AGCOM crede davvero che YouTube sia una TV?

I nuovi regolamenti AGCOM sembrano equiparare gli aggregatori video alle TV: obblighi e responsabilità saranno gli stessi. L'esperto ICT Stefano Quintarelli la pensa diversamente e parla di interpretazioni errate delle norme. Si accende il dibattito.

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a cura di Dario D'Elia

Il Garante per le Comunicazioni (AGCOM) sembrerebbe aver deciso di dare una spallata agli aggregatori video come YouTube equiparandoli a vere e proprie TV. La recente pubblicazione dei nuovi regolamenti sui servizi audiovisivi online, Web Radio, Web TV e simili ha sconcertato un po' tutti.

Se da una parte il decreto Romani aveva escluso i siti come YouTube dagli obblighi delle televisioni, adesso si scopre che il Garante si aspetta da essi la responsabilità diretta dei contenuti pubblicati. Sono considerati "servizi di media audiovisivo" se sussiste uno sfruttamento economico dell'attivittà che generi più di 100mila euro l'anno - basta anche la sola pubblicità.

YouTube è anche nelle TV

Secondo numerosi osservatori AGCOM avrebbe deciso di porre sullo stesso piano ogni genere di uso editoriale dei video, a prescindere dal mezzo adottato. Insomma lo stesso sistema di gerarchizzazione di YouTube sarebbe espressione di controllo (editoriale) e di conseguenza responsabilità diretta.

A questo punto è evidente che a parte l'obbligo di pagare una tassa di 500 euro all'anno, quello che spaventa di più è l'effetto collaterale sui processi per violazione di copyright. YouTube sarà responsabile diretto delle azioni dei suoi utenti. Da rilevare inoltre che sarà divertente scoprire come gli aggregatori potranno rispettare gli obblighi di rettifica riguardanti la diffamazione e stabilire fasce orarie protette.

Il primo commento a caldo è di Youreporter.it, uno dei più noti siti di citizen journalism. "Siamo arrivati al paradosso che chi è preposto alla tutela delle libertà e dei diritti legati alla comunicazione interviene pesantemente per uccidere quei diritti", si legge sul sito ufficiale. "Ma, a nostro giudizio, una delibera dell'Agcom non può mai cancellare direttive comunitarie e leggi nazionali. E soprattutto non potrà trasformare iniziative spontanee degli utenti della rete in impresa editoriale. Questo è un assurdo giuridico e una violenza fatta alla realtà".

Di diverso avviso l'opinione di Stefano Quintarelli: a suo parere i regolamenti si presterebbero a diversa intepretazione. YouTube e simili andrebbero esclusi da ogni obbligo poiché non rientrerebbero nella nozione di "servizio di media audiovisivo". Nel documento infatti si escludono "i servizi prestati nell'esercizio di attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fine di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse". Senza contare il riferimento al "country of origin": in pratica i soggetti stranieri sarebbero esclusi dall'obbligo di richiedere specifica autorizzazione, nonché sottostare agli obblighi tanto criticati.

A mio parere il testo dell'AGCOM è davvero un terreno perfetto per favorire lo scontro fra esperti di Legge, e detta tutta forse non è un caso. Di fatto il Garante ha lasciato degli spiragli aperti che si risolveranno solo grazie all'intervento diretto della politica o della Magistratura.