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Biorobotica, arte e videogioco: lo sviluppo di Horizon Zero Dawn

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a cura di Giulia Arcoraci

Pubblicato il 05/02/2022 alle 12:00
Horizon Zero Dawn
è uno dei titoli che più ha appassionato i videogiocatori amanti dei mondi aperti e dell’avventura, l’attesa per il secondo titolo è tanta, così come lo sono le aspettative del pubblico.In questo articolo si analizzerà la direzione artistica e lo sviluppo del videogioco, partendo dalle macchine fino ad arrivare alle varie tribù.

In questa sede è impossibile, chiaramente, analizzare ogni macchina o tribù del gioco, poiché sono davvero tanti gli elementi, ma si faranno delle riflessioni più generali citando vari esempi. Di seguito inizierà la parte dedicata alle macchine, buona lettura!

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Le biomacchine tra realtà e videogioco

Lo studio della robotica, negli ultimi tempi, ha fatto davvero passi da gigante. Ora i robot si stanno inserendo nel mondo del lavoro e soprattutto della medicina. Il team Guerrilla ha avuto un’inventiva davvero encomiabile nell’ideare così tanti esemplari di macchine, ma qui il discorso è leggermente diverso.

Stiamo parlando di “biorobotica”, ma cos’è esattamente? La biorobotica si ispira alla natura, sia al mondo animale che a quello vegetale, approfondendo i campi di studio come la robotica, la bioingegneria e l’intelligenza artificiale.

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Si analizzano le capacità di adattamento delle piante e i movimenti degli animali, coinvolgendo il loro sistema nervoso centrale. La biologa marina Barbara Mazzolai, direttrice del centro di micro-biorobotica dell’Istituto italiano di Tecnologia, spiega così questo concetto:

“La robotica bio-ispirata studia gli organismi viventi e le loro capacità di movimento, esplorazione e percezione dell’ambiente circostante. Per mezzo dei bio robot, si possono così individuare fughe di gas o sostanze potenzialmente tossiche, agendo in ambienti non strutturati.”

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Nonostante la robotica vada molto forte in Giappone e negli Stati Uniti, anche in Italia abbiamo diverse eccellenze nel campo, fra cui proprio la biologa Barbara Mazzolai, citiamo in esempio alcune biomacchine realizzate qui in Italia.

Primo fra tutti il Plantoide, di cui la biologa ci spiega caratteristiche e funzioni:

“Si tratta di un robot autonomo ispirato alle piante e alle loro radici, che esplora il suolo monitorandone la profondità, la temperatura, l’umidità e la propagazione, al suo interno, di agenti patogeni. L’obiettivo è quello di ottenere dei dati per l’agricoltura, ricavando, ad esempio, informazioni su come dare alla pianta acqua e sostanze nutritive solo quando le servono”

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Il game director Mathjis de Jonge ha dichiarato: “Non avevamo idea di quanto potessimo rendere animalesche le macchine, siamo partiti da alcuni modellini e bozze”.Le macchine del gioco – dichiara il team – non hanno una controparte nel mondo reale ma sono un “insieme” di animali diversi che, più o meno, “ricordano” degli esemplari reali.

Miguel Angel Martinez, principale concept artist, cita un esempio: “Abbiamo dato ad ogni macchina un ruolo chiave all’interno dell’ecosistema. Il Cervavito trasforma erba e foglie in biocombustile che inserisce nelle taniche che ha sul dorso, non è solo una fonte d’energia, ma è anche un componente vero e proprio.”

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Un altro esempio è l’Inseguitore, basato sul design di uno dei predatori più temuti e amati della storia: il lupo. E ancora il magistrale Avistempesta, a cui hanno voluto dare “[…] la maestà e il potere di un’aquila combinata con un avanzato sistema difensivo. Abile di condensare l’elettricità statica dell’aria in attacchi elettrici per danneggiare i nemici”

Ciò che colpisce di queste macchine è la loro capacità di adattarsi all’ecosistema in cui vivono, infatti il team Guerrilla ha dichiarato di essersi confrontato con diversi professori di robotica.Il direttore artistico Jan-Bart van Beek rivela:

“Il Divoratuono, la gigantesca Macchina simile a un t-rex, è il mio preferito. Anche perché è stato il primo che abbiamo realizzato ed è stato un po’ il nostro banco di prova: se fossimo riusciti a farlo funzionare, allora avremmo potuto far funzionare l’intero gioco”

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Riti di passaggio, arte e antropologia: le tribù di Horizon Zero Dawn

Per chi non lo sapesse, l’antropologia è nata come disciplina interna alla biologia, sviluppando poi una propria personalità che riguarda lo studio dell’uomo in relazione alla società, alla cultura, alla medicina e alla storia. L’antropologia ha tante “branche” di studio, ciò che ha ispirato le tribù di Horizon è proprio una di queste: l’antropologia culturale.

L’antropologia culturale studia gli usi, i costumi e le tradizioni di molti popoli, analizza la “cultura materiale”: ossia gli oggetti come utensili, prodotti artistici, abiti e molto altro. Ma non solo, uno studio approfondito riguarda anche magia e rituali, particolarmente presenti nelle società semplici o matriarcali come alcune del gioco. Facciamo degli esempi.

