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Maskmaker | Recensione

Maskmaker si rivela una piacevole, quanto inaspettata, conferma del talento di InnerspaceVR. Una fiaba delicata e adatta a tutti i giocatori.

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a cura di Andrea Maiellano

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Il mio rapporto con la realtà virtuale non è mai stato dei più costanti. Inizialmente, quando vennero presentati i primi visori, ne fui ammaliato come una falena di fronte a una lampada e, per quanto i prezzi inizialmente fossero proibitivi, iniziai a seguire questo nuovo segmento del mercato sempre più assiduamente al punto che, quando trovai la celebre "offerta che non si può rifiutare", decisi di acquistare un PSVR per comprendere se, davvero, fossi davanti alle fasi embrionali del futuro del gaming.

Ovviamente le reazioni furono le stesse della maggior parte degli attuali fruitori della realtà virtuale: stupore iniziale e conseguente tedio quando si realizza il fatto che la maggior parte delle produzioni presenti sul mercato si limitano ad essere delle "pompose Tech Demo" capaci di stupire gli acquirenti ma totalmente insufficienti sul versante puramente ludico.

Conscio dei limiti iniziali della realtà virtuale, non mi persi d'animo e, in un modo o nell'altro, riuscii sempre a mettere le mani sui vari visori che si affacciarono sul mercato notando che, per quanto lato hardware la tecnologia compiesse passi da gigante per rendere sempre più comoda la fruizione dei titoli VR, i giochi che realmente riuscivano a valorizzare quell'investimento si contavano sulle dita di due mani.

Ovviamente non voglio assolutamente dire che chi abbia trovato nella realtà virtuale la nuova piattaforma di riferimento sia un folle ma, soggettivamente, sono davvero poche le esperienze che mi sono rimaste "dentro" al punto da convincermi che il VR possa diventare, rapidamente, il nuovo punto di riferimento per il gaming.

In quei giochi che, però, mi hanno convinto delle potenzialità di questa nuova tecnologia, c'è A Fisherman's Tale, un puzzle game molto semplice nelle sue meccaniche che fu anche il titolo d'esordio per il team InnerspaceVR. Viene da se che appena ho avuto l'occasione di mettere le mani sul loro secondo progetto, Maskmaker, non abbia esitato un attimo nel reperire un Meta Quest 2 per scoprire come il team di sviluppo avesse deciso di evolvere l'ottima formula adoperata per la loro prima produzione.

Con enorme sorpresa, però, mi sono ritrovato di fronte a un progetto anni luce lontano da ogni mia aspettativa. Maskmaker, difatti, è un prodotto molto simile ad A Fisherman's Tale, che invece di percorrere il pericolo sentiero dell'evoluzione, opta per intraprendere una strada più confortevole, sfruttando il "know how" maturato con la precedente produzione per offrire un titolo che si ponga sia come un ottimo biglietto d'ingresso per la realtà virtuale, sia come un'esperienza godibile per ogni tipologia di giocatore.

La storia del Maskmaker

Maskmaker, narrativamente parlando, non si discosta molto, in termini di atmosfere e world building, dal precedente A Fisherman’s Tale. Anche in questo caso gli avvenimenti sono ambientati in un mondo fantastico e la storia ha i contorni di una fiaba. Il Maskmaker che da il nome al gioco, è un artigiano capace di realizzare delle peculiari maschere capaci di teletrasportare chi le indossa in un regno fantastico. La storia del protagonista che si andrà a impersonare, inizierà in una notte come tante, quando avvicinandosi all’uscio della bottega, assisterà a un alterco fra l’anziano artigiano e il suo giovane apprendista. Un evento che potrebbe sembrare insignificante ma che darà il via a una storia che mi dispiacerebbe rovinarvi con spiacevoli anticipazioni.

Ciò che posso dirvi, però, è che la storia, nella sua immensa semplicità, risulta coerente dall’inizio alla fine, restituendo quelle sensazioni da “fiaba della buonanotte” che riescono a rendere l’avventura piacevole, e gratificante, anche a chi mangia “pane e FPS” da diverse decadi, ovviamente a pato di non aspettarsi una scrittura cervellotica e ricca di colpi di scena inaspettati. In Maskmaker, semplicemente tutto va come deve andare, senza grosse sorprese o incredibili colpi di scena.

