Star Citizen: la storia triste e irrisolta di un videogioco controverso

Un nostro approfondimento sul tanto discusso Star Citizen, che da dodici anni fa parlare di sé, tra discussioni ilari, accuse e tanto fascino

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a cura di Nicholas Mercurio

Star Citizen, volente o nolente, è storia del videogioco. Dodici anni, secondo l’industria del videogioco, rappresentano una vera e propria era geologica in cui ogni videogioco può cambiare le sorti del panorama. Dodici anni, inoltre, significano che nel 2012, mentre altre produzioni venivano pubblicate e le tecnologie iniziavano a cambiare e ad ammodernarsi alle specifiche dell’epoca, il mercato cambiava e si interfacciava con nuove richieste da parte del pubblico. Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio, citando un’infelice citazione che rappresenta per molti necessaria per scusare il passato senza criticarlo o metterlo in discussione, come se da esso non si potesse cercare di migliorare davvero le condizioni odierne.

Dodici anni da Asura’s Wrath, da Assassin’s Creed III e da Halo 4. Dodici anni da Star Citizen, un’operazione nata sotto una luce di grandi promesse, tante intenzioni, belle parole e troppi, tanti elementi che, nell’anno del Signore 2023, stanno delineando una situazione particolarmente problematica. Come ho sempre sottolineato su queste pagine, lo Spazio è per me un luogo magnifico e nell’immaginario che quest’ultimo è in grado di espandere, trovo spesso degli affascinanti orizzonti, riscoprendo parti di me stesso. All’epoca, subito dopo la dichiarazione di Star Citizen da parte del CEO di Cloud Imperium Games, Chris Roberts, ne fui assolutamente entusiasta: un Universo alla portata di tutti, soprattutto della propria fantasia, contemplato per essere innovativo e mai visto prima, capace di poter trasportare effettivamente in una Galassia lontana lontana e oltre il Wormhole di Interstellar.

Come spesso accade nel mercato odierno, ogni storia infiorettata che comincia con la bava alla bocca e un’attesa sconsiderata, può invece delineare qualcosa di inaspettatamente disdicevole. Nel caso di Star Citizen, però, il punto è un altro: la sua storia è iniziata dodici anni fa, e all’epoca nessuno – neppure Chris Roberts – assicurò una data di pubblicazione precisa. Dodici anni dopo da un trailer roboante, tra l’acclamazione e le urla popolari che spesso non danno spazio al discernimento, il risultato odierno è ancora lontano da quanto è stato promesso all’epoca. Qualcuno indica Star Citizen come un videogioco in Accesso Anticipato, e se fosse realmente questo, vincerebbe il Guinness World Record come opera in Early Access più longeva di sempre. Prendendosi questo titolo, si assicurerebbe addirittura una nomea quasi ilare, se la realtà – purtroppo sottovalutata da molti – non designasse invece una situazione non particolarmente entusiasmante.

Chi è Chris Roberts?

Ogni storia, però, inizia da un momento specifico. Chris Roberts, nato a Redwood City nel 1968, è un autore di videogiochi celebre per aver creato la serie Wing Commander per Origin, che ha visto nascere serie televisive e libri che hanno esteso la sua lore. La sua storia nel panorama, però, inizia con la creazione di Times of Lore, ispirato alla celeberrima serie Ultima, a sua volta apprezzata da un numero sconfinato di giocatori. Il successo ottenuto con il primo Wing Commander, che lo ha incoronato come uno dei più promettenti game designer dell’epoca, lo ha visto prendere il passato alle seguenti iterazioni del franchise eccetto la seconda pubblicazione della serie, in cui ha svolto il ruolo di produttore mentre si dedicava a Strike Commander, anch’esso amato da molti appassionati.

Nel 1996 decide di lasciare Origin per fondare Digital Anvil assieme Marten Gerald Davies, Tony Zurovec e suo fratello Erin, e qualche anno dopo stipula un contratto di lavoro con Microsoft, che si stava interfacciando con il mondo dei videogiochi e non vedeva l’ora di contendersi il trono con Sony. La società, acquisita poco dopo proprio da Bill Gates, non riuscì mai a garantire videogiochi memorabili né produzioni iconiche in tutto l’arco della sua brevissima storia, e Microsoft stessa vendette due idee a Ubisoft. A causa di questo, Chris Roberts decise di andarsene, ma non lo fece senza prima aver lasciato il segno con Freelancer, che si rivelò un progetto fallimentare, e che si dimostrò lontano anni luce da quanto promesso.

