare un approccio prudente.
Un problema rilevante è il fenomeno noto come “sostituzione discutibile”: i produttori rimuovono sostanze riconosciute come pericolose dai loro prodotti, ma le sostituiscono con alternative poco studiate, che potrebbero rivelarsi altrettanto o più nocive.
Evitare cinturini in fluoroelastomero è un primo passo. Questo materiale, spesso utilizzato nei modelli di fascia alta per la sua texture e durata superiori, non è comune nei cinturini più economici. Alternative come silicone, tessuto, pelle e acciaio inossidabile rappresentano opzioni più sicure, poiché non richiedono l’impiego di PFAS nella produzione. Produttori come Google, Apple e Samsung offrono già cinturini in questi materiali.
Lo studio non identifica specificamente i marchi o i modelli con i livelli più alti di PFHxA, ma emerge un chiaro trend: i cinturini più costosi tendono a contenere maggiori quantità di questa sostanza chimica. Per i consumatori, la scelta di un cinturino “sicuro” potrebbe essere determinante per ridurre l’esposizione a queste sostanze potenzialmente nocive.
Nel frattempo, la comunità scientifica continua a esplorare gli effetti a lungo termine dei PFAS, sollevando interrogativi su quanto i nostri oggetti quotidiani possano influenzare la salute. La prudenza è d’obbligo: dopotutto, prevenire è meglio che curare.