C'è sicuramente un po' di nostalgia del cuore di ogni videogiocatore che ha vissuto l'era d'oro del gaming su PC, a cavallo tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio. Un'epoca di transizione, un Far West digitale dove le regole non erano ancora state scritte e ogni nuova uscita poteva essere un passo in avanti per il mercato. In questo terreno fertile di sperimentazione sono nate delle piccole gemme (alcune molto grezze, va sottolineato) che hanno "camminato" nei nostri hard disk, per poi, in molti casi, scivolare in un immeritato oblio.
Non sto chiaramente parlando di titoli che hanno generato franchise enormi (almeno non tutti, come vedrete), ma di perle preziose, amate visceralmente da chi le ha giocate, eppure oggi raramente evocate nelle discussioni di massa. Quello che vi sto proporre, vi avviso, è un piccolo viaggio nostalgico, quasi malinconico, alla riscoperta di quei mondi che ci hanno rapito per centinaia di ore e che meritano di essere strappati alla polvere del tempo.
Aliens vs Predator 2
Partiamo subito con un vero e proprio cult: Aliens vs Predator 2 (2001). Sviluppato da Monolith Productions, questo titolo non si limitava a farci giocare, ma ci faceva essere la preda e il predatore. La sua genialità risiedeva nelle tre campagne interconnesse, ognuna con un gameplay radicalmente diverso. Vivere la storia nei panni del Marine coloniale era un'esperienza terrificante: il sensore di movimento diventava il nostro peggior nemico, il suo "bip" un rintocco funebre che annunciava una morte imminente e invisibile nell'oscurità.
Giocare come Predator, invece, ci trasformava in un cacciatore agile e letale, un maestro del terrore che giocava con le sue prede. Per non parlare della campagna Alien. Partire come un piccolo Facehugger, alla disperata ricerca di un ospite, per poi crescere in un Chestburster e infine diventare un agile e letale Xenomorfo capace di correre sui muri e fare a pezzi i nemici, era un'esperienza ludica senza precedenti. Aliens vs Predator 2 è stato forse il miglior adattamento videoludico di questo universo, un gioco che comprendeva l'essenza di ogni specie e la traduceva in meccaniche di gioco uniche e terrificanti. Eppure, oggi, al di fuori della sua nicchia di fedelissimi, il suo nome viene pronunciato troppo di rado.
Black & White
In un'era che era comunque praticamente dominata dagli action-game, un titolo sfidava ogni classificazione, un'opera tanto ambiziosa quanto il suo creatore, il visionario Peter Molyneux (almeno prima che impazzisse totalmente). Black & White (2001) non era un gioco, era un'esperienza divina. Ci metteva letteralmente nei panni di un dio, con il potere di plasmare il mondo e le vite dei suoi abitanti. Ma il cuore pulsante del gioco era la nostra Creatura, un animale titanico che fungeva da nostra estensione nel mondo. Potevamo educarla ad essere buona e compassionevole, accarezzandola e insegnandole a compiere miracoli per i villaggi, o trasformarla in un demone di distruzione, nutrendola di abitanti e premiando la sua ferocia.
Questa interazione, basata su un'intelligenza artificiale sorprendentemente avanzata per l'epoca, creava un legame emotivo profondo tra il giocatore e il suo avatar. Vedere la propria scimmia gigante imparare a innaffiare i campi o, al contrario, lanciare massi infuocati per puro sadismo, era la conseguenza diretta delle nostre scelte morali. Black & White era un "god game" con un'anima, un esperimento filosofico sulla natura del bene e del male che, nonostante qualche difetto di gameplay, rimane una delle esperienze più originali e coraggiose mai concepite per PC.
Unreal 2
Mentre Molyneux ci elevava a divinità, altri sviluppatori ci riportavano bruscamente sulla terra, o meglio, su pianeti alieni ostili. Unreal 2: The Awakening (2003) ebbe il difficile compito di succedere a un mostro sacro che aveva rivoluzionato la grafica 3D. Se il primo Unreal era un viaggio solitario e quasi metafisico, il suo seguito scelse una strada più strutturata e cinematografica. Nei panni del maresciallo John Dalton, viaggiavamo da un pianeta all'altro a bordo dell'astronave Atlantis, assemblando un equipaggio eterogeneo e affrontando missioni spettacolari. Pur non raggiungendo le vette innovative del suo predecessore, Unreal " era un'avventura fantascientifica solida e visivamente sbalorditiva per l'epoca.