Il videogioco, infatti, doveva essere pubblicato nel 2001, a detta dello stesso Chris Roberts, ma venne invece rilasciato nel 2003, due anni dopo, e fu aspramente criticato. Lasciando Digital Anvil, Roberts fondò un’altra società che si sarebbe dedicata a film e videogiochi, che però non pubblicò mai alcunché e chiuse ben prima che potesse formulare un pensiero. Collaborò con vari adattamenti, come quello di The Punisher, e nel 2011 decise di tornare a essere indipendente e a mettere mano allo Spazio, creando una campagna crowdfunding per un gioco avanguardistico che, a detta sua, avrebbe cambiato l’approccio a produzioni di questo calibro.

Prima però di dedicarmi a Star Citizen, voglio sottolineare un punto fondamentale: durante tutti questi anni, al netto delle continue news settimanali e di aggiornamenti mensili, ancora oggi della produzione non si ha ancora un’ossatura sufficientemente delineata, nonostante la presenza di tanti giocatori che partono alla volta della Galassia in cerca di nuove avventure. Anche se è presente una concreta community dedicata anche qui in Italia come negli Stati Uniti, in Francia, in Germania e in Inghilterra, Star Citizen continua a essere un gioco incompleto ma comunque gocato. Come lo fa, però, e perché ancora non è stato effettivamente distribuito sul mercato? Nascondere la testa sotto la sabbia, giunti ormai a dodici anni dal suo effettivo annuncio e alla presentazione alla Gamescom di Colonia nel 2013, rappresenta il modo più facile per alimentare un’attesa interminabile.

L’attesa della versione finale di Star Citizen è diventata l’attesa stessa di Star Citizen, ma la parabola discendente che rappresenta la produzione, pur garantendo un’esistenza effimera e non totalmente a fuoco, mostra un’opera ancora oggi in via di produzione. Non scherzavo, prima, quando ho sottolineato che Star Citizen potrebbe effettivamente essere il videogioco in Accesso Anticipato più longevo della storia. Stando ai dibattiti sui social, qualcuno minimizza il problema, considerandolo inevitabile, perché la visione di Chris Roberts, considerata innovativa, rappresenta invece un’idea che, considerati gli standard odierni e un mutamento del mercato, si sta fossilizzando, e la concretezza manca a Star Citizen e alla sua comunicazione.

Sia chiaro, non è mia intenzione giudicare chi lo avvia, ci gioca e prova per Star Citizen una sincera simpatia, ma è innegabile che ora, a distanza di dodici anni, quanto si sta palesando potrebbe dimostrarsi il più grande buco nell’acqua nella storia del videogioco. Perché è vero, la necessità di date d’uscita, soprattutto a causa di situazioni del genere, dicono anche un’altra cosa: che un gioco finché non esce, non esiste.

Il caso di Star Citizen non è isolato, ma è certamente il più grave in assoluto perché si sta parlando di una produzione data a pezzettini, un po’ alla volta, come se Chris Roberts non volesse mostrare tutto quanto e attendesse il momento propizio per comunicare qualcosa, sempre se c’è da far sapere qualcosa. Ecco, è questo il dilemma, nonché la domanda che porrei allo stesso game designer statunitense se ce lo avessi davanti: a che punto è Star Citizen? Quando uscirà? Ma soprattutto, esiste ancora?

Alla fine non sarebbe una domanda, com’è esposto poco più sopra, ma ne farei tre, ognuna di esse con lo stesso tono precedentemente espresso. Non ci sarebbe disinvoltura, ma un punto interrogativo che forse tanti giocatori, e magari gli stessi che seguono il progetto dal 2012, stanno cominciando a contemplarlo. Star Citizen, in un modo o nell’altro, farà storia. Il presente e il passato, però, determinano un orizzonte sommerso da incognite. E alcune di esse spaventano a tal punto da far arrabbiare. Se dopo dodici anni non è stato pubblicato alcunché di definitivo ed è tutto in “Forse”, qualcosa sotto c’è. E ve lo assicuro, non è nulla di buono né di esaltante.

