Deathloop, come nasce una campagna non lineare?

Abbiamo intervistato la campaign designer di Deathloop e ci ha raccontato cone nasce una campagna non lineare e alcuni retroscena sullo sviluppo.

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a cura di Martina Fargnoli

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Il 14 settembre, Deathloop sarà disponibile a tutti i giocatori PS5 e PC. In occasione dell'avvicinamento alla recensione, che potete leggere qui, abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con Dana Nightingale, campaign designer dello sparatutto prodotto da Arkane Lyon, per venire a capo di un grande mistero: come si crea una campagna non lineare? Quanto lavoro c’è dietro un titolo come Deathloop per fare in modo che l’esperienza sia la più coesa possibile?

Deathloop è un gioco che coinvolge il giocatore in quello che gli autori hanno più volte definito un “puzzle murder”, ossia un gioco dove bisognerà collezionare omicidi per risolvere l’enigma che impedisce al protagonista Colt di spezzare il loop. Proprio il loop temporale è il fattore che rende unico questo gioco rispetto ai precedenti lavori dello studio di sviluppo transalpino. Le somiglianze con Dishonored e Prey non sono passate inosservate, ma c’è qualcosa di più che si cela sotto a un gameplay familiare.

Dana ci ha spiegato che Prey: Mooncrash e Deathloop possono sembrare simili ma sono due progetti iniziati indipendentemente l’uno dall’altro. Il team al lavoro su Deathloop non aveva idea di che cosa stesse realizzando l’altra squadra, quindi Deathloop non è esattamente un’evoluzione di Mooncrash. Deathloop nasce dal desiderio di rispondere al modo in cui Arkane vedeva i giocatori interagire con i loro precedenti giochi con l’obiettivo di creare un approccio diverso che permettesse ai giocatori di sperimentare quelli che lo studio ritiene essere i punti di forza delle loro produzioni, ma con i quali i giocatori non necessariamente interagiscono.

I giocatori cercano sempre di avere queste run perfette, salvano e ricaricano, non commettono mai errori, tutto è sempre eseguito in modo corretto e non sperimentano mai quella assurda e (penso) piacevole cascata di fallimenti che può sorgere semplicemente seguendo il flusso di gioco e accettando che le cose possono andare a finire in modi inattesi. Anche la familiarità dello spazio consente un nuovo livello di relazione con esso. Se visiti la stessa mappa ogni volta, la impari a conoscere e puoi prendere decisioni in modo molto diverso rispetto al giocare a Dishonored 2.

In Dishonored 2 ogni luogo è nuovo e non torni mai in un posto già visitato, non hai mai la possibilità di rivivere la mappa in un modo nuovo a meno che tu non abbia finito il gioco e decida di iniziare una nuova partita. Scegliere di iniziare una nuova partita non è qualcosa che tutti i giocatori decidono di fare quindi Deathloop cerca di spronare i giocatori a fare i conti con i propri fallimenti. Non è permesso ricaricare un salvataggio in Deathloop, tutto ciò che accade durante la partita bisogna accettarlo così com’è, ma al tempo stesso rivisitare la stessa mappa conoscendo il layout, la posizione dei nemici permette di vivere un’esperienza diversa.

Deathloop è un progetto molto speciale per me, racconta visivamente emozionata Dana mentre ci spiega come sia terrificante e appagante allo stesso tempo lavorare su un gioco. Ciò che stai mostrando ad altri è pur sempre una parte di te, del processo creativo in cui hai messo tutta te stessa. In questi ultimi 3 anni della mia vita ho lavorato così duramente per realizzare la migliore versione di questa idea, cercando di spingerci a fare qualcosa di diverso, a fare cose in cui avremmo potuto anche facilmente fallire. Non c'è uno schema da seguire per un gioco come questo. Non possiamo guardare un altro gioco e dire facciamo quello che hanno fatto loro, perché non c’è un altro gioco come Deathloop.