Le ambientazioni erano varie e suggestive, le sparatorie intense e la narrazione, sebbene lineare, riusciva a creare un senso di appartenenza a quella sgangherata famiglia spaziale. Forse fu la sua natura più convenzionale, o la pesante eredità che portava sulle spalle, a non farlo entrare nell'olimpo dei classici immortali, ma chiunque abbia difeso un avamposto dall'assalto di orde di Skaarj non può averlo dimenticato.
Soldier of Fortune
E come parlare di oblio senza menzionare il controverso e brutale Soldier of Fortune (2000)? In un'epoca in cui la violenza nei videogiochi era già un tema caldo, Raven Software gettò benzina sul fuoco con il suo motore grafico GHOUL. Questo sistema permetteva una localizzazione dei danni sul corpo dei nemici di una precisione mai vista prima. Un colpo di fucile a pompa a distanza ravvicinata non si limitava a uccidere il nemico, ma lo smembrava in modo raccapricciante. Questa rappresentazione esplicita della violenza non era un semplice orpello, ma un elemento centrale del gameplay, che rendeva ogni scontro a fuoco viscerale e crudo.
Al di là del suo gore, Soldier of Fortune era uno sparatutto solido, con una trama da film d'azione di serie B che ci portava in giro per il mondo a sgominare un'organizzazione terroristica. Fu un titolo divisivo, criticato da alcuni ma segretamente amato da molti per il suo approccio senza compromessi. Oggi, in un panorama videoludico dove la violenza è spesso edulcorata o stilizzata, la brutalità onesta di Soldier of Fortune appare quasi come un atto di ribellione.
Sacred
Dagli sparatutto ci spostiamo verso i regni del fantasy con Sacred: La Leggenda dell'Arma Sacra (2004). In un mercato dominato (almeno in quei tempi) da Diablo II, lo studio tedesco Ascaron osò sfidare il gigante con un action-RPG vasto, colorato e traboccante di contenuti. Il mondo di Ancaria era enorme, liberamente esplorabile e pieno zeppo di missioni, segreti e nemici. Ciò che distingueva "Sacred" era la sua scala e la sua generosità. Offriva sei personaggi unici, ognuno con le proprie abilità e stili di gioco, un sistema di combattimento che permetteva di creare combo devastanti e, soprattutto, la possibilità di cavalcare.
Attraversare le immense pianure di Ancaria in sella al proprio destriero era un'esperienza che restituiva un senso di avventura epica. Non era perfetto, soffriva di alcuni bug e di un bilanciamento non sempre impeccabile, ma il suo fascino risiedeva proprio in questa sua imperfetta abbondanza. Sacred era un gioco che non finiva mai, un compagno fedele per innumerevoli notti insonni passate a caccia di equipaggiamenti leggendari, forse considerabile il precursore dell'attuale Diablo IV, per grandezza e possibilità.
Command & Conquer
Infine, come non rendere omaggio a uno dei padri fondatori di un intero genere? Command & Conquer (1995) di Westwood Studios non ha semplicemente definito le regole degli strategici in tempo reale (RTS), le ha scolpite nella pietra. La lotta tra la Global Defense Initiative (GDI) e la misteriosa Fratellanza di Nod per il controllo del prezioso Tiberium era più di una semplice guerra. Era un conflitto ideologico raccontato attraverso iconiche scene in full motion video con attori in carne e ossa, una scelta stilistica che conferiva al gioco un fascino unico e un po' kitsch.
Il gameplay era immediato e questo è stato anche il suo punto forte per anni: costruisci la base, raccogli le risorse, crea un esercito e annienta il nemico. Ogni unità, dal semplice fuciliere al devastante carro armato Mammoth, era memorabile. Command & Conquer ha gettato le basi per decenni di giochi strategici a venire, introducendo concetti come le fazioni asimmetriche e una forte componente multiplayer. Sebbene il franchise abbia avuto numerosi seguiti, l'impatto e la purezza del capostipite rimangono ineguagliati, un monumento che ha permesso l'esistenza di capolavori come il meraviglioso Starcraft.
Questi sono solo alcuni frammenti di ricordi di un mosaico molto più ampio, un'era di coraggio e creatività che non temeva budget folli né tempistiche assurde. Giochi come quelli che vi ho raccontato rappresentano un'epoca in cui il PC era la piattaforma per eccellenza. Molti di questi titoli sono stati messi in ombra da successori più famosi o da nuove tendenze di mercato, ma il loro DNA scorre ancora nelle vene dei giochi moderni. Ricordarli non è solo pura nostalgia, ma un doveroso tributo a dei titoli che hanno comunque plasmato i nostri ricordi di videogiocatori e che, in un angolo nascosto della nostra memoria, continuano a combattere le loro battaglie senza tempo. Sia mai che un giorno, possano tornare.