Quanto si sta configurando, ora che gli appassionati e i giocatori cominciano a comprendere meglio la realtà dei fatti, rischia di essere riassunto con un nomignolo dispregiativo, che cito perché è uno dei tanti utilizzati da chi si sente preso in giro per brutalizzare in modo diretto il videogioco MMO di Chris Roberts: Scam Citizen, coniato da una parte di videogiocatori che attendono una data d’uscita ormai da anni. Scam, in inglese, significa “Truffa”, che in italiano non lascia spazio ad altre interpretazioni e indica un problema frequente nel panorama dei videogiochi impossibile da sottovalutare. In questo caso, a distanza di dodici anni dal primo annuncio, porsi delle domande e darsi delle risposte è inevitabile, specie se si analizza l’attuale situazione riguardante Star Citizen e alcuni avvenimenti per nulla rassicuranti che lo coinvolgono impunemente.

Star Citizen e le microtransazioni: un rapporto d’amore, per Cloud Imperium Games

La pre-produzione di Star Citizen, stando alle informazioni relative al progetto, è in realtà iniziate nel 2010, poco dopo il licenziamento di Chris Roberts e la fondazione di Cloud Imperium Games. La campagna Kickstarter, iniziata successivamente nel 2012, ha in seguito ottenuto un grande successo per merito del trailer d’annuncio pubblicato dal game designer su YouTube, che gli ha consentito di raccogliere in poco tempo oltre due milioni di dollari, una cifra per il tempo assolutamente alta.

In questo lasso di tempo, Cloud Imperium Games ha avuto fra le sue fila più di 746 dipendenti sparsi per quattro studi di sviluppo sparsi in Europa e negli Stati Uniti. Parlo di uffici presenti a Los Angeles, Francoforte, Austin e Manchester che, a differenza di altrettanti sviluppatori che utilizzano lo stesso metodo, non hanno ancora reso disponibile la versione finale dell’opera, e alcuni di essi spesso sono da soli a pubblicare un videogioco, com’è di fatto accaduto a Matthias Linda con Chained Echoes. Star Citizen, partito al tempo come un videogioco ambizioso che consentiva di esplorare in astronave una Galassia vasta e remota, è stato comunicato con grande entusiasmo dal team, che nel corso degli anni ha ampliato il mondo di gioco partendo da un hangar che consentiva di modificare le navi acquistate, in cui non è ancora possibile spiccare il volo, ma si può solo interagire con il suo sistema.

A tal proposito, Star Citizen è pieno zeppo di microtransazioni, un metodo che consente a Cloud Imperium Games di sostentarsi e procedere con lo sviluppo, che è ormai sempre più a rilento. Le cifre indicate, stando a un report, ammontano dai quarantacinque ai settanta dollari. Stando inoltre a una notizia riportata nel 2015, un giocatore ha speso 30.000 dollari per alcuni componenti aggiuntivi, alcuni dei quali vengono aggiornati ogni settimana, con prezzi realmente esosi.

Perché è vero, ed è fondamentale sottolinearlo: Star Citizen vive di microtransazioni e incentiva lo sperpero di denaro dei giocatori, nonostante dica ampiamente che le navi sono sbloccabili nel corso dell’esperienza. Stando al report che ho nominato poco sopra, i veicoli inclusi nei pacchetti iniziali più economici sono sufficienti per vivere appieno il gioco, e sono indicati tutti quelli considerati standalone. Non manca ovviamente una parte che rassicura gli acquirenti dedicata alle tasse negli Stati Uniti. L’elenco dedicato, inoltre, parla delle vendite che avvengono giornalmente di ogni tipologia di nave, come fregate che si possono usare nel corso dell’esperienza. Ogni giorno viene aggiornato casualmente e, durante i periodi dedicati alle nuove patch che aggiungono alla produzione ulteriori contenuti, le vendite aumentano repentinamente, portando nuovi giocatori ad acquistare e infoltire un guadagno folle che si sta dimostrando fallace, non dando indietro alcunché ai giocatori in termini esperienziali.