Creare una campagna non lineare richiede alcuni strumenti a cui banalmente non si pensa spesso quando si immagina lo sviluppo di un videogioco, ma documenti di testo e fogli di calcolo sono strumenti molto presenti nella vita di un designer. Ottenere una storia coesa coinvolge tanti grafici, tabelle, fogli di calcolo e tante letture. La prima cosa che abbiamo deciso per affrontare una campagna lineare è stata definire il finale. Qual è la soluzione a questo enigma degli omicidi?

C’è voluto del tempo perché erano molte le opinioni riguardo al modo più soddisfacente per far terminare il gioco, o su quale fosse l’approccio giusto per procedere, ma [in quanto a campaign designer] sentivo fortemente che se avessimo individuato la soluzione e il punto di partenza allora avremmo potuto capire il resto che passa tra questi due punti. È un processo molto lungo che può andare avanti per anni ma aiuta moltissimo sapere qual è l’obiettivo da raggiungere. Sappiamo dove stiamo andando, dobbiamo solo capire come arrivarci.

Anche avere un tema forte aiuta a mantenere in piedi tutto e in Deathloop il tema del loop temporale influenza ogni elemento di gioco, rendendolo quindi unico e fortemente caratterizzato. L’aver dotato gli Eternalisti di una maschera, ad esempio, è una scelta tematica che cerca di rafforzare la situazione davvero terribile in cui si trovano questi personaggi, ma di cui non si rendono conto. La loro identità ed esistenza ha smesso di avere significato a causa del ripetersi della giornata ancora, ancora e ancora. Loro non conservano nessuno dei ricordi e svolgono le stesse routine ogni giorno. Sono bloccati in questo posto e niente di ciò che fanno ha valore. È come se questi nemici fossero posizionati in questo mondo e derubati della loro identità.

Anche se le loro esistenze sono svuotate di ogni valore, per il giocatore, però, possono assumere un’importanza vitale, ma solo se deciderà di avere un approccio più cauto quando si muove nei livelli. È vero che non ci sono conseguenze se li uccidiamo perché il giorno dopo sono nuovamente lì nella stessa posizione, ma ciò che manterrà sorprendentemente nuova ogni loro presenza nel livello sono proprio le conversazioni che si scambiano, non essendo a conoscenza del fatto che quella conversazione l’hanno già avuta il giorno prima.

Se stai facendo molto rumore attraversando i livelli ti perderai la maggior parte delle conversazioni perché il nemico sarà allertato e passerà all’inseguimento. E anche se sei alla tua quinta o sesta volta all’interno di una mappa, potresti sentire conversazioni che non hai mai sentito prima perché questa volta hai scelto un approccio differente, usando lo stealth in modo diverso. Le conversazioni sono sempre lì, aspettano solo che tu ti ponga nel modo giusto per innescarle.

Sebbene Deathloop sia un FPS, lo stealth è uno degli strumenti più grandi a disposizione del giocatore, a partire dall’uso dell’hackamajig e di un dispositivo esplosivo che cambia forma all’occorrenza. Puoi piazzare trappole, usare l'ambiente a tuo vantaggio in modi che sono ancora molto vicini a ciò che magari hai fatto in precedenza su Dishonored. Sparare è solo un altro degli strumenti a tua disposizione, ma non il principale. C’è un approccio legato al level design che è simile a quanto fatto nei lavori precedenti. Colt può avere la stessa mobilità di Corvo, Emily o Billie. In Arkane amiamo creare spazi verticali e anche se l’architettura di Blackreef è molto diversa da Karnaka a Dunwall, la capacità del giocatore di muoversi e sfruttare l’ambiente è la stessa.