Per tutta la durata dell’avventura gli avvenimenti saranno raccontati da una voce narrante fuori campo, una scelta indubbiamente votata all’economia (e che si rifà a quanto visto con A Fisherman’s Tale) ma che a differenza di altre produzioni dal budget decisamente più elevato, non  infastidisce mai, anche in virtù della capacità del tema di InnerspaceVR di dosare al meglio questi momenti puramente narrativi, inserendoli sapientemente all’interno della struttura ludica. In poche parole, raramente mi sono trovato fermo ad ascoltare lunghi dialoghi senza poter, o dover, fare nulla nel mentre. 

Ovviamente, se volessi analizzare questo aspetto con occhio maggiormente critico, potrei tranquillamente dirvi che Maskmaker mostra chiaramente la sua natura “mid-budget” attraverso questi escamotage ma, analogamente a quanto realizzato con il precedente A Fisherman’s Tale, non posso che elogiare il team di InnerspaceVR per essere riuscito a non renderla mai palese agli occhi del giocatore.

Un altro aspetto del comparto narrativo di Maskmaker che mi ha decisamente affascinato, è tutto il sottotesto basato sul concetto della maschera. Proprio la capacità di inserire, in un contesto così tanto edulcorato, un‘insieme di messaggi  basati sull’importanza di non lasciarsi possedere dalla maschera che si indossa, riesce a restituire quel minimo spessore narrativo capace di rendere il comparto narrativo di Maskmaker interessante anche per un pubblico più adulto.

Fra incanto e artigianato

Maskmaker suddivide l’azione di gioco in due grossi tronconi: quello basato sull’esplorazione del reame incantato, suddiviso a sua volta in tre aree a loro volta scomposte in due zone differenti, e quello ambientato nel laboratorio del Maskmaker, il quale avrà il compito di fungere da HUB principale dell’avventura.

Il concetto alla base dell’esplorazione è tanto semplice quanto ingegnoso. Sparpagliati per tutto il reame ci sono dei fantocci, inanimati, con indosso maschere di fattura differente. Per poter visitare una specifica area basterà costruire la maschera corrispondente ai fantocci che la popolano per possederne il corpo senza vita e poter finalmente girovagare per i vari biomi. Viene da se che la costruzione delle differenti maschere sancisca la progressione all’interno del gioco.

Ogni area presente in Maskmaker, difatti, presenta meccaniche di gioco diverse, quasi sempre basate sul reperimento di determinate risorse necessarie per costruire la maschera successiva. Passare da un fantoccio all’altro, in maniera sempre più rapida con il progredire dell’avventura, si rivelerà indispensabile per raggiungere la torre che presiede l’area, che molto semplicemente raffigura il traguardo di fine livello.

Raccontato in maniera così sommaria il gameplay di Maskmaker potrebbe tranquillamente essere frainteso, e potreste pensare che sia eccessivamente ripetitivo nelle sue dinamiche, ma è la straordinaria capacità di InnerspaceVR nel giocare con il level design che riesce a rendere ogni area sempre diversa da quella precedente, facendo passare totalmente in secondo piano la metodicità delle azioni che si dovranno compiere.

Laddove le prime aree di gioco si rivelano molto lineari, permttendo di comprendere appieno tutti gli aspetti del gameplay, appena la trama inizia a ingranare, in seguito al primo colpo di scena importante, il mondo di gioco muta con essa, presentando livelli dalle planimetrie più contorte, con segreti celati in maniera più coraggiosa e alcune sezioni che richiederanno ben più di una manciata di minuti per essere comprese appieno.

A voler essere del tutto onesto con voi, Maskmaker ha una struttura squisitamente scolastica, dove nella prima metà del gioco si prodiga a immergere il giocatore nel suo mondo, a fargli comprendere le regole dell’universo che lo circonda, a farlo appassionare alla storia che vuole raccontare per poi lasciarlo solo, accompagnato esclusivamente dalle nozioni apprese fino a quel momento, immerso in un mondo di gioco del quale si rende conto che ha semplicemente scalfito la superficie fino a quel momento.

