NieR: Automata: quando l'umanità è la nostra migliore scelta

Approfondiamo NieR: Automata, il capolavoro di Yoko Taro e PlatinumGames.

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a cura di Nicholas Mercurio

L’umanità è imprevedibile, come lo è NieR: Automata. Spesso agisce senza pensare, non si rende conto dei suoi errori e non capisce come risolvere le situazioni, mettendole al loro posto e dando così un nuovo respiro al mondo. Se ci pensiamo, è così che nasce la speranza, la stessa di cui vi abbiamo parlato nel nostro speciale su A Plague Tale, contemplata tuttavia in una misura meno prevedibile e più arzigogolata, ma allo stesso tempo appassionante e inaspettata.

Perché se NieR: Automata abbraccia l’umanità, sussurrandole all’orecchio che niente è come appare, al contempo offre una visione alternativa del mondo, impreziosendo il futuro e le sue trame come soltanto le migliori storie sanno raccontare. Alle volte, come ben sappiamo, sono proprio quelle che contano davvero e spiegano che il mondo, oltre ogni aspettativa, merita di essere salvato e preservato all’infinito.

Sequel diretto di NieR Replicant (NieR Gestalt, nel lontano 2010), che è collegato a Drakengard 3, a Drakengard 2 e al primo, lontanissimo Drakengard, del racconto degli androidi 2B e 9S negli ultimi anni è rimasto il vuoto, lo stesso che abbiamo provato una volta concluso NieR: Automata. Siamo andati oltre il primo finale, scoprendo dei risvolti inaspettati e delle storie che non pensavamo potessero essere raccontate come se ci riguardassero direttamente, come se noi fossimo le parole scritte di un passato sconosciuto che abbiamo appreso appena concluso il viaggio, stringendo quel lunghissimo libro che racconta la nostra storia.

NieR: Automata parla dell’umanità, della sua lotta e delle sue sfumature, e di come queste possano coinvolgere tanti essere senzienti, dandoci modo di comprendere le emozioni e approfondirle, toccandole con mano. Mentre osserviamo da lontano il lento decadimento dell’umanità, lontano dalla realtà virtuale tristemente simile a quella raccontata per noi dallo sviluppatore nipponico, ci accorgiamo che i temi trattati in NieR: Automata si ricollegano, inevitabilmente, al concetto dell’umanità stessa: la condivisione. E la condivisione, collegata in questo senso al ricordo, apre il vaso di Pandora contenente il segreto della trama di NieR: Automata.

Per chi non lo conoscesse, si tratta di uno dei videogiochi più importanti degli ultimi anni, che è stato in grado di proporre una trama complessa e intricata, strutturata in maniera tale che ogni sensazione, dalla più sciocca alla più rilevante, avesse uno suo scopo. Ma perché proprio uno scopo, invece di accontentarsi come fanno molte produzioni, lasciando che si esprima il giusto e il necessario senza inerpicarsi troppo? È una domanda complessa, la stessa che tutti, in un modo nell’altro, si sono posti una volta giunti all’ultimo finale di NieR: Automata per poi chiedersi, nel complesso, cosa avesse lasciato l’intera esperienza di gioco e perché ogni spiegazione aprisse tanti altri dubbi.

Se da una parte abbiamo una storia incredibile che narra dell’uomo, delle biomacchine, degli alieni e degli androidi, dall’altra siamo spettatori di un mondo silenzioso. Vediamo impalcature in ferro, grattacieli distrutti, ruderi, fabbriche abbandonate e campi incolti. C’è un deserto, c’è una foresta antica, ci sono delle cascate generate dai tubi delle fogne e degli acquedotti, e c’è un silenzio di tomba, rotto solamente dai tacchi sull’asfalto di 2B e dal bramire degli alci.

La struttura narrativa e le scelte di NieR: Automata: come raccontare l’umanità

Non facendovi spoiler, NieR: Automata concentra ogni sua energia sul racconto in maniera diversa rispetto a tante altre produzioni presenti sul mercato. Una volta concluso, non finisce davvero, perché al suo interno ci sono più conclusioni. È una scelta narrativa funzionale al racconto e a cosa intende esprimere, vicina – per qualità e quantità – alle opere più interessanti e intriganti della letteratura mondiale, sia per il contenuto finale del racconto che per le sue sfumature.

Se ci pensiamo, al mondo di NieR sono stati dedicati manga, libri e persino degli spettacoli teatrali in grado di ampliare la complessa e intricata lore di una delle saghe più travolgenti degli ultimi anni. Insomma, tutto questo per raccontare al meglio il mondo creato da Yoko Taro, definendo uno scheletro narrativo convincente. Si manifesta, intanto, attraverso i suoi protagonisti e comprimari che compongono questo universo sfaccettato. Prima abbiamo parlato del silenzio, che in NieR: Automata, al contrario di NieR Replicant, è presente in una misura opprimente e brutale, dimostrando che ormai ad abitare la Terra ci sono esseri senzienti che hanno appreso dagli esseri umani le loro emozioni migliori e peggiori.