Star Citizen, in tal senso, è un videogioco che attualmente potrebbe definirsi come una grande Alpha che aspetta di diventare Beta, ma non ci sta credendo davvero. Non intendo abusare fin troppo del sarcasmo ma, considerando la roadmap consultabile dal sito ufficiale della produzione, nel corso degli anni il videogioco di Chris Roberts ha avuto pochi e inefficaci passi in avanti. Certo, è un videogioco che piace ed è acclamato da una nutrita schiera di giocatori, ma la realtà è un’altra ed è fondamentale mettere alla luce un progetto che sopravvive di parole e illusioni. Considerando il numero di dipendenti, i soldi ottenuti e le recenti scoperte, Star Citizen rappresenta – dati alla mano – qualcosa lontano anni luce da cos'è stato promesso. E non serve considerarsi odiatori del web per definirlo, ma sono i dati a dimostrarlo, oltre che la prosecuzione e i passi avanti fatti in questi anni di enorme inconcludenza e fin troppa arroganza da parte di un team che, pur inserendo nuove modalità, non le ha mai concluse pienamente.

Penso all’Arena Commander, che consente ai giocatori di scontrarsi a vicenda a bordo delle navi spaziali, noleggiandone grazie alla valuta di gioco. Nel 2015, infatti, è stata annunciata un’altra novità che riguardava un aumento del numero dell’equipaggio, ma ancora oggi non è stata implementa, ed è qualcosa in realtà semplice da realizzare e inserire. Ad aver cambiato le carte in tavola, al netto delle tante altre modalità che non funzionano totalmente a causa dei bug, è il sistema dell’Universo Persistente, con pianeti che cambiano mentre il Cosmo si espande, consentendo al giocatore di vivere un’esperienza completamente sandbox, esplorando trame, storie secondarie e combattendo con armi convenzionali.

L’intuizione di Chris Roberts, che io considero mostruosa e discutibile, potrebbe ricordare a qualcuno gli NFT che stanno sempre più prendendo piede nel panorama. Il ragazzo che speso 30.000 di dollari per ulteriori contenuti lo ha fatto conscio di ricevere degli oggetti inediti disponibili soltanto per lui. Se il videogioco non avesse problemi e fosse ormai concluso, affermerei che una mossa del genere è del tutto naturale, specie se c’è qualcuno che acquista e consente a un’azienda di guadagnare. Il caso di Star Citizen, invece, è totalmente differente: il videogioco non è minimamente vicino alle battute finali di produzione e gli mancano ancora elementi promessi dallo stesso Chris Roberts e dal suo team durante tutti questi anni.

A risultare ancora più discutibile, è la pubblicazione di Squadron 42, che consente ai giocatori di vivere un’esperienza solitaria approcciandosi a una storia inedita dell’universo principale. Se per caso lo state cercando, vi dico di fermarmi: non è ancora stato pubblicato. Per qualcuno, però, esiste: è nell’etere dell’Universo in attesa di farsi conoscere ai giocatori di tutto il mondo, in attesa di vivere un’esperienza che possa inserire ulteriori microtransazioni.

A margine, non si ha ancora la certezza di come sarà effettivamente Squadron 42 né se mai uscirà. Di sicuro, pensare in grande sembra una caratteristica caratteriale di Chris Roberts, che non ha però fatto i conti con Star Citizen, la sua opera inconclusa, e la realtà delle cose: è un game designer che sta sopravvivendo grazie ai soldi delle microtransazioni non proponendo altro ai suoi giocatori. Nel frattempo, il lato peggiore è chi vede in Star Citizen uno Skyrim o un The Witcher nello Spazio, o una novità per il panorama. Se così fosse, sarebbe già stato pubblicato: invece è lì da dodici anni e nessuno si è reso conto del reale problema che un videogioco del genere rappresenta per le tasche degli utenti, ormai totalmente assorbiti da promesse che si stanno rilevando fallaci.