Anche in termini di longevità Maskmaker si comporta da bravo alunno, limitandosi a sei ore nelle quali riesce a raccontare al giocatore tutto quello che ha da dire, senza mai eccedere con i tempi morti e, soprattutto, senza mai rischiare di risultare tedioso o ridondante nelle soluzioni proposte.

Cosa si cela dietro la maschera

Non posso negarlo. Tecnicamente parlando Maskmaker si rivela decisamente medioso, senza particolari guizzi tecnici che faranno parlare di lui negli anni a venire. I modelli poligonali sono animati in maniera molto semplice, presentano pochi dettagli e in più di una occasione hanno mostrato dei contorni poco nitidi, andando a offrire una visione d’insieme poco piacevole e che stona con l’ottima caratterizzazione artistica con la quale  InnerspaceVR ha adornato la sua opera.

Le aree aperte sono poco curate e a tratti mi sono sembrate desolate a causa della pochezza di elementi a schermo presenti in certi scorci. Un dettaglio che non darà indubbiamente fastidio a un occhio meno attento ma che mi risulta difficile da ignorare, soprattutto se ripenso alla cura dei dettagli riposta nella realizzazione del laboratorio del Maskmaker e nell’ottimo utilizzo dei colori, capaci di rendere onirico ogni paesaggio presente nel gioco… anche quello più vuoto.

Per quanto riguarda i controlli, invece, Maskmaker si rivela perfetto sotto ogni aspetto, offrendo al giocatore un insieme di scelte che faranno la gioia di chi soffre di “motion sickness”. Il sistema di movimento, difatti, presenta la possibilità sia di camminare liberamente all’interno delle aree di gioco, che di teletrasportarsi da un punto all’altro delle aree di gioco senza doverle percorrere “virtualmente, andando quindi a ridurre al minimo i a che normalmente generano cinetosi nei giocatori.

L’aspetto che mi ha sorpreso è che questo doppio sistema di controllo non necessita di essere selezionato preventivamente ma viene reso disponibile in tempo reale, attraverso la distribuzione delle due modalità di controllo negli stick analogici: il destro per il teletrasporto e il sinistro per il movimento libero.

Prima di lasciarvi con l’immancabile verdetto, mi sembra doveroso segnalarvi che, purtroppo, Maskmaker non è localizzato in Italiano ma in testi in lingua Inglese sono di semplice comprensione anche per chi ha una conoscenza basica della lingua di Albione.

Voto Recensione di Maskmaker - Meta Quest 2


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Il doppio sistema di navigazione è un plus sotto molteplici aspetti.

  • - Per quanto sia semplice non risulta ma mai banale.

  • - Intrattiene dall'inizio alla fine ogni tipologia di giocatore.

  • - Conferma il fatto che la VR potrebbe offrire delle esperienze più strutturate.

Contro

  • - Tecnicamente pecca sotto alcuni aspetti.

  • - Le aree aperte risultano leggermente vuote.

  • - Se si cerca un'esperienza più impegnativa del precedente A Fisherman's Tale, si potrebbe rimanere delusi.

Commento

InnerspaceVR viola la regola aurea di Caparezza, quella che sostiene che il secondo album è sempre il più difficile, realizzando un nuovo titolo introduttivo all’universo del VR. Analogamente al precedente A Fisherman’s Tale, Maskmaker si propone come un ottimo biglietto d’ingresso alla realtà virtuale, capace di mettere in scena, in maniera mai banale, un insieme di idee originali che, per quanto riescano a differire dalla produzione precedente, non puntano mai a mostrare una reale evoluzione del team di sviluppo. Il risultato è un gioco semplice ed efficace, capace di intrattenere dall’inizio alla fine tramite un insieme di puzzle intelligenti ma mai realmente complessi e rendendo Maskmaker un ottimo passatempo sia per chi non ha mai indossato un casco per la realtà virtuale, sia per chi è affamato di produzioni dal taglio maggiormente ludico e che riescano a distaccarsi da quella costante sensazione del ritrovarsi all’interno di una pomposa Tech Demo.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Maskmaker - Meta Quest 2