Vediamo la paura, assistiamo allo sgomento e all’amore. Sono emozioni primarie che coinvolgono chiunque in maniera improvvisa e totale, non definendo soltanto chi le prova e come, ma dando la sensazione che ogni elemento sia sottile e imprevedibile, nonché capace di rompersi da un momento all’altro. PlatinumGames, in tal senso, ha strutturato il racconto in maniera tale che ogni sensazione umana venisse quintuplicata e trattata con accuratezza, affinché il giocatore le provasse sulla sua pelle. È una scrittura diretta ma complessa da capire, perché coinvolge la sceneggiatura e i dialoghi, oltre le scene e gli avvenimenti che si susseguono al suo interno. 

Coinvolge attraendo il giocatore trasmettendogli sensazioni uniche e imprevedibili, mentre davanti a lui si stagliano ambientazioni implementate con intelligenza per fargli riconoscere la desolazione di un tempo passato, dove una volta c’erano città, agglomerati urbani e case, campi e supermercati. E ora, a parte qualche alce, ci siamo noi e i cadaveri degli altri YoRHa distesi sul terreno, in attesa di spegnersi definitivamente o di essere accessi un’ultima volta, prima di scomparire a causa del vento come la polvere adagiata sui capelli argentati di 2B.

Avanzando nell’esperienza, comprendendo le personalità e i rapporti tra gli androidi e le biomacchine, capiamo che il racconto cerca di mostrare l’umanità con intelligenza, sfruttando i dialoghi in maniera semplice, trovando nella filosofia gli elementi più intensi che la contraddistinguono, per poi miscelare il tutto e creare le basi che sorreggono una scrittura particolareggiata e profonda. Il racconto si evolve adagio, eppure il ritmo della narrazione è convincente perché si interfaccia con ogni sentimento umano e lo amplifica, dando così modo di comprendere quanto il mondo e la vita siano collegati, come se fossero due polmoni che fanno parte dello stesso corpo, pronti a riempirsi e a condurci in nuovi mondi.

È un messaggio non soltanto presente in NieR: Automata ma in tutti i capitoli del franchise creato da Yoko Taro, che è riconosciuto per il suo stile, la sua profondità e per tutti gli elementi che si incastrano l’uno con l’altro, dando al giocatore la sensazione di essere al centro della storia. È una scelta narrativa che, nel corso degli ultimi, è presente in tanti videogiochi. Tuttavia, NieR: Automata, come accennavamo prima, è un prodotto particolareggiato e unico nel suo genere: mentre la storia racconta ed espande il mondo creato dallo sviluppatore nipponico, tratta al contempo delle tematiche importanti, mettendole su un piano differente e allo stesso tempo mantenendo un certo distacco, calcando la mano soltanto nei momenti più importanti. Ovviamente non possiamo fare spoiler, siccome la trama principale di NieR: Automata è tra le più iconiche dell’interno panorama, e non possiamo – di conseguenza – parlare degli avvenimenti con chiarezza.

Se però possiamo sbottonarci, tutta questa cura arriva ben prima di quanto immaginiamo, dal suo prologo. Yoko Taro, che propone storie allegoriche e intense sin dalla sua prima pubblicazione, è un autore che ha sempre giocato con i concetti di “Inizio”, “Svolgimento” e “Fine”, mischiando le carte nel suo mazzo mentre intanto ricreava il mondo e il suo corso. Certo, è indubbio che il nostro pianeta abbia avuto un inizio, ma Yoko Taro, se andiamo ad analizzare la linea temporale delle sue opere, non fa  capire quale sia l’inizio, lo svolgimento e la fine di ogni suo racconto.

Per sviscerare la lore del mondo del genio nipponico, il miglior modo è recuperare i Drakengard, che permettono di approfondire il suo universo in maniera più dettagliata. Sono opere, tuttavia, molto complesse da trovare al giorno d’oggi, ma servono per avere una visione più tonda mentre ci immergiamo in un viaggio dalla grande intensità. Se non altro, le storie delle biomacchine, degli umani e degli androidi ci riguardano direttamente, perché mentre sentiamo il peso del mondo sulle spalle, sopportando macigni che racchiudono i patemi delle nostre esistenze, scopriamo un altro modo di concepire un videogioco di tale portata.