Un ambiente che in Deathloop viene valorizzato anche da quelle storie che comunemente vengono associate all’environmental storytelling. Ogni spazio è un’occasione per raccontare qualcosa che va oltre a ciò che viene esplicitamente detto all’interno di registrazioni e documenti. Questo tipo di narrazione è uno dei cardini dei giochi sviluppati da Arkane Studios e uno dei motivi per cui i giocatori apprezzano queste tipologie di giochi. I fan dei nostri giochi pensano che la nostra narrazione ambientale sia creata da una mente superiore che gioca a scacchi con il mondo, ma in realtà abbiamo un team molto grande di persone molto creative che investono sé stesse nella narrazione ambientale.

La creazione di questi momenti deriva da molti piccoli contributi provenienti da parte di tutti i membri della squadra. È come se qualsiasi artista, designer, e persona coinvolta nella narrazione aggiungesse costantemente un livello di dettaglio sull’altro. Onestamente spesso può succedere per caso perché non c'è una milestone del tipo "tutti devono contribuire con cinque pezzi di narrazione ambientale prima di questa scadenza". È qualcosa che succede organicamente in seno al modo in cui progettiamo e grazie anche alla fiducia e all’autonomia che i membri del nostro team hanno per creare e aggiungere questi piccoli dettagli.

Lavorare bene a un videogioco è soprattutto un lavoro di squadra, che si supporta e si sostiene e che beneficia di un ambiente di lavoro sano. Anche le avversità dovute all’imprevisto della pandemia, che è arrivata in modo inatteso costringendo tutti a prendere decisioni straordinarie, possono regalare momenti che rimangono positivamente impressi nella mente. Uno di questi momenti speciali che Dana ha voluto condividere con noi riguardava la creazione di una versione giocabile in cui l’enigma degli omicidi doveva essere risolvibile affinché il gioco potesse essere valutato nel corso di una ricerca utente – questo tipo di ricerche sono molto importanti durante lo sviluppo del software.

L’arrivo del Covid però ha cambiato le carte in tavola perché nessuno poteva riunirsi per prendere parte a quella ricerca e quindi c’è voluto del tempo prima che si potesse effettivamente capire come poterla portare avanti – questo dovrebbe anche farvi capire la portata del rallentamento che l’industria ha subito NDR. Anche se non è andata esattamente come si aspettava all’inizio, è un momento molto speciale quando qualcuno è in grado di iniziare effettivamente un nuovo gioco, giocare l'intera storia e vedere i titoli di coda.

Anche tagliare contenuti o rifare da zero certe parti di un gioco fa parte dello sviluppo, a volte basta cambiare approccio come è accaduto per la componente multiplayer di Deathloop che non poteva essere basata sugli stessi principi di agency che il single player lascia al giocatore. Abbiamo fatto tutto il possibile per assicurarci che i giocatori non possano effettivamente rovinare la progressione per il giocatore invaso, ci rassicura Dana.

Ci sono giocatori che vogliono solo andare diretti all'uccisione, altri che sono interessati al sistema di progressione che premia molto la creatività. Non sempre è conveniente fare in modo che il match finisca subito, perché ci sono obiettivi legati alla progressione che prevedono semplicemente il rimanere in vita più a lungo possibile. Abbiamo anche la modalità solo amici, che può essere un modo per avere uno scontro veloce ma può trasformarsi in una sorta di modalità coop non ufficiale perché Julianna può aiutarti. Può uccidere i nemici nello stesso modo in cui puoi tu [nei panni di Colt], quindi puoi anche fare coppia. Ciò che non può fare Julianna è far progredire la storia al tuo posto. Non può interagire con nessuno degli oggetti critici per il giocatore e non può scoprire segreti per te.

Deathloop è un gioco che piacerà sicuramente a chi apprezza gli immersive sim, visto l’elevato grado di libertà di approccio, ma anche per la sua natura molto misteriosa che spinge il giocatore a investigare e spendere molto tempo all’interno dei suoi livelli. Puoi leggere la nostra recensione per approfondire alcune delle tematiche trattate in questo articolo. Deathloop disponibile dal 14 settembre su PS5 e PC.