Roadmap infinite e dove trovarle: la comunicazione adottata da Cloud Imperium Games dimostra un problema di diffusione delle informazioni

Mi sono sempre chiesto cosa leghi un giocatore a qualcosa che non è mai stato del tutto concluso. Sea of Thieves, ad esempio, rappresenta cosa significhi lavorare sodo per migliorare una condizione precedentemente discutibile e fuori fuoco. Ancora oggi, non si sottolinea quanto il gioco di Rare Studios sia cresciuto nel corso degli anni, migliorandosi e offrendo ai giocatori Microsoft un’esperienza indimenticabile, coinvolgente e vivace.

Come tanti altri progetti, Sea of Thieves è un videogioco che segue delle roadmap specifiche in cui tutto è appuntato in modo preciso e senza posticipi di alcun genere. Star Citizen, proprio come il multiplayer di Rare Studios, contempla un approccio analogo, seguendo delle date precise e specifiche in cui vengono approfondite nuove future implementazioni. Alcune, però, escono in ritardo e non in modo ottimizzato, ed è infatti questo un altro enorme problema di Star Citizen. Il team si giustifica asserendo che è in fase di preparazione, e come tale deve essere approcciato con calma e senza fretta, perché ogni cosa è frutto del duro lavoro di un team affiatato. Siamo d’accordo che questa è invece una giustificazione che non sta portando a nulla di buono, delineando una condizione di stallo al limite della follia per quanto concerne la reale pubblicazione del gioco?

Asserire che si tratta di una demo, quando invece è ancora una grande Alpha che non vuole crescere, è non considerare minimamente cosa si ha effettivamente di fronte. Lo scopo del team, oltre a essere quello di guadagnare attraverso le microtransazioni, è un altro: comunicare le notizie belle, facendole passare effettivamente come tali, quando in realtà rappresentano ulteriori posticipi che non fanno ben sperare. Lo ammetto, si può dire di tutto della gestione di altrettante opere che utilizzano gli acquisti in gioco e vengono aggiornate costantemente, ma non ho mai assistito ad aggiornamenti quotidiani di un videogioco che ora necessita di essere pubblicato prima che venga considerato fumoso, nonché il perfetto esempio di una cultura piegata totalmente ad aspettative fuorvianti.

La roadmap di Star Citizen, datata a marzo, include ben ventisei passaggi spalmati in un mese per raggiungere il miglioramento del mondo di gioco, che però non risolve le problematiche tecniche e non offre altro in termini contenutistici che non sia già stato comunicato. Sul canale YouTube del team, oltre a talk e interviste, viene dato spazio anche al gioco vero e proprio in gameplay brevi ma comunque esaustivi e particolarmente precisi nel descrivere l’opera nella sua interezza. Le ultime novità, che riguardano le vendite del gioco e un altro importante risultato per una campagna Kickstarter ancora oggi in piedi e sostenuta, mostra quanto possa essere brutale vivere un sogno che, invece, si sta dimostrando un incubo vero e proprio attorniato da parole felici e speranzose.

Parole che, stando a quanto è trapelato negli ultimi giorni, delineano una spiacevole condizione dal punto di vista comunicativo, perché ancora una volta non spiegano ai giocatori i ritardi ma si accontentano di lasciarli in balia del nulla, mentre alcuni attendono novità reali e non promesse basate su un sistema non ancora pienamente collaudato. Sembra infatti che il team sia più concentrato a parlare delle navicelle spaziali invece di concentrarsi sullo stato della produzione, come se potesse arrogarsi il diritto di chiedere più tempo per proseguire nel proprio scopo. Tornando alla roadmap, le tabelle indicano delle date e dei contenuti che, a quanto sembra, si riferiscono a progetti futuri che però non hanno realmente date d’uscita capaci di mostrare esattamente l’andamento del progetto nella sua interezza. È come se ogni passaggio, anche parziale o minimo, venga mostrato per rassicurare gli acquirenti e per dire loro che il gioco esiste e sta arrivando. Peccato, invece, che questo dimostri tutt’altro.

Avete mai sentito parlare dello schema Ponzi, un modello economico ideato da Charles Ponzi? A riguardo, si tratta di basare la propria comunicazione attraverso quattro fasi, ognuna delle quali vede un investitore perdere dei soldi dopo che gli è stato promesso qualcosa di irraggiungibile e impossibile. In seguito, viene ridata una parte della somma per dimostrare che è tutto a posto e funziona, come se tutto fosse al suo posto. C’è in seguito il passaparola, con altre persone che cadono nel tranello e il sistema si interrompe solo quando si cessano gli investimenti. La comunicazione adottata da Cloud Imperium Games è analoga e al tempo stesso tremenda e brutale, poiché mette in mostra una totale freddezza nei confronti della propria produzione, ma nel lato peggiore è chi è convinto che tutto sia invece reale e che, a breve, arriverà secondo i piani..