Mentre Yoko Taro ha concentrato il suo talento per delineare 2B e 9S, ha posto molta cura per descrivere gli ambienti e i momenti più calzanti e particolareggiati, dove l’umanità un tempo era la padrona indiscussa di una realtà ormai andata perduta. Se in NieR: Replicant rivediamo dei contesti meno solitari, è perché l’umanità in quel frangente nutriva ancora speranza, vedendo nel passato, nel presente e nel futuro una possibilità per tutti. In NieR: Automata, però, l’unica speranza è la sopravvivenza, e non soltanto dell’umanità ma di ogni essere senziente, di qualunque creatura e anima capace di vivere ben oltre il silenzio e la solitudine di un mondo ormai completamente perduto. Forse, magari, in quel mondo che ci appare irrecuperabile, la speranza c’è ancora.

È trasmessa dagli esseri di cui abbiamo parlato prima, perciò esiste, è tangibile, ci appartiene ed è da curare meglio, da approcciare diversamente. NieR: Automata, tra le tante lezioni che impartisce, ci insegna che il mondo non è nostro, ma è solo un luogo, un momento e uno spazio che riempiamo tra un respiro e l’altro. Può esaurirsi all’improvviso, e può arrivare fino all’orlo. In un modo o nell’altro, la casa che abbiamo perso prima degli avvenimenti di NieR: Automata ora è finalmente libera.

2B, 9S e A2: la natura umana in NieR: Automata vissuta da chi non lo è

Come accennavamo prima, i sentimenti umani sono primari e primordiali. Sono diversi, tanto da avere ciascuno un nome e un significato proprio. Se l’umanità è raccontata così bene in questo racconto di speranza, è perché a viverla, in NieR: Automata, è chi non è affatto un essere umano. Per chi non li conoscesse, 2B e 9S sono due androidi, i protagonisti principali delle vicende, coloro che impariamo a conoscere nelle diverse run e a capire meglio in un dualismo travolgente e appassionante. In che modo, però, degli androidi scoprono l’umanità, definendo il presente e il futuro del mondo?

Sembra semplice, in realtà, ma capendosi a vicenda e legando dei rapporti nei momenti più complessi dell’esperienza di gioco, espande il concetto di dualismo tra i due che si incastra nel racconto. Se da una parte abbiamo 2B, all’apparenza rassegnata e truce, dall’altra c’è 9S, caratterizzato in maniera vivace e protettiva. Lo capiamo sin dalle battute iniziali e mentre riviviamo con lui una parte della trama principale di NieR: Automata che, ovviamente, non finisce con i primi titoli di coda ma continua, fornendoci ulteriori suggestioni da altre angolature. È un modo di raccontare che ritroviamo in tanti libri, con dei punti di vista e dei racconti differenti ma che combaciano, al contempo, con la storia principale di NieR: Automata.

Quando è avvenuto con A2, un personaggio diverso da 9Se 2B, abbiamo compreso quanto siano notevoli le differenze tra i tre protagonisti delle vicende. Mentre il dualismo tra 2B e 9S insegna che nel mondo vale la pena lottare, A2 trasmette solitudine, una condizione che non si è scelta ma che l’è capitata, ed è un altro modo per approcciarsi al mondo di NieR: Automata e ai suoi tristi avvenimenti. A2 scopre che il mondo merita una seconda opportunità, ma sopravvive da sola, lontana dagli amici e dal Comando dopo il tremendo tradimento di quest’ultimo, accettando ormai il suo fato. Potrebbe ricordare a molti la nostra amata Kaine per il suo comportamento freddo e offensivo, seppure sia uno spirito guerriero sensibile e solitario che crea un legame con NieR ed Emil. A2, a differenza di Kaine, percorre il suo viaggio nel silenzio, vivendo la sua esistenza da sola, lontano da qualunque affetto. Vive di ricordi e nel passato, tra le rovine e le radici di un’antica foresta vecchia quanto il mondo. I due personaggi, evitando scottante rivelazioni, hanno più in un comune di quanto immaginiamo.

2B e 92, avanzando nel loro viaggio, si interfacciano con diversi personaggi secondari, apprendendo da loro l’umanità e riconoscendo i sentimenti più importanti. È qualcosa che da giocatori abbiamo appreso vivendo alcune delle missioni secondarie più incisive e memorabili. Una tra tutte ci ha colpito, travolgendoci ed emozionandoci: riguardava una madre in cerca di suo figlio. E giusto perché lo sappiate, chi ci ha chiesto di andare a recuperarlo non era un androide, bensì una biomacchina, che ha replicato i sentimenti umani in maniera fedele. Ecco, questo è un passaggio fondamentale di NieR: Automata, perché, come accennavamo prima, è l’esempio perfetto di umanità che viene raccontata da Yoko Taro.

Ricollegandoci a questo, gli androidi non sono altro che copie. A2, tuttavia, è un modello precedente ai prototipi 2B e 9S, che replicava i sentimenti umani con maggiore intensità. Non c’erano scatole nere, non c’era una logica di sacrificio e suicidio come accade con gli altri due protagonisti, ma solamente di solitudine e tristezza, isolamento e rabbia, odio e vendetta. Emozioni che, per quanto riguarda A2, mettono in mostra anche i sentimenti negativi all’interno del videogioco di Yoko Taro in modo preciso e diretto.