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Partiamo proprio dai Nora, la tribù di Aloy: una società matriarcale di stampo molto classico, basata sul valore della comunità e della caccia. Le tre matriarche guidano la tribù, connettendosi alla divinità che venerano: la “Madre”, ossia la Montagna.

Il rapporto con la natura è fondamentale per il tipo di società preso in considerazione da Guerrilla, una società semplice è – in antropologia – una società priva di classi sociali stratificate, comunemente identificate nei gruppi di cacciatori-raccoglitori, proprio come i Nora (e i Banuk).

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Non significa che le regole sociali interne siano poche o “semplici”, anzi! Basta distaccarsi un poco da esse e si diventa emarginati proprio come Rost, il padre di Aloy.Partendo dall’inizio, assistiamo alla “Prova degli Audaci”, un altro modo per rappresentare un rito di passaggio.

I riti di passaggio sono un argomento di studio fondamentale nell’antropologia, ma cosa sono? Sono delle prove che segnano il passaggio dall’età giovanile all’età adulta o da uno status sociale ad un altro; erano già presenti nell’antica Grecia, nella società spartana per essere precisi.

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Le prove dei riti di passaggio spesso sono incentrate sulla caccia, proprio come nel videogioco, in altri casi queste prove possono essere molto più brutali: in alcune tribù i giovani vengono lasciati soli nelle foreste di notte, spinti a sopravvivere, in altri si svolge una vera e propria “caccia all’uomo”.

Passiamo all’ideazione della nostra amata Aloy: nei concept art iniziali troviamo una ragazza più adolescente, estremamente espressiva, con outfit dai colori vibranti e accesi proprio come nel gioco. Il Concept Artist Lois van Baarle dichiara:

“Mentre disegnavo Aloy, mi sono concentrato nell’utilizzare toni terrosi che riflettessero la sua connessione con la natura. Tuttavia, ho creduto fosse importante bilanciare questi colori con dettagli che avessero una doppia funzione: dare la sensazione che indossasse sia oggetti fatti a mano sia parti di macchina. Sono stato fortunato nel lavorare sui suoi capelli, si è rivelata una vera sfida. L’obiettivo era dare un senso di ricchezza e volume, perché trasmettesse una personalità forte.”

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Guardiamo ora la tribù dei Banuk, intrepidi cacciatori dei ghiacci. L’ispirazione per questa tribù è piuttosto intuitiva: si ispirano agli Inuit (o anche chiamati “eschimesi”) che vivono attualmente in Alaska, Groenlandia e Canada.

Si tratta di società semplici basate sulla solidarietà fra villaggi e sullo sciamanesimo: un insieme di credenze e tecniche magico-rituali, soprattutto legate agli elementi e fenomeni naturali che, secondo queste tribù, possiedono un’anima o uno spirito.

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Ma non solo gli Inuit, si citano anche altre tribù similari come i Tungusi: un gruppo di etnie che vivono in Siberia, Mongolia e Cina settentrionale. Da notare la somiglianza tra gli abiti dei giovani Tungusi della fotografia sottostante e alcuni degli abiti di Aloy.

A differenza degli Inuit, la tribù Banuk è nomade e fortemente individualista, basata sull’importanza del cacciatore, con il “Werak” identificato come unità politica principale. Proprio come gli Inuit, però, anche i Banuk hanno uno sciamano.

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Il team, riguardo il design dello sciamano Banuk, ha dichiarato:“Per il design dello sciamano ho voluto sottolineare l’attitudine spirituale nei confronti delle macchine. Grandi copricapi fatti di parti di macchina, incisioni realizzate con corde dei robot lungo le loro mani, tutto per presentarli come esseri a cavallo tra il mondo umano e il mondo delle macchine, capaci di comunicare con loro.” (Ilya Golitsyn)

Per i Banuk è essenziale dimostrare il proprio onore, le proprie capacità, in un mondo ostile e pericoloso. Le loro “prove” sono ben più dure rispetto a quelle dei Nora, nell’espansione “Frozen Wilds” del gioco questo aspetto è molto sottolineato, soprattutto quando (in una missione) si incontra una cacciatrice Banuk che preferisce morire tra i ghiacci piuttosto che tornare da “perdente”.

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Prima di concludere, trattiamo brevemente i Carja. Una società fortemente stratificata con una rigida gerarchia interna, ricorda la struttura di molti grandi Imperi della storia, con un’estetica che rimanda all’Oriente.

Nella città di Meridiana sono i colori caldi a prevalere: oro, rosso, arancio e colori terrosi. Con i Carja abbiamo l’identificazione del potere temporale (quello del Re) con il potere spirituale, il Re Sole è considerato come l’incarnazione del Sole stesso (non molto differente dall'antica monarchia francese).

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Come le altre tribù, anche nei Carja è presente la cultura della caccia, per loro un’arte millenaria e fondamentale. Il team dichiara: “Disegnando i cacciatori Carja ho voluto che il loro stile di caccia riflettesse la vanità e la decadenza di una cultura sofisticata. Questi acrobati sono veri e propri showmen, che cacciano per fortuna e fama.” (Ilya Golitsyn)

Con questo concludiamo l’articolo, sperando di aver fatto luce sulle curiosità riguardanti le idee e lo sviluppo presenti dietro Horizon Zero Dawn. Ricordiamo che sono uscite anche delle graphic novel legate al gioco, insieme all’artbook. Ora non ci resta che attendere il prossimo titolo!

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