Nonostante sia un esempio pessimo, Star Citizen è un videogioco costruito sotto questa ossatura, e ha sempre cercato di nasconderlo, difendendosi dietro la parabola del tempo. Sia chiaro, dubito fortemente che la produzione non abbia anche cose ottime da offrire al giocatore e altrettante da definire e affinare, ma il discorso è un altro: le cose belle fanno piacere e vanno condivise, ma le cose brutte non possono essere sottovalutate e non devono passare in secondo piano, come se non contassero alcunché e non avessero un peso per il resto del mondo. Nei giorni scorsi è stato pubblicato un nuovo trailer, l’ennesimo, che racconta in modo esaustivo di una nuova implementazione. Si tratta di questo, nulla di più, e sempre nei giorni scorsi Star Citizen ha superato ulteriori vendite da record, riuscendo ancora una volta a sottolineare la propria presenza nel panorama. Ho come l’impressione che le cose non cambieranno affatto e resteranno per parecchio tempo ancora così, in stallo, e che un giorno Star Citizen verrà realmente concluso. Quanto occorrerà attendere ancora? E quanto guadagnerà Cloud Imperium Games?

Cosa aspettarsi dal futuro di Star Citizen?

Quando si parla di Star Citizen, non è una domanda scontata. Posso dirvi che non mi aspetto la pubblicazione completa del gioco nei prossimi anni come non attendo che la comunicazione, le entrate economiche, le microtransazioni e tante altre verranno modificate per inseguire uno scopo più nobile e pensato in generale in modo migliore. Consultando i dati recenti, ho scoperto che Star Citizen ha ottenuto effettivamente un Guinnes World Record come videogioco che ha superato il proprio Kickstarter, guadagnando una somma in denaro che ancora oggi sta facendo parlare di sé.

Forte di una community di affezionati e di tanti giocatori, Star Citizen continua ancora oggi a essere il videogioco dei sogni per tantissimi appassionati del genere sci-fi e per chiunque sogni in grande di viaggiare nello Spazio e arrivare oltre l’infinito. Al momento, però, considerando un’attesa eterna e tanti punti di domanda, Star Citizen fa scattare dubbi sacrosanti. Una parte della comunità dei giocatori pensa che si tratti dell’ennesima presa in giro, ed è qui che è nato il sarcastico “Scam Citizen” che ho citato qualche paragrafo sopra. Dodici anni sono tanti per un videogioco in Kickstarter annunciato all’improvviso e in pre-produzione da due, che sopravvive grazie alle microtransazioni degli utenti quando ancora non è ancora l’ombra di cosa effettivamente era stato promesso.

“Bisogna aspettare, vedrete che sarà un videogioco incredibile”. A dirlo è un utente qualunque su Reddit, che sottolinea ancora un dramma reale che la leggenda di Star Citizen ha portato con sé: la totale stagnazione di qualunque discorso critico che metta in dubbio Chris Roberts e il suo progetto. Non occorre prendere alcun genere di posizione e penso che ognuno debba spendere i propri soldi come meglio crede. Se però il passato ha insegnato qualcosa, è che non si può continuare a sognare quando, nel frattempo, ci sono videogiochi reali usciti nel corso degli anni che meriterebbero maggiore considerazione da parte dell’utenza. Videogiochi conclusi, e ci tengo a sottolinearlo, con diverse anime al loro interno.

Lo Spazio è affascinante, però, e il suo infinito attira chiunque sia pronto ad accettarlo. Star Citizen, promessa o farsa, è esattamente questo: un Wormhole che, al momento, porta da qualche parte fino alla prossima patch, e che si esaurisce rapidamente, nonostante si possa giocare e ci sia effettivamente qualcosa di buono. Non è completo, però. Non ancora. E va sottolineato non una, non due, bensì tante volte.