Cassazione: il tuo capo può controllare le tue mail

La sentenza 2722/U della sezione Lavoro della Cassazione ha stabilito che il controllo delle mail da parte del datore del lavoro è lecito se conseguente all'individuazione di presunti illeciti da parte del dipendente.

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a cura di Dario D'Elia

Un qualsiasi datore di lavoro può, in totale legalità, controllare il traffico online e la posta elettronica di un proprio dipendente. L'unico vincolo, stabilito dalla sentenza 2722/U della sezione Lavoro della Cassazione, è che siano stati rilevati elementi "tali da raccomandare l'avvio di una indagine retrospettiva".

La Corte ieri ha reso nota una sentenza riguardante il caso di un funzionario di un istituto di credito licenziato per giusta causa nel 2004. In pratica aveva divulgato via mail informazioni riservate riguardanti un correntista e poi grazie a queste attuato vantaggiose operazioni finanziarie.

Dopo la condanna in Appello per violazione del segreto bancario, del codice deontologico e del regolamento interno aveva tentato la via della Cassazione. Insomma, ha giocato la carta dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta alle aziende l'utilizzo di sistemi di controllo a distanza per i lavoratori. Per altro le uniche deroghe previste riguardano specifiche disposizioni dell'ispettorato del lavoro, un eventuale accordo con i sindacati oppure esigenze di tipo produttivo/organizzativo.

Effettivamente l'istituto di credito non avrebbe potuto accedere alle mail del funzionario, ma secondo i giudici l'attività di controllo sulle infrastrutture informatiche aziendali rientra in una prassi di tutela del patrimonio dell'impresa. E dato che il patrimonio non è solo fatto da asset patrimoniali ma anche di immagine è evidente che una violazione di questo tipo può ledere l'elemento fiduciario con i clienti.

In ogni caso il controllo dettagliato delle mail da parte della banca è avvenuto solo a seguito dell'individuazione dei presunti illeciti. Il caso vuole che non vi fossero accordi di alcun tipo (sindacali o di altro genere) che potessero vietare i cosiddetti controlli preventivi. Insomma, si può concludere che di fronte a qualsiasi tipo di illecito il datore di lavoro ha il diritto di risalire a posteriori a ogni comportamento tenuto dal suo dipendente. Ben diverso il caso invece della continua "sorveglianza sull'esecuzione delle prestazioni", che ovviamente è illegale o comunque severamente regolamentata.