Dopodiché, c’è la dolcezza dei personaggi secondari, che nel suo mondo ricoprono un ruolo fondamentale perché replicano i comportamenti umani, pur non essendolo. Ma perché, a parte gli uomini, tutti vogliono essere come noi? La risposta è in realtà molto semplice: è l’unico modo per loro di comunicare, manifestare sentimenti e concretizzare delle emozioni. E riescono a farlo molto meglio degli esseri umani, c’è da dire anche questo. In fondo fare parte della razza umana, nel mondo di NieR, non è importante: le biomacchine e gli androidi rappresentano delle nuove forme di vita che hanno presto il nostro posto e, come ogni antica civiltà, replicano quanto conoscono, ma in maniera migliore.

Atmosfere e scenografia: le musiche di Keiichi Okabe

Abbiamo parlato dei personaggi, della loro umanità e della struttura narrativa di Nier: Automata. C’è un altro elemento, tuttavia, che ha contribuito a rendere l’opera di Yoko Taro tra i videogiochi più importanti e significativi dell’intero medium: Keiichi Okabe è il compositore scelto per l’occasione dall’autore nipponico, già noto a tutti per le magnifiche musiche presenti in NieR Gestalt e Drakengard.

Viene complesso, dopo aver giocato alla serie NieR, non avviare su Spotify le composizioni migliori per immergersi nuovamente nei momenti più commoventi e rilevanti dell’opera di Yoko Taro. Nel caso di NieR: Automata, per l’appunto, alcune di esse riprendono le sinfonie dagli altri videogiochi della serie, ed è un metodo di comunicazione che non soltanto coinvolge le atmosfere oniriche della serie ma anche il giocatore.

Tutti noi, quando riconosciamo una composizione, la ricolleghiamo a un momento specifico di una qualsiasi nostra esperienza. È un automatismo che avviene quando una serie ci ha colpito così tanto da risultare indimenticabile, tanto da spingerci a condividerla ovunque. In NieR le musiche ricoprono un ruolo fondamentale perché, oltre a descrivere un momento adrenalinico o triste, tratteggiano il carattere di un protagonista e la sua profondità. Il motivo per il quale tutto è reso in maniera omogenea è per l’impatto che ha e le emozioni che vengono fuori.

È una scelta presente in tanti altri videogiochi ma, chiariamoci, è ovviamente il metodo più classico per creare una condivisione maggiore. Le atmosfere di NieR: Automata inscenano sequenze variegate e incredibili soprattutto grazie al gameplay di gioco e alla sua struttura. In tal senso, per quanto semplice e parecchio basilare, l’opera di Yoko Taro è un action RPG allo stato puro con un ottimo ritmo e tante idee. Certo, non è complesso e strutturato come tante altre opere, ma è anche vero che un autore sa parlare diversamente al pubblico attraverso la sua autorialità. Ovviamente non è una giustificazione alle mancanze oggettive dell’opera nel game design, che in ogni caso sa regalare dei buonissimi spunti e molte altre riflessioni. Di sicuro, Nier: Automata è un videogioco unico nel suo genere.

Quale futuro per la serie NieR?

Tanti fan, da diverso tempo, chiedono a Yoko Taro una remaster dei tre Drakengard, che permetterebbe così a chi non li ha giocati di vivere le prime avventure del suo universo. Una collezione con le tre opere, per l’appunto, permetterebbe a tanti giocatori di avvicinarsi alla serie NieR e al resto dei videogiochi pubblicati dallo sviluppatore nipponico, che al momento non sappiamo su cosa sta lavorando, ma non vediamo l’ora di conoscere i suoi futuri progetti. Al momento, Yoko Taro è concentrato sulla serie Voice of Cards, un RPG boardgame che ha saputo intrattenerci ed emozionarci.

Nel nostro approfondimento abbiamo parlato delle connessioni tra l’umanità e i protagonisti di NieR: Automata, trattando in generale delle sue opere e più approfonditamente della sua narrazione. Nel complesso, NieR: Automata è una produzione con storie inedite, e parla a quell’umanità che cerca una speranza nonostante viva un mondo irrecuperabile. È un’opera di condivisione e connessione, un videogioco che abbraccia una filosofia precisa nel racconto e si propone a chiunque stia cercando qualcosa che vada oltre i classicismi. Nel mercato, d’altronde, c’è bisogno che l’umanità venga raccontata con sensibilità e profondità, che sappia approfondire migliorando la qualità finale di un prodotto. NieR: Automata, tra le tante scelte che potremmo fare negli store online o in un negozio qualunque, è la migliore. D'altronde, parla proprio di noi.